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Mattarella: “La comunità della scuola è risorsa decisiva per il futuro della comunità nazionale”

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 “La comunita’ della scuola e’ risorsa decisiva per il futuro della comunita’ nazionale, proprio in quanto veicolo insostituibile di socialita’ per i bambini e i ragazzi: ne comprendiamo ancor piu’ l’importanza dopo le chiusure imposte dalla pandemia. Esempi come quello di Maria Montessori esortano ad affrontare efficacemente le responsabilita’ di questo momento difficile”. Cosi’ il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una dichiarazione in occasione del 150/mo anniversario della nascita di Maria Montessori.

 “Maria Montessori – ricorda il Capo dello Stato – nasceva centocinquanta anni fa, a Chiaravalle. La sua umanita’, i suoi studi, la sua coraggiosa esperienza di educatrice, hanno impresso un segno profondo nelle scienze pedagogiche e indicato orizzonti nuovi per la scuola, a beneficio di milioni di giovani in ogni parte del mondo, che hanno potuto e saputo accrescere in piena liberta’ la loro personalita’. Proprio negli anni piu’ duri del Novecento Maria Montessori e’ riuscita a infrangere antichi pregiudizi, dimostrando la irragionevolezza di metodi di insegnamento basati sull’autoritarismo e contrastando pratiche di emarginazione ai danni di chi era sofferente o veniva considerato diverso, aprendo la strada a un percorso di crescita dei bambini basato sulla piena espressione della loro creativita’, nella formazione responsabile alla socialita’”. Il suo “metodo”, afferma Mattarella, “ha varcato le frontiere e, nel suo nome, tantissime educatrici ed educatori, ragazze e ragazzi, hanno conferito alla scuola un valore di crescita nella conoscenza che, accanto al sapere letterario e scientifico, abbia lo sguardo rivolto allo sviluppo integrale della personalita’ degli alunni”. La vita di Maria Montessori, aggiunge il Capo dello Stato, “e’ stata anche simbolicamente una storia di liberta’, di intelligenza, di creativita’ femminile. Sono tante le insegnanti, le educatrici, le operatrici scolastiche che continuano oggi a impegnarsi con la medesima passione”.

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Ecco il messaggio integrale che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato nel 150° anniversario della nascita di Maria Montessori:

Maria Montessori nasceva centocinquanta anni fa, a Chiaravalle. La sua umanità, i suoi studi, la sua coraggiosa esperienza di educatrice, hanno impresso un segno profondo nelle scienze pedagogiche e indicato orizzontinuovi per la scuola, a beneficio di milioni di giovani in ogni parte del mondo, che hanno potuto e saputo accrescere in piena libertà la loro personalità.

Proprio negli anni più duri del Novecento Maria Montessori è riuscita a infrangere antichi pregiudizi, dimostrando la irragionevolezza di metodi di insegnamento basati sull’autoritarismo e contrastando pratiche di emarginazione ai danni di chi era sofferente o veniva considerato diverso,aprendo la strada a un percorso di crescita dei bambini basato sulla piena espressione della loro creatività, nella formazione responsabile alla socialità.

Il suo “metodo” ha varcato le frontiere e, nel suo nome, tantissime educatrici ed educatori, ragazze e ragazzi, hanno conferito alla scuola un valore di crescita nella conoscenza che, accanto al sapere letterario e scientifico, abbia lo sguardo rivolto allo sviluppo integrale della personalità degli alunni.

La vita di Maria Montessori è stata anche simbolicamente una storia di libertà, di intelligenza, di creatività femminile. Sono tante le insegnanti, le educatrici, le operatrici scolastiche che continuano oggi a impegnarsi con la medesima passione.

La comunità della scuola è risorsa decisiva per il futuro della comunità nazionale, proprio in quanto veicolo insostituibile di socialità per i bambini e i ragazzi: ne comprendiamo ancor più l’importanza dopo le chiusure impostedalla pandemia. Esempi come quello di Maria Montessori esortano ad affrontare efficacemente le responsabilità di questo momento difficile.

 

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Israele spegne Al Jazeera, fumata nera sulla tregua

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Israele spegne Al Jazeera nel Paese mentre una nuova fumata nera al Cairo allontana l’agognata tregua a Gaza, nonostante l’ottimismo dei giorni scorsi, e avvicina invece l’operazione a Rafah, nel sud della Striscia. Da oggi l’emittente del Qatar non è più visibile in Israele. Il governo Netanyahu ha infatti votato la chiusura delle attività e la confisca delle attrezzature della tv, accusata di essere “il megafono” di Hamas a Gaza e di “istigare” contro Israele. Una decisione respinta da Al Jazeera, che l’ha definita “criminale”. L’approvazione da parte del governo è avvenuta all’unanimità, con qualche mal di pancia – per la concomitanza con le trattative in Egitto – dei ministri centristi del gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot.

