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Cronache

Covid e coprifuoco, imprenditori, commercianti e lavoratori del turismo in rivolta a Napoli: se chiudete, aiutateci altrimenti ci uccidete prima del virus

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La terminologia bellica contribuisce ad alzare ulteriormente la tensione a Napoli. Questa sera ci sarà il cosiddetto ‘coprifuoco’ in Campania. Vuol dire che a partire dalle 23 tutto sarà chiuso, nessuno potrà stare per strada fino alle 5 del mattino salvo giustificati motivi. Gli imprenditori, però, non ci stanno. Già ieri sera, a Santa Lucia, nei pressi della sede della Regione Campania, a Napoli, hanno protestato pacificamente. E per quache ora, visto che erano tanti, alcune strade sono rimaste bloccate. Loro fanno guerra, pare di capire, non tanto e non solo sulle chiusure per frenare il contagio che galoppa, ma perchè vogliono che la Regione contestualmente preveda dei sostegni a chi non potrà più produrre reddito e affinchè non  si lascino per strada i dipendenti degli esercizi commerciali chiusi per covid.

Cassa integrazione immediata, blocco dei fitti in caso di chiusura, riduzione del 50% dei fitti fino a fine pandemia, sospensione di tasse, contributi e Iva, sospensione del pagamento delle utenze. Sono  le richieste principali dei tanti imprenditori, titolari di bar, ristoranti, gelaterie, pub, pizzerie, negozi che, attraverso l’associazione Noi Consumatori, guidata dall’avvocato Angelo Pisani,”rappresenteranno negli inviti in mediazione al governo e alle Regioni, prima di notificare gli atti di citazione in tribunale per chiedere indennizzo economico in base all’articolo 2045″. “Le partite Iva di Napoli, ieri sera, hanno manifestato pacificamente, ben consapevoli del difficile momento sanitario ma anche economico. Volenterosi di aiutare il sistema sanitario, poichè sembrano essere gli unici responsabili del contagio, hanno dato la propria disponibilità a chiudere per 30 giorni – spiega l’avvocato Pisani in una nota – Tuttavia hanno chiesto tutela per i propri dipendenti, gia’ provati economicamente dalla precedente cassa integrazione, e per loro stessi. L’obiettivo è salvare il sistema sanitario ma avere la possibilità di riaprire, anche dopo trenta giorni di chiusura totale. “Siamo vicini al presidente della Regione e chiediamo che si facciano tramite a livello nazionale delle nostre richieste di sostegno – affermano gli imprenditori – Se si dovessero verificare le condizioni precedenti chiediamo una programmazione della chiusura di tutti gli esercizi. In caso contrario, si continua a rimanere aperti”.

Poche ore dopo sono scesi in piazza anche i lavoratori del turismo che chiedono aiuti perchè non riescono più manco a sopravvivere visto che le strutture turistiche dove lavorano hanno aperto i battenti tardi e hanno chiuso in tutta fretta causa disdette.

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Temporali e anche neve, maggio inizia col maltempo: nave in balia del vento a Pozzuoli

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Vento, temporali e addirittura neve, con crollo di alberi, frane, allagamenti e strade chiuse: l’ondata di maltempo che nelle ultime ore ha flagellato molte parti d’Italia è stata tanto violenta quanto inattesa, quasi in grado di sovvertire le aspettative sulle promesse primaverili di maggio. Ma la fotografia del meteo ha confermato l’allerta gialla diramata ieri dalla Protezione civile in ben 8 regioni. Giornata difficile in Liguria, soprattutto a Genova, colpita da un violento acquazzone che ha provocato il crollo di un albero su tre auto in sosta e di alcuni pezzi di cornicione da un palazzo in centro. Sotto stress pure La Spezia: la base navale è stata aperta al traffico civile per gli allagamenti della statale 530 che unisce il capoluogo a Porto Venere. Forti piogge anche a Milano, dove i vigili del fuoco hanno dovuto far fronte ad allagamenti di molte strade.

Ma a preoccupare è il livello dei fiumi Seveso e Lambro, salito oltre misura tra le 6 e le 8 di stamattina in Brianza. L’assessore alla Sicurezza Marco Granelli ha spiegato che “per il Seveso il canale scolmatore sta scaricando gran parte dell’onda di piena e per ora non siamo ancora ai livelli di attivazione della vasca di Milano”; per il Lambro invece ha fatto sapere di avere allertato alcune comunità interessate al fine “di un’eventuale evacuazione”.

