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Carolina Crescentini torna sul set dei Bastardi Pizzofalcone: siamo un gruppo unito, tutti sono importantissimi

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I primi 40 anni celebrati durante la pandemia insieme alle persone a cui tiene con un ‘festone’ online su Zoom (“e’ stata molto emozionante lo stesso, ma quando sara’ possibile, quando mi daranno il via libera sugli abbracci, replicheremo di persona”), nessuna crisi e la consapevolezza “di aver avuto fino ad adesso tante vite… e troppe ne voglio ancora”. Un momento importante, raccontato con un sorriso da Carolina Crescentini, che dopo i mesi di lockdown, sta per tornare sul set della terza serie de I bastardi di Pizzofalcone “(Siamo molto uniti”). Prima e’ arrivato un nuovo riconoscimento, il Premio speciale per la fiction – Pellicola d’oro, dedicato a valorizzare i mestieri e l’artigianato del cineaudiovisivo italiano. “Senza un fonico, una costumista, un elettricista, il mio lavoro non esiste – sottolinea -. il cinema coma la tv si fanno in squadra, ed e’ importante ancora di piu’ ricordarlo, dopo questi mesi, che per lo stop, hanno lasciato tante persone senza entrate”.

La gente spesso “non ha la percezione, di quanto sia serio questo lavoro, molti pensano sia solo un divertimento. In realta’ ognuno di noi si e’ molto preparato nel suo ambito per farlo. Siamo sempre in giro, a volte accampati, di giorno di notte… ma ci unisce la passione nel raccontare una storia, tutti con il proprio punto di vista “. Dopo la pandemia, il tipo di racconto “forse cambiera’, ma non credo nelle visioni pessimistiche, credo in una rinascita”. L’attrice romana, che ama esplorare i generi e in carriera finora ha lavorato con registi come Giuliano Montaldo, Ferzan Ozpetek, Paolo e Vittorio Taviani, Gabriele Muccino, a settembre tornera’ sul piccolo schermo come protagonista su Rai2 di Mare Fuori (il debutto era stato rimandato per la pandemia), serie in sei serate diretta da Carmine Elia, nella quale interpreta Paola, la nuova direttrice di un carcere minorile a Napoli. Tra minacce, amori, fughe, esami di scuola, partite di pallone, risse, crisi e nuove occasioni la vita dentro l’Istituto penale Minorile, scorre con le sue regole, le sue alleanze e le sue leggi.

Nel cast anche, fra gli altri, Carmine Recano e Valentina Romani. “Girare questa storia mi ha insegnato molto e mi ha fatto riflettere. Tra gli interpreti ci sono attori molto giovani, e mi sono emozionata per loro purezza” spiega.

Maurizio De Giovanni. Il grande scrittore napoletano è l’autore del romanzo dal quale prende le mosse la fiction Rai

Dal 4 agosto l’aspetta il set (le riprese si erano interrotte per l’emergenza covid) del caposaldo di quella chiama “la mia fase napoletana”, I bastardi di Pizzofalcone, la serie tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni, arrivata alla terza stagione che debuttera’ su Rai1 nel 2021. Lei non anticipa nulla sulla trama ma stando a quanto scritto sulla sinossi diffusa alla presentazione dei palinsesti Rai,, la storia ricomincia nell’istante successivo al “big bang”. La bomba esplosa davanti le vetrine del ristorante di Letizia, dove tutta la squadra di Pizzofalcone festeggiava la conclusione di una indagine, ha provocato morti e feriti. L’ispettore Lojacono (Alessandro Gassmann) e’ il primo a dover affrontare la crisi emotiva che affligge i sopravvissuti. Arriva anche una new entry in squadra, l’enigmatica Elsa Martini (Maria Vera Ratti). Carolina Crescentini torna nel ruolo della brillante ma inquieta pm Laura Piras. Nel cast fra gli altri, anche Antonio Folletto, Tosca d’Aquino, Massimiliano Gallo, Gianfelice Imparato, Simona Tabasco. “Tramite I ‘Bastardi’ ho capito ancora di piu’ la forza che puo’ avere la televisione. Quando con una serie come questa ti intrufoli nelle case delle persone ricevi un affetto da parte del pubblico, che ti commuove”. Poi, “sul set c’e’ un clima meraviglioso, siamo un gruppo molto unito”.

