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Cronache

Inchiesta sul Pio Albergo Trivulzio: assenteismo ma mortalità inferiore alla media

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Uno “straordinario livello di assenteismo” del personale con punte del 65%, poche mascherine e tamponi ma una mortalita’ inferiore rispetto alle altre Rsa del milanese. E’ la ‘verita” sulla gestione dell’emergenza Covid da parte del Pio Albergo Trivulzio secondo la relazione della commissione di verifica istituita dalla Ats di Milano, su richiesta del Comune e della Regione Lombardia. Il documento, trasmesso anche alla Procura di Milano che sta indagando sul Pat e su altre rsa, mette nero su bianco “criticita’ interne ed esterne” a causa della quali, si legge, il Pat “non sempre e’ riuscito a dare adeguata applicazione alla procedure di tutela degli operatori durante l’emergenza”. A pesare di piu’ sul rispetto di regole e procedure, oltre alla complessita’ della struttura, sarebbe stata l’elevata quota di personale non in servizio nei mesi clou della pandemia: dal 21 febbraio al 3 giugno, circa il 57% dei 900 operatori del Pat si trovava in permesso o malattia, con punte del 65%. Un dato tale da “rendere difficoltosi gli stessi livelli di assistenza” ma “che difficilmente trova spiegazione nella diffusione del contagio tra gli operatori”, visto che in base alle segnalazioni Inail nello stesso periodo solo il 9% era rimasto a casa per contagio da Sars-Cov-2. Elemento giudicato “grave” dal direttore generale del Welfare Marco Trivelli, oltre che “distonico rispetto a come la gran parte degli operatori sanitari ha agito nella fase di emergenza”. Gli esperti della commissione – tra cui gli ex magistrati Gherardo Colombo, nominato dal Palazzo Marino, e Giovanni Canzio, scelto dal Pirellone – ipotizzano un “ingresso precoce” del virus alla ‘Baggina’, gia’ a fine febbraio, probabilmente portato da operatori, educatori e visitatori esterni. Ipotesi, questa, che renderebbe “incompatibile” l’innesco del contagio da parte dei pazienti trasferiti al Pat durante l’emergenza, “tutti dichiarati non Covid dalle strutture di provenienza”. Tra i fattori critici anche scarsita’ di dispositivi di protezione individuale – “problema comune” in quella fase – e il fatto che, in base alle disposizione iniziali del Ministero della Salute, i tamponi potevano essere eseguiti soltanto su pazienti sintomatici che entravano in ospedale. “Molto inferiore” rispetto alla media delle altre Rsa del milanese, invece, l’eccesso di mortalita’ al Pat, con un rapporto tra decessi osservati e attesi di 2.9 contro 3.7. Nella relazione “non vengono formulati giudizi di responsabilita’” sulla dirigenza, ma si analizzano le mancanze segnalate in questi mesi. Ad esempio, sul “supposto divieto di indossare mascherine”, denunciato da alcuni dipendenti, “non e’ stato trovato riscontro”, ha spiegato Vittorio Demicheli, presidente della commissione e direttore sanitario dell’Ats Metropolitana di Milano. Per i vertici della struttura Maurizio Carrara e Giuseppe Calicchio “la relazione fa giustizia del grande lavoro svolto dal Pat nelle eccezionali e gravi condizioni in cui si e’ sviluppata la pandemia a Milano e in Lombardia”. “Profonda delusione per i risultati”, al contrario, e’ stata espressa dal presidente dell’associazione dei parenti delle vittime, Alessandro Azzoni, dubbioso “rispetto all’efficacia della commissione costituita da Ats Citta’ Metropolitana, realta’ quest’ultima responsabile di non aver effettuato i controlli” sul Pat.

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A New York si commemorano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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Una giornata speciale per i ragazzi delle medie e delle superiori per commemorare due simboli della lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel triste anniversario della Strage di Capaci. L’appuntamento si è svolto presso la Scuola d’Italia di New York Guglielmo Marconi, guidata da Michael Cascianelli. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono solamente nomi nella storia italiana, ma incarnano valori di coraggio, integrità e impegno civico. Per far comprendere appieno il significato di queste figure agli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, è stato organizzato un incontro con due esperti del campo: il Professore Antonio Nicaso e il Professore Rosario G. Scalia.

Il Professore Nicaso, storico delle mafie e autore di varie opere sull’argomento, ha condiviso con gli studenti la sua vasta esperienza e aneddoti privati, invitandoli a guardare al futuro con ambizioni elevate e a non scendere mai a compromessi di fronte alle mafie. L’incontro è stato condotto dal Professore Scalia, professore del dipartimento di Italiano alla Rutgers – State University of New Jersey, che ha moderato l’evento e ha portato anche una testimonianza personale, ricordando la sua infanzia a Catania e l’ombra costante della mafia che aleggiava sulla città. Ha evidenziato come frasi dette dai genitori come “stai tranquillo che i mafiosi si uccidono solo tra loro” per tranquillizzare i propri figli, o “ci si uccide solo al sud” o “solo in Italia” abbiano contribuito a creare una distanza emotiva e fisica dalle persone nei confronti della mafia. Ha invitato gli studenti a non voltare le spalle alla realtà, ma ad affrontarla con coraggio e determinazione, senza mai fare un passo indietro.

