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Economia

Ecobonus auto, Di Risio (DR Automobiles): se estesi ad altri veicoli poco inquinanti darebbero una spinta al mercato

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Un’azienda tutta italiana che proprio mentre stava vivendo una nuova stagione positiva è stata temporaneamente rallentata dal ‘lockdown’: ebbene alla DR Automobiles non si sono persi d’animo e nel periodo più buio e difficile del nostro Paese si sono rimboccati le maniche e provato a dare una mano, convertendo il loro centro studi e le loro stampanti laser alla realizzazione di dispositivi per la respirazione da collegare alle maschere facciali. Strumenti che l’Azienda molisana di Macchia d’Isernia ha distribuito gratis a chi ne aveva bisogno ma adesso la produzione è ripresa con i nuovi modelli DR5 e F35. E dal 1. agosto sono partiti gli ecoincentivi dello Stato.

Gli ecoincentivi statali potrebbero costituire una spinta importante per la ripresa del comparto automotive qualora si prevedesse di estenderli anche ad altri veicoli, purché sotto la soglia dell’ecotassa attualmente fissata a 160 g/km di CO2, non limitandone dunque la portata quasi esclusivamente ad auto full electric o hybrid e paradossalmente ad alcuni diesel”. Così il Presidente e fondatore di DR Automobiles Groupe, Massimo Di Risio, ha commentato gli ecobonus previsti dal DL Rilancio ed attivi dallo scorso 1 agosto sull’acquisto di nuove automobili.

Macchia d’ISernia (IS). Sede della DR Auto. Il Presidente Massimo Di Risio nel suo ufficio con le coppe vinte durante la carriera da pilota. ©Dario Orlandi/Massimo Sestini

“Abbiamo da poco lanciato la Evo Electric, l’auto elettrica più economica del mercato con un’autonomia di oltre 300 km e tutti gli optional di serie. Tuttavia, riteniamo che le auto elettrichepotranno in futuro affermarsi nettamente nella mobilità urbana, soprattutto nei grandi centri. Al contrario, nella mobilità extra-urbana, riteniamo che l’acquisto che ancor oggi garantisce il miglior compromesso tra costo iniziale, costi di gestione ed impatto ambientale resti quello di un veicolo con motore a combustione interna, con alimentazione a GPL. Siamo convinti che l’alimentazione a GPL rappresenti allo stato la scelta più concreta di mobilità ecologica. D’altra parte, è la scelta che noi abbiamo fatto da tempo. Da oltre 10 anni siamo orgogliosi di essere l’unico costruttore che progetta motori destinati ad essere alimentati a GPL sin dall’origine, proprio per questo assicuriamo un’estrema affidabilità ai nostri clienti. Per concludere, certamente le auto elettriche potranno conquistare una fetta di mercato, ma i grandi numeri verranno ancora dalle auto tradizionali”.

“Per questo riteniamo che una scelta di forte sostegno per l’industria italiana potrebbe essere quella di non incentivare esclusivamente le auto elettriche e le hybrid, che richiedono contributi elevati sui singoli veicoli, rappresentano ancora una parte molto esigua del mercato e agevolano prima di tutto i produttori di batterie, al momento tutti localizzati in Estremo Oriente”.

“Diversamente, incentivare anche l’acquisto di veicoli bi-fuel darebbe un forte contributo al nostro sistema produttivo, dal momento che proprio in Italia abbiamo aziende leader mondiali nella produzione dei relativi sistemi; inoltre, il contributo statale per ciascuna vettura sarebbe di gran lunga inferiore a quello necessario per l’elettrico, ma a fronte di una platea di potenziali acquirenti molto più ampia. Si incentiverebbero comunque veicoli ecologici. Provvedimenti mirati in questo senso potrebbero far sì che le case automobilistiche intercettino più facilmente la nuova domanda di “automobile di proprietà” che avremo come effetto post Covid. Nello stesso tempo il parco circolante verrebbe rinnovato e reso meno inquinante.”

Al di là degli incentivi statali, quali sono le vostre strategie per la ripartenza post Covid19?

