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Recovery Fund, le reazioni dei politici alle proposte della Commissione

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Su una cosa in tanti sono d’accordo: i segnali dall’Europa stavolta arrivano forti e chiari. Un piano da 750 miliardi, 500 a fondo perduto, 250 in prestito. Come hanno reagito i nostri politici? Il primo ad esprimere soddisfazione è stato il premier Giuseppe Conte, che ritiene quello di Bruxelles un “ottimo segnale, che va esattamente nella direzione indicata dall’Italia”, con fondi raccolti a livello europeo e poi girati ai singoli Stati in difficoltà per la crisi da coronavirus. Il premier Giuseppe Conte rivendica di aver ottenuto ciò per cui si era battuto con forza nei negoziati europei.  Negoziati che adesso dovranno andare avanti, il piano della Commissione deve essere ancora approvato  e bisognerà  definire l’esatto ammontare del Recovery Fund e il suo funzionamento. L’auspicio di Conte è che “le capitali europee lo assecondino”.

Il pentastellato Ministro degli Esteri Luigi Di Maio  hale idee chiare anche su come utilizzare questi fondi: “Oggi possiamo dire con certezza che una buona parte di questi fondi li dovremo usare con uno scopo ben preciso, chiaro: abbassare le tasse. Per aiutare imprese, famiglie, artigiani, commercianti, lavoratori. Perché solo così riusciremo a rialzarci. Ne hanno bisogno i cittadini e non possiamo più aspettare. È arrivato il momento di accelerare”. Di Maio su Fb scrive sempre a proposito della proposta della Commissione Ue sul Recovery Fund: “Pensiamo all’Italia, agli italiani, con responsabilità. Pensiamo a come aiutarli per uscire da questa crisi. Non ci sono scorciatoie, bisogna agire con convinzione. Il governo è compatto, avanti così”.

Il segretario del Pd Nicola Zingaretti “la proposta della commissione sul Next Generation Ue lascia ben sperare su quel cambio di passo che ci aspettavamo dall’Europa. Tutti gli strumenti messi in campo fino ad oggi, e la loro immediata disponibilità, vanno nella direzione auspicata dal Governo e per la quale il Partito Democratico ha contribuito a costruire le condizioni in Ue per arrivare a questo punto dei negoziati”.  “Andiamo avanti – prosegue il leader Pd su Facebook- per un’Europa della solidarietà, dell’innovazione, della sostenibilità e della conoscenza”.

Per Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia “quella di oggi è una giornata positiva. L’Europa ha seguito la strada che noi avevamo indicato e per la quale ci siamo molto spesi all’interno del PPE: 750 miliardi sono un impegno importante per la ripresa, che va significativamente al di là dell’accordo franco-tedesco della scorsa settimana, e che si avvicina alle nostre richieste. La cosa più importante, però, è che di essi ben 500 sono sovvenzioni a fondo perduto”. Così il leader di Fi, Silvio Berlusconi.”Questo è fondamentale – sottolinea il Presidente di Forza Italia – per un paese ad alto indebitamento come l’Italia, che riceverà 82 miliardi di sovvenzioni. Naturalmente è essenziale che il Consiglio Europeo, a cui spetta il via libera definitivo, non scenda sotto queste cifre. In quella sede l’Italia dovrà farsi valere, ricercando le necessarie alleanze e convergenze. Dovremo far capire anche ai paesi più restii che qui non è in gioco solo il destino di una singola nazione. Dalle decisioni di queste settimane dipende cosa avverrà dell’idea stessa di Europa, quale sarà il ruolo del nostro continente, della nostra civiltà, nel futuro del mondo. Il fatto che la signora von der Leyen abbia voluto battezzare questo intervento “Next generation UE” – conclude Silvio Berlusconi – è positivo proprio perché dimostra che c’è questa consapevolezza di un futuro comune da costruire”.

Non sembra dello stesso avviso Giorgia Meloni: “Siamo stati i primi ad auspicare un Recovery Fund cospicuo, immediato, con una quota maggioritaria di contributi a fondo perduto e senza condizionalità”, dice la leader di Fratelli d’Italia. “Prendiamo atto che qualcosa si e’ mosso in questa direzione ma la proposta della Commissione Ue non è soddisfacente”.