L’incontro, coordinato dalla Professoressa Cristiana Grassi, ha suscitato grande interesse e partecipazione da parte degli studenti, dimostrando l’importanza di educare le giovani menti alla consapevolezza civica e alla lotta contro ogni forma di criminalità. La morte di Falcone e Borsellino ha avuto un impatto profondo non solo in Italia, ma anche oltre confine. Negli Stati Uniti, Giovanni Falcone è ricordato come un eroe, anche dall’FBI. Una statua eretta a Quantico, sede dell’FBI, testimonia il rispetto e l’ammirazione che gli americani nutrono per il giudice italiano. La relazione tra Stati Uniti e Falcone si consolidò durante il celebre caso “Pizza Connection” durante gli anni del Maxiprocesso di Palermo. Oggi, la collaborazione tra Italia e Stati Uniti nel campo della lotta alla criminalità organizzata prosegue su queste solide basi, dimostrando che l’eredità di Falcone e Borsellino continua a essere una fonte di ispirazione nel cammino verso una giustizia globale e una cooperazione internazionale più stretta.

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Carabinieri: prima confisca e conversione in euro di monete digitali sottratte a napoletani

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La Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria ha completato con successo la prima operazione di conversione in euro di beni confiscati in monete digitali. L’attività è conseguente al sequestro di Bitcoin e Monero, per un controvalore di circa 11mila euro, avvenuto a gennaio 2023, quando la Prima Sezione Operativa di Roma e la Sezione Criptovalute hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di individui, tutti residenti a Napoli, sospettati di appartenere ad un gruppo criminale dedito alla contraffazione valutaria. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli e condotte con la collaborazione di Eurojust ed Europol, fanno parte di un ampio contesto investigativo iniziato nel 2018, mirato a smantellare una rete di distribuzione di banconote contraffatte attraverso il Darkweb, canali Telegram e il trasferimento di criptovalute come Bitcoin e Monero su wallet dedicati. Lo rende noto un comunicato dell’Arma.

“Nel corso delle operazioni le criptovalute sequestrate – in particolare Monero e Bitcoin, spiega la nota – erano state trasferite dalla Sezione Criptovalute su portafogli dedicati, attraverso l’uso di tecniche e software sviluppati direttamente dal Reparto Specializzato dell’Arma che consentono la creazione dei wallet garantendo, oltre ad una elevata sicurezza, anche una gestione particolare delle chiavi private e/o seed phrase. L’approccio utilizzato dalla Sezione Criptovalute assicura che nessun singolo operatore possieda la conoscenza completa della chiave privata, eliminando così un punto critico di vulnerabilità e aumentando significativamente la protezione contro gli attacchi informatici”.

“Le criptovalute, oggetto di sequestro, sono state confiscate con decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria di Napoli la quale – prosegue la nota – ha disposto la conversione e il trasferimento al Fondo Unico di Giustizia. Pertanto, i Carabinieri della Sezione Criptovalute unitamente a personale dell’Exchange italiano Young Platform nominato appositamente ausiliario di polizia giudiziaria per procedere alla conversione, hanno provveduto al trasferimento e cambio in euro per il successivo deposito al Fug delle somme oggetto della confisca”. “La peculiarità di questa operazione non risiede solo nel suo successo e nella sua natura pionieristica, ma anche nel modo in cui dimostra l’efficacia dell’Arma dei Carabinieri nello svolgere operazioni altamente specializzate anche con le nuove tecnologie finanziarie. L’Arma dei Carabinieri, sempre attenta e vigile nelle indagini sul sensibile tema del Cybercrime, ha svolto recentemente il primo corso di perquisizione e sequestri di valute digitali presso l’Istituto Superiore Tecniche Investigative di Velletri, con il quale ha formato 25 operatori già specializzati in indagini telematiche”, conclude la nota.

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Reddito cittadinanza, presi altri 63 beneficiari e denunciati per truffa

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Sono 63 le persone che in provincia di Foggia sono state denunciate per aver indebitamente conseguito il reddito di cittadinanza, per un ammontare complessivo di 691 mila euro. Tra quelle individuate dai finanzieri del comando provinciale di Foggia negli ultimi due mesi ci sono i componenti di un intero nucleo familiare, che vive sul Gargano, e che avrebbero presentato istanze per ottenere il reddito di cittadinanza, allegando una dichiarazione sostitutiva mancante dell’indicazione dell’esatta composizione del nucleo familiare, che ha consentito loro di ricevere indebitamente oltre 21.400 euro. I controlli hanno interessato tutto il territorio provinciale, in particolare Cerignola, San Severo, Vieste e San Nicandro Garganico. I 63 beneficiari sono stati segnalati alla direzione provinciale Inps per la sospensione del sussidio. Numerose le irregolarita’ riscontrate dalle Fiamme gialle: dalla mancanza del requisito della residenza effettiva nel territorio nazionale alle mendaci dichiarazioni inerenti alla composizione del nucleo familiare, dall’omessa dichiarazione dello svolgimento di attivita’ lavorative, in diversi casi anche esercitate in nero, alla perdita del diritto al beneficio in conseguenza dello stato di detenzione.

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