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Juventus-Napoli, Maresca: il diritto alla salute dei calciatori viene prima degli affari del calcio

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“Juventus football club comunica che la prima squadra scenderà in campo per la gara Juventus-Napoli domani alle 20.45, come previsto dal calendario della Lega di serie A”.
Poco più tardi:
“La Lega Serie A conferma che la gara Juventus-Napoli, valida per la terza giornata di campionato, resta in programma per domani alle 20.45”.

Questa l’ennesima frittata all’italiana a seguito della notizia che le autorità sanitarie della Regione Campania avevano bloccato la partenza del Napoli per la trasferta torinese.
Anzi tecnicamente non è neanche così. Perché in realtà la Asl correttamente ha disposto l’isolamento fiduciario per 14 giorni, “nell’interesse prevalente della salute collettiva”, per tutti i calciatori che hanno avuto contatti con il positivo Zielinski.
La fonte normativa del divieto, che lo prevede per tutti i cittadini che risiedono in Italia, calciatori compresi, è la circolare del Ministero della salute prot. 21463 del 18 giugno 2020 ed il rapporto ISS ( istituto superiore di sanità) Covid-19 n.53/2020 del 25 giugno 2020, che in ossequio all’art. 32 della Costituzione tendono a disciplinare i casi di rischio-contagio per salvaguardare l’interesse superiore della salute pubblica.
È proprio questo interesse a prevalere, direi ovviamente e naturalmente, su diritti altrettanto importanti dell’individuo come la libertà di circolazione, o quella di disputare una partita di calcio. Detto in soldoni, se rischiamo di contagiare gli altri dobbiamo stare a casa quando ce lo impone l’autorità preposta, in questo caso l’Asl. Se violiamo la prescrizione commettiamo un reato.  Fin qui ho cercato di spiegare le regole per i comuni cittadini.
Per il calcio, quasi fosse un mondo a parte, qualche settimana fa è stato siglato, udite udite, un bel protocollo tra tutte le società di serie A frutto della mediazione tra CTS ( comitato tecnico scientifico del governo) ministero dello Sport e FIGC che prevede regole diverse per il rinvio delle gare.


Il valore di questo protocollo è pari a quello di un contratto tra privati. Uguale cioè a quello che si fa quando compriamo una automobile o fittiamo un appartamento.
Tali contratti per espressa previsione normativa non possono andare in deroga alla legge ed alla tutela di valori supremi, come il diritto alla salute.

La Corte Costituzionale italiana ha più volte ribadito che il potere di iniziativa privata non può esprimersi in termini di pura discrezionalità o addirittura di arbitrio, ma deve essere sorretto da una causa coerente con i principi fondamentali dell’ordinamento, e in specie “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”.
ln tal senso è il legislatore il primo protagonista nella gestione (discrezionale) dello spazio che esiste tra autonomia privata e funzione sociale, gestione comunque vincolata ai valori costituzionali, dal “principio di ragionevolezza, congruità e proporzione (allo scopo)”.
Mi perdonerete ma i riferimenti tecnici sono necessari se non vogliamo continuare a navigare nel mare dell’ignoranza.
Cercando di sintetizzare per i non addetti ai lavori, la questione è che nessun accordo può andare in deroga ( cioè contro) la tutela di diritti fondamentali.
Neanche volendo ci si potrebbe accordare per mettere a rischio la propria e l’altra incolumità personale.


Visto che qui è in gioco la tutela della salute pubblica nessuno si può “accordare” per disputare, comunque, una partita.
Così se un comune gruppo di amici avesse voluto giocare a calcetto durante la vigenza dei divieti delle autorità nazionali o regionali, avrebbe commesso un illecito.
Fin qui il ragionamento valido per i comuni mortali.
Le società di calcio di serie A ed il loro organo di autogoverno, ritenendo, a quanto sembra di capire dalla nota della FIGC ( che ha confermato la partita di stasera), di essere legibus solute (cioè non soggette alla legge dei cittadini normali) ragionano diversamente.
E non sembra tengano conto di ulteriori elementi tecnici come l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, o l’ordine dell’autorità, o la buona fede nell’esecuzione del contratto.
In realtà, forse il loro ragionamento potrebbe avere una fonte diversa, che un po’ cinicamente viene espresso dalla massima “ the show must go on”.
Sì lo spettacolo deve andare avanti sempre e comunque! A meno che non ci siano addirittura 13 giocatori contagiati.
Al netto dei discorsi che impegneranno sicuramente giudici ed avvocati nei prevedibili contenziosi, il problema forse è proprio aver accettato e sottoscritto quel cinico protocollo. Che peraltro non prende, per quanto mi consta, l’ipotesi dell’isolamento fiduciario.
Oggi è capitato al Napoli, ma domani potrebbe capitare a qualunque squadra, Juventus compresa.
Perciò forse la questione si sarebbe potuta risolvere con equilibrio e buon senso.
Non è difficile comprendere che l’isolamento fiduciario disposto dall’autorità sanitaria non può farsi allo stadio di Torino, anche perché pur volendo, non credo si possa far passare gli 11 giocatori avversari come degli infermieri zelanti. Credo che l’Asl napoletana se ne accorgerebbe.
Non ho mai nascosto la mia scarsa simpatia per una squadra che non toglie occasione per ribadire il suo atteggiamento di superiorità.


Ma forse in questo caso non ce la possiamo prendere neanche con loro, probabili vittime di un sistema autoreferenziale che non riesce a comprendere che non esiste solo il mondo del calcio.
E che nell’ambito di questo mondo la compagnia di allegri giovanotti che vengono pagati profumatamente per correre dietro ad un pallone non sono né più né meno da tutelare dei poveri operai che si spezzano la schiena tutti i giorni. Per non parlare di quel minimo di rispetto che si richiederebbe, soprattutto in questo periodo, ai medici ed agli infermieri che stanno combattendo una gravissima emergenza epidemiologica, chiamata covid 19.
A proposito se non ve ne foste ancora accorti, ci sono centinaia di migliaia di donne e di uomini normali in Italia che si sono già ammalati. Ci sono quasi 36.000 italiani, molto probabilmente anche tifosi di squadre di calcio, che sono morti. Per non parlare del milione di vittime in tutto il mondo. Ecco per rispetto almeno dei morti certe uscite forse andrebbero evitate.
Se poi, come sembra, ma spero di sbagliarmi, l’interesse è solo quello di mandare avanti il carrozzone sempre e comunque, e allora continuate così. Ai dirigenti juventini sento di dire con affetto che non esiste solo la vittoria. Mi chiedo che cosa abbia a che fare col calcio che amiamo un 3-0 a tavolino per covid. Forse sarebbe più nobile e sicuramente più apprezzato un bel gesto di solidarietà verso dei colleghi oggi più sfortunati.
Scendete in campo sì ma per dimostrare la vostra umanità ed il vostro equilibrio per contestare un sistema che così non può andare avanti.
Buon campionato e buona vita.

 

L’Asl Napoli 1 mette tutto il Napoli in quarantena, domani niente partita contro la Juventus

 

Ricatto ai calciatori del Napoli, se giocano contro la Juve violano il codice penale, se non vanno…

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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