Commento flash, sui social, per Matteo Renzi: “Molto bene la proposta della Commissione Europea sul Recovery Fund. Unione Europea batte populisti 750 (miliardi) a zero”.

Decisamente insoddisfatto Matteo Salvini:”Dall’Europa aspettiamo non più promesse ma soldi veri. Nessuna buona notizia concreta per l’Italia, dice il leader della Lega, per ora solo altre parole. La Commissione propone di aggiungere al bilancio europeo 750 miliardi, raccolti collocando titoli e distribuiti come prestiti o sussidi. Come già’ annunciato, queste somme dovranno essere rimborsate con nuove tasse europee su consumi e produzione”.

Per Emilio Carelli, deputato, responsabile comunicazione del Movimento 5 Stelle “l’Italia ha dimostrato una ritrovata credibilità e affidabilità internazionale: i 172,7 miliardi proposti dalla Commissione Ue per l’Italia nell’ambito del Recovery Fund rappresentano la quota più alta destinata a un singolo Paese. Si apre un nuovo capito per l’Unione Europea, che ci consentirà di fare investimenti nella green economy, passi avanti nella digitalizzazione e soprattutto, come proposto da Luigi di Maio, avremo risorse utilizzabili da subito per il taglio delle tasse, una misura concreta a sostegno delle famiglie e delle imprese”.

 Emilio Carelli

Soddisfatti i parlamentari europei : “Da Bruxelles arriva finalmente un segnale forte e chiaro parlando al termine della presentazione del “Next generation Eu”: l’Europa c’è ed è pronta ad interventi straordinari, finora nemmeno mai immaginati,  dice Aldo Patriciello, europarlamentare Ppe,  segno che l’Ue ha scelto con convinzione la strada della solidarietà e di una visione comune del futuro che ci aspetta”. “Il piano di rilancio europeo illustrato oggi dalla Presidente Ursula Von der Leyen – ha dichiarato Patriciello – ha tenuto conto delle indicazioni da noi espresse nelle precedenti sedute del Parlamento europeo, per cui possiamo ritenerci soddisfatti. Siamo di fronte ad un piano finalmente ambizioso, adeguato e certamente coraggioso.  Il nostro – ha spiegato l’eurodeputato azzurro – è il Paese che riceverà più benefici, con 172,7 miliardi di euro, di cui 81,8 a fondo perduto, nella speranza che il Governo italiano, di fronte alla necessità di far ripartire l’economia, ne approfitti per utilizzarli in maniera corretta, senza lungaggini burocratiche e ritardi biblici. Se si sommano poi gli strumenti messi già in campo tramite il MES, la Banca Europea degli Investimenti e il SURE, l’intero pacchetto anti-Covid-19 mobilitato dall’Unione Europea arriverà dunque a 2.400 miliardi di euro. Questo atto di fiducia ci rafforza e fa ben sperare sulla capacità del continente di risollevarsi e continuare a crescere. Ancora una volta, però – ha concluso Patriciello – occorre che i singoli governi facciano la loro parte, mettendo da parte gli egoismi nazionali e gli interessi elettorali. Non è il momento di anacronistici rigorismi, né di mettere l’economia al servizio dei bilanci pubblici, ma il contrario. Ora è il momento in cui l’UE deve dimostrare di saper proteggere i suoi cittadini”.

Aldo Patriciello, Eurodeputato Ppe

Pur se da sponde opposte è dello stesso avviso Giosi Ferrnadino, parlamentare europeo eletto nel Pd: “L’Europa risponde in maniera forte alle richieste dei suoi cittadini, ha detto dall’europarlamento subito dopo l’annuncio. “Il Recovery fund presentato oggi dalla presidente von der Leyen, spiega, dà respiro alle aspettative di solidarietà e aiuto reciproco che devono essere la base della vita comunitaria, segnando una giornata storica per tutti noi. Sulla scia di quanto proposto dal Parlamento il mese scorso, la Commissione declina una risposta senza precedenti fatta di prestiti e di contributi a fondo perduto pari a 500 miliardi, portando a oltre 2mila miliardi la risposta europea alla crisi.O ne veniamo fuori insieme, o non ne viene fuori nessuno”.