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Cronache

Strasburgo: Getty restituisca la statua dell’Atleta di Lisippo all’Italia

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L’Italia ha tutto il diritto di confiscare e chiedere la restituzione della statua greca in bronzo dell’Atleta vittorioso attribuita a Lisippo che si trova attualmente nel museo della la villa Getty a Malibu, in California. Lo ha stabilito oggi all’unanimità la Corte europea dei diritti umani respingendo il ricorso presentato dalla fondazione Paul Getty per violazione della protezione della proprietà.

Nella sua sentenza, la Corte di Strasburgo ha quindi riconosciuto la legittimità dell’azione intrapresa dalle autorità italiane per recuperare l’opera d’arte che venne rinvenuta nelle acque dell’Adriatico, al largo delle Marche, nel 1964. E che, dopo varie vicissitudini, venne acquistata dalla fondazioni Getty nel 1977 per approdare infine al museo di Malibu. I giudici, in particolare, hanno sottolineato che la protezione del patrimonio culturale e artistico di un Paese rappresenta una priorità anche dal punto di vista giuridico. Inoltre, diverse norme internazionali sanciscono il diritto di contrastare l’acquisto, l’importazione e l’esportazione illecita di beni appartenenti al patrimonio culturale di una nazione.

La fondazione Getty, sottolinea inoltre la Corte, si è comportata “in maniera negligente o non in buona fede nel comprare la statua nonostante fosse a conoscenza delle richieste avanzate dallo Stato italiano e degli sforzi intrapresi per il suo recupero”. Da qui la constatazione che la decisione dei giudici italiani di procedere alla confisca del bene conteso “è stata proporzionata all’obiettivo di garantirne la restituzione”.

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Esteri

Macron: se i russi sfondano non escludere le truppe

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Lo spettro delle armi proibite torna ad affacciarsi sulla guerra in Ucraina. La denuncia è arrivata dagli Stati Uniti, secondo cui i russi hanno utilizzato un agente chimico soffocante, la cloropicrina, per ottenere “conquiste sul campo di battaglia”. Le forze di invasione, al di là dei metodi più o meno convenzionali utilizzati, procedono con un’avanzata costante nel Donbass, ingaggiando con il nemico pesanti combattimenti intorno ad Avdiivka. E’ uno scenario che preoccupa gli alleati di Kiev, a partire dalla Francia, tanto che Emmanuel Macron ha evocato ancora una volta la possibilità di inviare truppe, se Mosca sfondasse e gli ucraini lo richiedessero esplicitamente.

L’uso di armi chimiche come “metodo di guerra” è stato segnalato dal Dipartimento di Stato Usa, che ha parlato di casi “non isolati”, in violazione di una convenzione internazionale che ne vieta l’utilizzo, firmata anche dalla Russia. In particolare la cloropicrina, che sarebbe servita per “allontanare le forze ucraine dalle posizioni fortificate”, è una sostanza ampiamente utilizzata durante la prima guerra mondiale, che provoca irritazione ai polmoni, agli occhi e alla pelle e può causare vomito e nausea. Gli ucraini, inoltre, hanno riferito di aver dovuto fronteggiare numerosi attacchi chimici negli ultimi mesi. Secondo un rapporto dell’agenzia Reuters, almeno 500 soldati sono stati curati per l’esposizione a gas tossici e che uno è morto dopo essere soffocato dai gas lacrimogeni. Il Cremlino ha respinto le accuse come “assolutamente infondate e non supportate da nulla” e si è concentrato sui successi delle truppe sul terreno.