Ancora disagi in Valle d’Aosta: per la caduta di massi di ieri è rimasta chiusa al traffico per buona parte della giornata la strada regionale della Valgrisenche; problemi anche a Champrotard di Villeneuve per una frana che ha parzialmente interessato la strada comunale. In Friuli Venezia Giulia è stata di nuovo interrotta per una nuova frana, a un mese dalla riapertura, la strada provinciale del Tul che conduce a Clauzetto (Pordenone), questo perché il sistema di monitoraggio ha segnalato un nuovo movimento del terreno. Fiumi ingrossati in Veneto e anche acqua alta a Venezia, dove le previsioni stimano un livello di 110 centimetri per le 20.30, che molto probabilmente farà scattare le paratie del Mose. È ricomparsa anche la neve, con un abbassamento delle precipitazioni fino a 1800-2100 metri sulle Prealpi e a 1700-2000 sulle Dolomiti. Situazione simile in Piemonte, con forti rovesci e neve già a 1.800-2.000 metri; si registrano alberi caduti nel Biellese e l’esondazione di alcuni canali in provincia di Cuneo. Allarme in Umbria, anche se la situazione per tutta la giornata è stata sotto controllo, a parte l’area intorno a Orvieto dove i vigili del fuoco hanno lavorato a lungo per far fronte ad allagamenti e alla caduta di alberi. Paura a Roma per la caduta di un grosso albero in zona Appia: danneggiati alcuni balconi di uno stabile, fortunatamente senza ferire nessuno, anche se per precauzione sono stati evacuati tre appartamenti.

Paura anche al porto di Pozzuoli: la nave Driade in arrivo da Ischia a causa di una burrasca di vento commista a pioggia è rimasta in balia del vento per diversi minuti prima di riuscire ad attraccare. È andata peggio in Francia dove le piogge fortissime e insistenti hanno messo letteralmente in ginocchio le infrastrutture, causando tra l’altro la morte di una donna rimasta vittima di una colata di fango nella regione dell’Aisne (a nord, l’area nazionale più colpita). Bloccato, causa allagamento delle piste e del Terminal 2, lo scalo aereo Roissy-Charles de Gaulle.

La Tour Eiffel è stata colpita da un fulmine (fenomeno non desueto in verità), ma soprattutto la grandine ha danneggiato molti vigneti, tra cui quelli del pregiato ‘Chablis’ in Borgogna. Situazione drammatica in Brasile, sferzato da piogge torrenziali che hanno provocato la morte di 11 persone, mentre altre 21 risultano al momento disperse. Infine, Emirati ancora sott’acqua, con una quantità di temporali che ricorda molto quella di due settimane fa: l’aeroporto di Dubai, il secondo al mondo per quantità di traffico, è stato costretto a cancellare e a ritardare diversi voli.

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Due operai morti sul lavoro, “fermare la mattanza”

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Ancora tre morti sul lavoro. Due operai hanno perso la vita in provincia di Napoli, nei cantieri edili, un uomo è invece morto in Sicilia, mentre era alla guida del suo trattore. A Lettere, pochi chilometri dal capoluogo partenopeo, un operaio di 57 anni è precipitato dal terzo piano di un palazzo attorno al quale è in allestimento un cantiere edile. L’incidente è avvenuto in tarda mattinata, in via Depugliano, dove sono intervenuti i carabinieri. L’altra vittima, sempre nel Napoletano, a Casalnuovo, è un operaio 60enne: è stato trasportato presso la clinica Villa dei fiori di Acerra, ma per lui non c’è stato nulla da fare. Anche in questo caso sono intervenuti i carabinieri, che stanno indagando per ricostruire la dinamica.

E’ invece accaduto proprio il Primo Maggio, il giorno della Festa dei lavoratori, l’incidente che vicino ad Agrigento è costato la vita a un uomo di 64 anni, Mario Mondello, che è morto cadendo in un laghetto artificiale con il suo trattore che si è ribaltato. Una strage senza fine. “I dati sono spietati: sono oltre 350 in tutto il Paese e 12 in Campania in questo primo scorcio del 2024 i lavoratori deceduti mentre erano impegnati nelle loro attività. Lo ripetiamo a gran voce, bisogna fermare questa mattanza”, dice Nicola Ricci, segretario generale Cgil Napoli e Campania, secondo cui “ormai sul fronte della sicurezza sul lavoro abbiamo superato abbondantemente il limite di guardia.