Lo scorso primo aprile la Knesset ha varato una legge per bandire le “emittenti straniere che danneggiano la sicurezza dello stato”. Il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha quindi firmato i provvedimenti che comprendono “la chiusura degli uffici, la confisca delle attrezzature del canale, compresi possibilmente i cellulari, e il blocco dell’accesso al sito web della tv”. Il capo del network in Israele e nei Territori Walid Omary ha preannunciato un possibile ricorso in tribunale. Hamas ha accusato Israele di voler così “nascondere la verità” sulla guerra, mentre l’Onu ha chiesto che il provvedimento sia ritirato. Frattanto la trattativa tra Israele e Hamas si è consumata in un muro contro muro, sebbene sul tavolo – secondo una fonte araba – ci fosse “la migliore bozza di accordo” elaborata finora.

I colloqui in serata sono stati dichiarati conclusi e la delegazione di Hamas – dopo aver fornito la sua riposta ai mediatori di Egitto e Qatar – è tornata a Doha “per consultazioni con la leadership” del movimento. Secondo i media egiziani, tornerà però martedì prossimo al Cairo per riprendere i negoziati mentre a Doha è arrivato in tutta fretta il direttore della Cia William Burns per spingere di nuovo alla ricerca di un’intesa prima che tutto “collassi”. Le posizioni continuano tuttavia a rimanere lontanissime. Il nodo è sempre lo stesso: Hamas insiste sulla fine definitiva del conflitto nella Striscia e il ritiro “totale” dell’Idf da Gaza. Condizioni che il premier Benyamin Netanyahu ha seccamente bocciato, liquidandole come diktat inaccettabili. E’ stato lo stesso leader della fazione islamica palestinese Ismail Haniyeh a ribadire la linea.

“Hamas – ha detto da Doha – vuole raggiungere un’intesa globale che ponga fine all’aggressione, garantisca il ritiro dell’esercito e raggiunga un serio scambio di prigionieri. Che senso ha un accordo se il cessate il fuoco non è il primo risultato?”. “E’ Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi”, ha replicato Netanyahu, aggiungendo che “Israele era ed è tuttora pronto a concludere una tregua per liberare gli ostaggi”. Ma “le richieste estreme” di Hamas, ha aggiunto il primo ministro, “significano la resa” di Israele, che “invece continuerà a combattere fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi”. Per questo ora l’operazione a Rafah, dove ci sono un milione e mezzo di sfollati palestinesi, sembra più vicina: “Comincerà molto presto”, ha assicurato il ministro della Difesa Yoav Gallant. “Ho affrontato la questione intensamente nell’ultima settimana, compreso oggi”, ha spiegato. La comunità internazionale, Stati Uniti in testa, è fortemente contraria.

E forse non è un caso che per la prima volta dal 7 ottobre l’amministrazione Biden la scorsa settimana abbia deciso di bloccare una spedizione di munizioni in Israele, come riferisce Barak Ravid di Axios. Il presidente Usa si trova ad affrontare aspre critiche in patria da chi si oppone al suo sostegno incondizionato allo Stato ebraico. A febbraio la Casa Bianca ha chiesto di fornire garanzie che le armi Usa fossero utilizzate dall’esercito israeliano a Gaza in conformità col diritto internazionale, con Israele che ha fornito una lettera di assicurazioni a marzo. Al 212esimo giorno di guerra intanto, Hamas ha rivendicato il lancio di almeno 10 razzi nell’area del valico di Kerem Shalom, quello da dove transitano i camion degli aiuti umanitari, con il motivo che sul posto “si erano radunati soldati”. Per tutta risposta lo Stato ebraico ha chiuso il valico, dove ci sono stati almeno 10 israeliani feriti. Secondo l’Idf, Hamas ha lanciato razzi da Rafah “a circa 300 metri da un’area usata come rifugio dagli sfollati”. Gli scontri proseguono anche al confine nord di Israele: Hezbollah ha rivendicato il lancio di “decine di razzi dopo la morte di tre civili a seguito di un attacco israeliano nel sud del Libano”.