Il ministero della Difesa ha rivendicato la conquista del villaggio di Berdichy, nel Donetsk, su una strada strategica per il rifornimento delle truppe ucraine. L’area è quella di Avdiivka, dove i difensori sono costretti a schierare le riserve. Il principale obiettivo in questa direttrice resta Chasiv Yar, ormai carbonizzata dopo mesi di bombardamenti: dalla collina che la domina l’Armata sarebbe in grado di colpire la spina dorsale della difesa ucraina. La potenza di fuoco è impressionante. Solo ad aprile, secondo Volodymyr Zelensky, il nemico ha lanciato “3.800 bombe e missili”. Mentre Human Rights Watch ha denunciato che i russi hanno giustiziato almeno 15 soldati ucraini mentre tentavano di arrendersi, come già evidenziato da altre fonti a fine 2023. Per contenere l’avanzata delle truppe di Putin gli occidentali tentano di aumentare e accelerare la fornitura di armi a Kiev, ma secondo Parigi questo approccio potrebbe non essere più sufficiente.

E’ Macron, in un’intervista all’Economist, a mettere le carte in tavola: “Se i russi sfondassero in prima linea, se ci fosse una richiesta ucraina – cosa che oggi non avviene – dovremmo legittimamente porci la domanda” di un eventuale invio di truppe al fianco degli ucraini. “Escluderlo a priori significa non imparare la lezione degli ultimi due anni”, quando i Paesi della Nato avevano inizialmente escluso l’invio di carri armati e aerei prima di cambiare idea, ha aggiunto il presidente francese. Che già a febbraio, quando aveva tirato fuori questa ipotesi per la prima volta, era stato sconfessato dalla maggior parte degli alleati (inclusi Stati Uniti, Italia e Germania). Mosca ha liquidato le dichiarazioni di Macron con sarcasmo, affermando che “sono in qualche modo legate ai giorni della settimana, e questo è il suo ciclo”.

Ma l’inquilino dell’Eliseo ragiona sul conflitto in Ucraina con uno sguardo all’Europa del futuro, che emergerà dopo il voto di giugno. E la sua ambizione è quella di guidare un processo di rinnovamento che porti l’Ue a diventare una potenza globale. Rafforzata, tra le altre cose, da una difesa comune. La minaccia russa al Vecchio continente è rilanciata anche dalla Nato che si dice “profondamente preoccupata” per le recenti “attività maligne” di natura ibrida, sull’onda dei casi recenti che hanno portato all’indagine e all’incriminazione di più individui in Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca: “Una campagna sempre più intensa di attività che Mosca continua a svolgere in tutta l’area euro-atlantica, anche sul territorio dell’Alleanza e attraverso intermediari”. Sul fronte della diplomazia, intanto, la Svizzera ha invitato più di 160 delegazioni al vertice a Lucerna a giugno ma l’invito non è stato esteso alla Russia. Che non a caso ha commentato: “Negoziati di pace senza di noi non hanno senso”.

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Neonata con rara malformazione nata a Salerno e gestita con competenza dai medici

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Parto eccezionale all’ospedale di Salerno. Una donna di 38 anni è stata dimessa dal Reparto di Gravidanza a Rischio dell’Aou San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, diretto dal dottor Mario Polichetti, dopo aver dato alla luce una neonata con una rarissima malformazione. La paziente era stata trasferita dall’ospedale di Polla al Ruggi dove ha partorito sua figlia che sta bene anche se è tuttora ricoverata nel reparto di Neonatologia, diretto dalla dottoressa Graziella Corbo, per ulteriori controlli. La neonata, di quasi 3 chili, è portatrice di una condizione genetica molto rara, denominata ‘Situs Inversus’, ovvero un collocamento anomalo degli organi del torace e dell’addome con inversione di posizione, rispetto alla loro sede usuale.

La piccola paziente, ha infatti il cuore, lo stomaco e la colecisti a destra ed una malformazione della vena cava, vicariata dalla vena emiazygos. “Il parto in questione – spiega Polichetti – è un evento davvero straordinario e deve essere gestito con estrema competenza, per evitare eventuali complicazioni, ma siamo fieri ed orgogliosi che si sia concluso nel migliore dei modi”.

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