Le due morti avvenute in queste ore in altrettanti cantieri della provincia di Napoli, confermano l’inadeguatezza delle normative in vigore e la necessità di fermare questo assurdo sistema degli appalti a cascata che deresponsabilizza le singole aziende e manda in tilt il lavoro degli ispettori impegnati nell’individuazione dei colpevoli di questa strage”. “Fermare le stragi sul lavoro non significa solo salvaguardare e proteggere la vita dei lavoratori, ma anche fermare l’illegalità, la criminalità che spesso si insinua nei sub appalti o in alcune realtà aziendali”, precisa Giovanni Sgambati, segretario generale Uil Campania e Napoli, mentre secondo i sindacati degli edili Feneal-Uil Filca-Cisl Fillea-Cgil di Napoli, “la competizione spuria, la mancata applicazione di norme contrattuali, la mancanza di formazione sono tutti elementi che attentano alla vita delle persone”. Per il sottosegretario al Mit, Tullio Ferrante, “la sicurezza sul lavoro è una priorità assoluta, per questo come governo vogliamo continuare a rafforzare sempre più le misure a tutela dei lavoratori. Occorre un impegno congiunto e costante delle istituzioni affinché simili tragedie non possano ripetersi”.

“Le imprese italiane – secondo il capogruppo in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, del Pd – devono capire che la sicurezza è un investimento, non un costo. Risparmiare sulla vita delle persone è una scelta criminale”. Analoghe le parole di Marco Sarracino e Guido Ruotolo, della segreteria nazionale del Pd, che chiedono più controlli e più formazione. “Siamo davanti a una strage – dice Ruotolo – che assume sempre più le dimensioni di una guerra”. “Per fermare questa strage quotidiana – afferma il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Peppe De Cristofaro – non bastano più correttivi ma servono norme certe e stringenti, più controlli e risorse”.

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Processo Grillo Jr, in aula a giugno i primi imputati

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Un’udienza tecnica, che ha assorbito anche quella prevista per domani, ma il processo a porte chiuse per il presunto stupro di gruppo che sarebbe avvenuto nell’estate del 2019 in Costa Smeralda, entrerà di nuovo nel vivo il mese prossimo. Il Tribunale di Tempio Pausania ha infatti aggiornato il dibattimento al 13 e 14 giugno: l’udienza clou è attesa per venerdì 14, quando cominceranno a parlare in aula i quattro imputati, Ciro Grillo – forse già il 14 – e tre suoi amici genovesi, Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria. Ad accusarli è una studentessa italo norvegese, 19enne all’epoca dei fatti. Insieme ad una sua amica norvegese, anche lei presunta vittima di abusi per alcune foto a sfondo sessuale, erano entrambe nella villetta della famiglia Grillo, a Porto Cervo, la notte tra il 16 e 17 luglio di 5 anni fa.

Rientrata a Milano, la studentessa aveva denunciato i quattro ai carabinieri: per lei, quella fu una notte da incubo che le ha lasciato il segno. Ancora oggi la ragazza, che di anni ne ha 23, vive una situazione di fragilità psicologica che la rende particolarmente vulnerabile. La studentessa è stata ascoltata durante sei udienze, due delle quali in audizione protetta, lontana dagli sguardi degli avvocati grazie a un drappo nero. Questo non è però bastato a bloccare quelle crisi emotive che l’avevano spinta più volte ad interrompere la testimonianza e uscire dall’aula.

Dal 14 giugno toccherà agli imputati raccontare la loro verità davanti ai giudici, il procuratore Gregorio Capasso, gli avvocati della difesa e di parte civile. Da sempre Ciro Grillo e i suoi tre amici hanno sostenuto che quel rapporto sessuale e le altre presunte violenze non furono estorte ma consensuali. E su questo stanno lavorando tutti i legali del pool difensivo. Si tratta ora di capire se Ciro, e a ruota gli altri, vorranno testimoniare: di sicuro saranno presenti nel giorno in cui sono previste le audizioni, ma solo a ridosso dell’udienza gli avvocati decideranno quale linea adottare: dichiarazioni spontanee, nessuna deposizione o via libera alle domande e al successivo contradditorio.

Quella di oggi, dunque, è stata un’udienza prettamente tecnica in cui il perito informatico forense, Mario Calonzi, nominato dagli avvocati di parte civile, Giulia Bongiorno e Dario Romano, ha esposto i suoi dati e spiegato ai giudici le modalità per l’acquisizione agli atti processuali della grande mole di trascrizioni di telefonate e messaggi, compresi quelli vocali, e foto via chat, intercorsi tra le due presunte vittime e gli imputati. “Si è verificato un problema di identificazione di tutto il materiale – ha spiegato a fine udienza l’avvocata del pool di difesa Antonella Cuccuressu -, che non è poco e che è composto da documenti, chat, fotografie e dati tecnici di celle telefoniche”.

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