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Esteri

Matteo Falcinelli legato e immobilizzato, arresto choc italiano a Miami

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Non bastano le manette: prima bloccato da un ginocchio, poi la forte stretta di una cinghia ad aggiungere inutile sofferenza nella cella. Stavolta negli obiettivi delle bodycam degli agenti statunitensi c’è un giovane italiano, Matteo Falcinelli, un 25enne di Spoleto vittima di un violento trattamento degli agenti. Le immagini choc del suo arresto avvenuto lo scorso 25 febbraio a Miami, e rese note soltanto in queste ore dalla famiglia, scuotono fino a indurre alla “massima attenzione sul caso” da parte della Farnesina, che da quasi tre mesi segue la vicenda attraverso il consolato generale nella città della Florida, fin da quando Falcinelli fu bloccato dalla polizia per violenza (poi derubricata a ‘resistenza’), oltraggio e violazione di domicilio quella notte in cui il ragazzo stava tentando di rientrare in uno strip club dove era stato, per riavere i suoi telefoni smarriti all’interno del locale.

Lo stesso ministro e vice premier Antonio Tajani, che ha contattato la madre del 25enne per portare la sua solidarietà, si è detto “profondamente colpito dalla violenza e dal tipo di trattamento che è stato applicato al nostro giovane connazionale: quel sistema in Italia evoca qualcosa che neppure voglio nominare”. Azioni ritenute “inaccettabili” anche dal console e di cui Falcinelli porta ancora i segni di profonde ferite psicologiche, secondo quanto spiega la madre: ‘la sua voglia di vivere si è trasformata in un incubo di vivere’. Qualsiasi siano gli scenari, si apre adesso sulla vicenda una partita delicata tra i legali dello studente spoletino e le autorità della Florida, proprio in un momento in cui gli Usa, dopo un difficile accordo si apprestano a trasferire in Italia Chico Forti, condannato nel 2000 all’ergastolo da un tribunale dello stesso Stato americano per l’omicidio premeditato di un imprenditore australiano.

“La struttura amministrativa americana dovrebbe riconoscere che c’è stato un comportamento totalmente fuori dalle regole, totalmente ingiustificato e sproporzionato rispetto a quella che era la necessità di intervento. Penso che il fine principale delle sollecitazioni di chiarimento da parte dell’Italia sia proprio questo: far capire che tutto deve essere riportato nei giusti termini”, spiega il legale della famiglia, l’avvocato Francesco Maresca, riferendosi alle sue sollecitazioni alla Procura di Roma, “che può intervenire nei fatti che riguardano i cittadini italiani all’estero”. Non si può escluder quindi che la Procura potrebbe aprire un fascicolo, per richiedere ai colleghi statunitensi informazioni sull’accaduto e per sollecitare gli stessi a procedere in modo diretto nei confronti dei poliziotti. La polizia di Miami ha avviato un’indagine interna in merito alla vicenda di Falcinelli e l’ambasciata Usa a Roma spiega: “Abbiamo visto i report, rimandiamo alle autorità italiane”.

Ma la madre di Matteo lancia nuove accuse: “Nel report che la polizia ha rilasciato, scritto sotto giuramento degli agenti, non c’è una sola parola che corrisponda a quanto si vede nelle riprese. C’è scritto tutt’altro”, sostiene Vlasta Studenivova. Il giovane sta svolgendo al momento un trattamento alternativo al carcere, il parallelo della messa in prova in Italia e al termine di questo periodo – spiega il suo avvocato – “dal punto di vista giudiziario per lui questa vicenda si chiude”. Dal segretario di Più Europa Riccardo Magi al responsabile Esteri di Italia viva, Ivan Scalfarotto, arrivano richiesta di interrogazioni parlamentari al ministro Tajani mentre Ilaria Cucchi ne annuncia una anche per il Guardasigilli Carlo Nordio.

Il caso ha scatenato anche l’indignazione dell’associazione dei ‘Giuristi democratici, che parlano di “brutale tortura” senza mezzi termini e secondo cui “esistono delle regole internazionali sui diritti umani che non possono essere violate né in Italia, né in Europa e nemmeno negli Stati Uniti: vige il principio universale del divieto di trattamenti inumani e degradanti e non ci sono dubbi che l’incaprettamento al quale è stato sottoposto negli Usa lo studente italiano Matteo Falcinelli sia stata una delle pratiche più crudeli e antiche di tortura”. E Amnesty International aggiunge: “Immobilizzare per lungo tempo, mediante una tecnica che causa intenso dolore, una persona che evidentemente in quel momento non può costituire alcuna minaccia, è un trattamento illegale, che non trova alcuna giustificazione di sicurezza”.

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Addio a Cesar Luis Menotti, il ct ‘mundial’ del 1978

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Luis Cesar Menotti, commissario tecnico della nazionale argentina che vinse i Mondiali di casa, nel 1978, è morto all’età di 85 anni. Lo rende noto via social la federcalcio argentina. Menotti non era in buone condizioni di salute dall’agosto dell’anno scorso, quando aveva avuto un malore in casa.

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