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Cronache

Il Garante della Privacy difende la figlia di Totti dalle “dannose esposizioni sui giornali” ma la 13enne ha decine di migliaia di followers su Tik Tok e Instagram

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Il tema è quello della privacy. E purtroppo è relativo a ragazzini che hanno genitori famosi. Alcuni di loro, parliamo dei genitori famosi, espongono i loro figli in pubblico. E la cosa non è edificante, quand’anche ci sia il loro consenso. Potremmo parlare di Leone, figlio di Fedez e Chiara Ferragni. Poi c’è la brava Michelle Hunziker che qualche anno fa, quando Aurora (figlia che ha avuto da Eros Ramazzotti) qualche volta è finita sui giornali di gossip. In quel caso le foto e certi commenti su certi giornali, tutto erano eccetto che giornalismo. In ogni caso la tutela della privacy sui minori dati in pasto al pubblico ci sarebbe tantoda scrivere. Oggi ne parliamo perchè è interventi il l’Ufficio del Garante della Privacy per ricordarci che “il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e cronaca”. Aggiungeremmo anche rispetto al dovere dei genitori di non esporre i loro figli in pubblico. Perchè anche questo accade. Il Garante della Privacy oggi ha ricordato, pure senza citarlo esplicitamente ma rifacendosi genericamente “ad alcuni episodi recentemente verificatisi”, alla polemica sollevata ieri da Hillary Blasi e Francesco Totti. I due genitori, certo famosi ma che tengono in massima considerazione da sempre la privacy dei loro figli, hanno avuto modo di lamentarsi, in maniera virata, della pubblicazione sulla copertina di un settimanale di una foto che ritrae la loro figlia tredicenne in costume da bagno con un titolo che ne paragonava la bellezza a quella della madre. Una cosa esattamente sbagliata, nella forma e nella sostanza e forse anche in termini di legge. La normativa che tutela i minori, sottolinea nella sua nota il Garante, richiede sempre quando si parla o si scrive di loro, “l’adozione di particolari cautele volte ad evitare di esporre i minori alla diffusione delle informazioni che li riguardano, ivi compresa la loro immagine, con conseguenze negative che possono riverberarsi sul loro sviluppo sereno all’interno del proprio contesto di vita”.

Il diritto del minore alla riservatezza ricorda il Garante- “deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca. Anche qualora, per motivi di rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso”. Sarebbe opportuno che il Garante della Privacy si occupasse di questo principio, ovvero dei limiti stabiliti dalla Carta di Treviso sempre, anche quando genitori famosi, non sui giornali o in Tv, ma ad esempio sui social network, espongono i loro figli avendo scarso  riguardo per la loro età e le loro fragilità. Facciamo riferimento anche a Francesco Totti, che di recente ha mostrato sui social sua figlia 13enne in una diretta su Instagram con Bobo Vieri. Una diretta vista da centinaia di miglia di persone. Non solo, sempre Francesco Totti, come anche Ilary Blasi, hanno partecipato a video in diretta e foto sia su Instagram che su Tik Tok con la loro figlia 13enne senza alcun rispetto della cosiddetta Carta di Treviso (che dovrebbero osservare non solo i giornalisti) e del diritto dei minori alla riservatezza. La figlia di Ilary Blasi e di Francesco Totti, ultimo particolare prima di chiudere, è sui social su Instagram con oltre 26mila followers e su Tik Tok con quasi 50mila followers. Il papà e la mamma della 13enne aiutano certamente a raggiungere questi numeri grazie alla loro fama. Ecco, noi abbiamo fatto attenzione a non dare il nome della ragazzina e ne abbiamo oscurato il volto che però è esposto pubblicamente sui social network dove la ragazzina hai dei profili ufficiali, non sappiamo da quanto tempo. Il Garante della Privacy, giustamente, interviene in difesa della ragazzina “sbattuta” senza il consenso suo e dei genitori sui giornali. Ma vedere questa ragazzina sui social network con migliaia di followers e con centinaia di migliaia di visualizzazioni dei suoi video come li vogliamo definire? Come li vogliamo inquadrare? Libero arbitrio della ragazzina? O colpa dei cattivi maestri? Occorre trovare un equilibrio e tutelare sempre i ragazzini.

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Cronache

Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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