Giosi Ferrandino, Europarlamentare Pd

 

La Borsa italiana però ha chiuso a fatica appena sopra la parità: aveva dimostrato un po’ di vivacità subito dopo la notizia del ricoveri fund da 750 miliardi di euro ma poi lo slancio si è subito esaurito.

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Caos balneari, tavolo tecnico di Chigi dopo Europee

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Resta alta la tensione fra gran parte del mondo degli imprenditori balneari e il governo. Con la stagione estiva alle porte, il disappunto nel settore è aumentato alla luce della convocazione della prossima riunione del tavolo tecnico per il 12 giugno, quindi dopo le Europee, e in formato ristretto, con i tecnici dei ministeri e i rappresentanti delle regioni, ma senza quelli della categoria. Lo scopo è la “definizione dei lavori all’esito dell’interlocuzione con la Commissione europea”, che al momento, però, ancora non ha portato a risultati.

L’esecutivo cerca una soluzione per evitare che la procedura di infrazione, per violazione della direttiva Bolkestein, arrivi davanti alla Corte di giustizia europea, ma non ci sarebbe piena sintonia tra gli alleati su come agire. Non è però escluso che un rimedio, almeno parziale sugli indennizzi, possa emergere nel frattempo dai lavori parlamentari, dagli emendamenti alla proposta di legge all’esame della commissione Finanze della Camera per abrogare l’articolo 49 del codice della navigazione, previsione normativa del 1942 da tempo contestata dagli operatori. Secondo questa norma, le opere fisse costruite su una zona demaniale restano acquisite dallo Stato senza indennizzo alla scadenza della concessione. “L’indennizzo per gli imprenditori balneari a fine concessione è da tempo, del resto, previsto dalla legge sulla concorrenza del governo Draghi e nessuna giurisprudenza sia nazionale che europea, ha mai eccepito niente in merito – sottolinea Riccardo Zucconi (FdI), primo firmatario della proposta di legge, presentata un anno fa e in esame da fine aprile -. Invece proprio il Consiglio di Stato ha sollevato obiezioni sull’articolo 49 del codice della navigazione, rispetto al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Io propongo una soluzione per risolvere almeno uno spicchio del problema e aiutare a fare uscire il settore da una crisi seria”.

L’iter di questo provvedimento – una proposta di legge ordinaria in prima lettura a Montecitorio – rischia però di andare troppo lungo rispetto alle esigenze del settore. E, secondo i ragionamenti che si fanno nella maggioranza, uno o più emendamenti (il termine scade mercoledì) potrebbero essere recepiti dal governo in un decreto legge, visto che la stagione estiva è ormai imminente e il settore chiede chiarezza, mentre molti Comuni hanno messo a gara nel concessioni e associazioni come Mare Libero dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato chiedono di disapplicare le proroghe. Di certo, fa notare un ministro, quella sentenza ha di fatto messo una “pietra tombale” sulle ipotesi di nuove proroghe. Ma per arrivare a un decreto va prima trovata la sintesi tra gli alleati.

Il dossier è in mano ai ministri Raffaele Fitto (Affari europei) e Matteo Salvini (Infrastrutture), e fra i due c’è disallineamento sulla strategia, come riconoscono anche nella maggioranza. Pure per questo motivo l’interlocuzione con Bruxelles non starebbe facendo, al momento, grandi passi avanti. Anche perché la Commissione Ue ritiene non esaustiva la mappatura con cui il tavolo tecnico di Palazzo Chigi ha definito “non scarsa” la risorsa spiaggia ritenendo di non dover applicare la Bolkestein. Ma restano resistenze, anche dentro FdI, ad abbandonare questa via.

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Bonaccini media sul Jobs act, ma riformisti in tensione

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Parola d’ordine: smussare. Il presidente del Pd Stefano Bonaccini, leader dei riformisti del partito, ha provato a mediare sul Jobs act, dopo che molti della sua area hanno definito “una forzatura” la decisione della segretaria Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil. “Evitiamo di schiacciare il dibattito su una iniziativa referendaria – ha detto Bonaccini – Ciascuno è libero di firmare o meno sugli specifici punti”. In vista delle europee, non c’è troppa voglia di alzare i toni, ma la minoranza del partito resta sul chi va là. Il sostegno della segretaria al referendum “mi sembra una cosa coerente con la storia politica di Elly Schlein – ha rilevato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, candidato per Bruxelles – Siccome firmare sarebbe totalmente incoerente con la mia storia politica, io sicuramente non firmerò”.