“In realtà, ancor prima dell’epidemia in corso, il Gruppo era impegnato nella definizione di una nuova strategia commerciale e la stessa ci sembra ancor più valida per il nuovo scenario post Coronavirus. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad un cambiamento nelle scelte dei clienti che si dividono, in modo sempre più radicale, tra quelli che si orientano nell’offerta automobilistica focalizzando la propria attenzione sul prezzo e quelli che, invece, nell’acquisto di un’auto esprimono esigenze sempre crescenti in termini di qualità dei materiali, di stile, di tecnologia non solo motoristica, ma anche dei sistemi informativi. Per intercettare entrambe queste opposte domande abbiamo affiancato a DR il nuovo marchio EVO. Rappresenta la nostra offerta per quei clienti che prediligono acquisti razionali: a questa fascia di mercato, in linea con la nostra filosofia di sempre, vogliamo offrire prodotti low price e non low cost, auto che abbiano sì un prezzo basso, e sicuramente il più basso del mercato, ma soprattutto non un prezzo civetta bensì il reale prezzo dell’auto, comprensivo di tutte le dotazioni”.

“Per rispondere adeguatamente a quei clienti che, invece, sono orientati a scelte più sofisticate, abbiamo lavorato a lungo sui prodotti a marchio DR per raggiungere elevati standard in termini di qualità e tecnologia, e per definire uno stile dalla personalità molto forte, riconoscibile, in un panorama automobilistico in cui i diversi brand sembrano, al contrario, più inclini a seguire le tendenze che a cercare una propria caratterizzazione. E dunque qualità, innovazione, stile saranno i tratti caratterizzanti  dei quattro, nuovi modelli DR, che saranno tutti commercializzati entro il 2020: la DR 5.0, già presentata all’inizio di marzo, che conserva solo un riferimento al nome della gloriosa DR5, ma è un veicolo basato su  schemi strutturali e produttivi completamente diversi; da pochi giorni abbiamo lanciato la F35, un SUV sportivo, che, come si può intuire dal nome, ha una linea molto particolare, con richiami a dettagli propri degli aerei, la DR 7.0, un family SUV di circa 5 m, disponibile anche a 7 posti, e la DR 3.0, evoluzione dell’attuale DR3.  

Abbiamo molte novità e siamo sicuri che riusciremo a sfruttarne tutte le potenzialità.

Ma in un contesto sempre più caratterizzato da grandi Gruppi, costantemente alla ricerca di nuove alleanze, DR riesce a mantenere una sua autonomia e a coniugare innovazione e prezzi competitivi. Come ci riuscite?

“Negli ultimi anni il mercato dell’auto si è caratterizzato per l’estrema competitività dei singoli costruttori sul prezzo finale su cui, tuttavia, pesano significativamente gli investimenti di sviluppo prodotto e di industrializzazione. Il fenomeno delle fusioni societarie nasce proprio dall’esigenza di contenere questi costi, frazionandoli su volumi più ampi di produzione. L’intuizione che noi abbiamo avuto quasi 15 anni fa è stata quella di raggiungere accordi di partnership con primari costruttori asiatici, prevalentemente cinesi, per condividere le attività di ricerca e sviluppo e le piattaforme produttive. In tal modo abbiamo potuto sfruttare tutti i vantaggi della cooperazione senza sacrificare la nostra autonomia ed anzi, conserviamo un’organizzazione piuttosto snella cosicché il nostro prezzo finale risulta contenuto, non solo per la minore incidenza dei costi industriali, ma anche per i bassi costi di struttura. D’altro canto proprio la flessibilità dei nostri processi interni ci assicura rapidità di risposta in un mercato in continua evoluzione.”

DR spot

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Bonus per assumere giovani e donne e 100 euro a gennaio

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Bonus per le assunzioni di giovani, donne e lavoratori svantaggiati, con sgravi per due anni. E un’indennità di 100 euro a gennaio prossimo per i dipendenti con redditi fino a 28mila euro. La premier Giorgia Meloni insieme a metà governo presenta ai sindacati le novità in arrivo sul lavoro e sul fisco, che andranno in Consiglio dei ministri alla vigilia della festa dei lavoratori. Mettendo sul tavolo un nuovo decreto primo maggio – come già ribattezzato – dopo che l’anno scorso in quella data furono approvate le norme sull’inclusione, con l’addio al Reddito di cittadinanza, sulle causali per i contratti a termine e sul taglio del cuneo fiscale fino a 7 punti. Ora le nuove misure sono contenute nel decreto Coesione, che riforma le relative politiche in materia, e in un decreto legislativo, nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale, domani all’esame del Cdm.

L’obiettivo, come rimarcato da Meloni al tavolo con i sindacati, è quello di continuare a sostenere la crescita dell’occupazione, la riduzione della disoccupazione e degli inattivi, ovvero di coloro che non hanno un lavoro e neppure lo cercano, per farli rientrare nel mercato. E anche di difendere il potere d’acquisto delle famiglie e dei lavoratori, “segnatamente quelli più esposti”. In particolare, per il lavoro sono in arrivo misure per sostenere l’occupazione dei giovani, delle donne e di alcune categorie di lavoratori svantaggiati: con la riduzione degli oneri contributivi per i nuovi assunti per due anni. Accanto a queste sono previste disposizioni ad hoc per favorire l’avvio di nuove attività distinte per il Centro-Nord e il Mezzogiorno, spiega la premier. E inoltre si fanno spazio “azioni per riqualificare” i lavoratori di grandi imprese in crisi per favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Sul fronte fiscale, sarà invece erogata a gennaio 2025 un’indennità di 100 euro per i lavoratori dipendenti, con reddito complessivo non superiore a 28mila euro con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure per le famiglie monogenitoriali con un unico figlio a carico.

Da qualcuno già definito “bonus Befana”. Con il decreto Coesione il governo punta ad accelerare l’attuazione delle politiche di coesione che prevedono per l’Italia 75 miliardi di euro, di cui 43 miliardi di risorse europee. Fondi europei che vengono assegnati al Paese ogni sette anni. E che vanno spesi, destinandoli a politiche del lavoro, sociali e di sostegno alle imprese. Poco prima del confronto con le organizzazioni sindacali in vista del primo maggio, sempre a palazzo Chigi, la presidente del Consiglio e una delegazione del governo hanno incontrato Cgil, Cisl e Uil e la confederazione europea e internazionale dei sindacati per una consultazione in vista del vertice G7, in programma in Puglia dal 13 al 15 giugno.

Come di consueto, il Labour7, il formato che riunisce le organizzazioni sindacali delle nazioni G7 e dell’Ue, partecipa ai lavori formulando raccomandazioni ai leader e ai ministri del Lavoro e presentando le priorità dell’agenda: un’agenda che punti – si legge nella dichiarazione – alla crescita dell’occupazione, verde e di qualità, della sicurezza sul lavoro e dei salari. Presenti agli incontri i segretari generali di Cisl e Uil, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, per la Cgil i segretari confederali – non Maurizio Landini a Palermo per un’assemblea contro la mafia. Mercoledì intanto Cgil, Cisl e Uil si preparano a celebrare il Primo maggio sotto lo slogan “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”, che li vedrà prima a Monfalcone (Gorizia) per la tradizionale manifestazione e poi a Roma per il concertone che debutta al Circo Massimo.

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Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Inflazione, Codacons: con record cacao e caffè rischi rincari

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E’ boom per le quotazioni di cacao e caffè, con i prezzi delle due materie prime che sui mercati internazionali stanno raggiungendo nuovi preoccupanti record, aumenti che potrebbero portare a breve a forti rincari dei listini al dettaglio per una moltitudine di prodotti venduti in Italia. L’allarme arriva oggi dal Codacons, che ha monitorato l’andamento delle quotazioni negli ultimi mesi. A inizio gennaio il prezzo del cacao era pari a circa 4.250 dollari la tonnellata, mentre ieri, mercoledì 24 aprile, le quotazioni sui mercati avevano raggiunto quota 10.800 dollari, con un incremento del +154% da inizio anno, riporta il Codacons. Trend analogo si registra per il caffè, con il Robusta che è passato dai 2.800 dollari la tonnellata dello scorso gennaio ai 4.250 dollari del 24 aprile, segnando un +51,8%, mentre l’Arabica nello stesso periodo sale da 190 a 224 centesimi alla libbra (+18%).

Quotazioni alle stelle che interessano materie prime utilizzate per prodotti molto consumati in Italia, e che rischiano di determinare rincari a raffica per i prezzi al dettaglio di una moltitudine di alimenti, lancia l’allarme il Codacons. Basti pensare che solo per i prodotti a base di cacao e caffè gli italiani spendono oltre 10,2 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: il giro d’affari del cioccolato nel nostro Paese è di circa 2 miliardi di euro, con un consumo procapite di circa 2 kg. Cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. I prezzi al dettaglio hanno già risentito nell’ultimo periodo dell’andamento delle quotazioni, con i prezzi di prodotti a base di cacao e caffè che sono aumentati sensibilmente rispetto allo scorso anno – aggiunge il Codacons. Ipotizzando un rincaro medio dei listini al dettaglio del +5% come effetto dei rialzi delle materie prime, i consumatori andrebbero incontro ad una nuova stangata da 510 milioni di euro solo per i consumi di caffè e cioccolato.

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