Non si è invece smarcato il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Se firmerò il referendum come ha fatto la segretaria del Pd Schlein? Ci sto pensando. Schlein ha lasciato libertà di decidere”. Ma crepe ci sono anche nel fronte di chi ha sostenuto la segretaria al congresso. Come il deputato ed ex ministro del lavoro Andrea Orlando: “Sto riflettendo se firmare per il referendum sul Jobs act. Francamente penso che i parlamentari possono anche esimersi. Le mani ci vanno messe e il Parlamento deve fare il proprio mestiere. C’è un mio disegno di legge per modificare la normativa”. Un clima non nuovo nel partito. “Il Pd fa i congressi e li fa davvero, discute e poi definisce una linea – ha assicurato Schlein – Questo non significa che non sia un partito plurale. Legittimamente altri non firmeranno il referendum sul jobs act. Non vedo un partito diviso e frammentato come tanti raccontano, ma un partito in grado di recuperare sei punti nei sondaggi. Il Pd è in buona salute”.

Insomma, anche il dibattito sul Jobs act restituisce il trambusto di un riequilibrio interno. Non è la prima volta che l’area di Orlando ha posizioni diverse da quelle di Schlein. E’ successo anche sul patto di stabilità: in Ue il Pd si è astenuto mentre Orlando aveva chiesto un voto contrario. E non è la prima volta che l’area di Bonaccini non appare allineata al suo leader. L’ultimo episodio è stato in direzione, sulla proposta di mettere il nome di Schlein nel simbolo per le europee. La illustrò Bonaccini, ma molti dei suoi dissero “no”. Stavolta Bonaccini ha provato a indicare la via d’uscita. O di fuga dalle sirene dei centristi: “Non ci schiacciamo su proposte che vengono da altri – ha detto il governatore dell’Emilia Romagna – Liberamente chi vuole nel Pd può firmare il referendum della Cgil, ma dobbiamo stare sulle battaglie che stiamo facendo in Parlamento, dove le opposizioni, e lo dico anche a Renzi, potrebbero trovare unità”. Schlein tira dritto: l’obiettivo è dare un’identità chiara al partito.

ù”Nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18″, il referendum “è un punto di ricucitura rispetto ad alcune scelte sbagliato del passato, che anche i nostri elettori non ritengono corrette”. Pd unito invece contro il premierato, a breve in Aula al Senato. La riforma non piace nemmeno all’area riformista anche extra dem. Un gruppo trasversale di costituzionalisti ha formulato due emendamenti per “migliorare” e “colmare alcune lacune” della riforma. Li hanno illustrati a Palazzo Madama Peppino Calderisi, Stefano Ceccanti, Gaetano Quagliariello, Nicola Drago, Claudia Mancina ed Enrico Morando.

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Mattarella, corsa alle armi divora risorse,serve la pace

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“Visioni ottocentesche e pulsioni di potenza” sono ancora presenti nel nostro pianeta e ritardano soluzioni politiche condivise alimentando i conflitti, mai così tanti dalla fine della seconda guerra mondiale. Sergio Mattarella parla alle Nazioni Unite, il foro principe del dialogo e del multilateralismo, e non nasconde le sue preoccupazioni per il riarmo generalizzato del pianeta che rende inpossibile la crescita. Non ci gira intorno il presidente della Repubblica e, aprendo aprendo i lavori dell’incontro su “Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile”, non nasconde la sua preoccupazione: “Pace e Sviluppo hanno destini incrociati. Non può esservi l’uno, senza l’altra. Viviamo in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della seconda guerra mondiale che divorano enormi risorse nella corsa agli armamenti, sottraendole allo sviluppo.

L’appello alla costruzione delle condizioni necessarie per la pace e per porre fine ai conflitti – aggiunge allarmato dal Palazzo di vetro – non potrebbe essere più necessario e urgente”. Un allarme accompagnato da un richiamo che parte dalla disinformazione che spadroneggia e condiziona le democrazie e dove è chiaro il riferimento alla Russia. Ma che può essere letto anche in chiave italiana dopo il Rapporto 2024 curato, come ogni anno, da Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa che vede l’Italia scivolare dal 41° al 46° posto. “Fronteggiamo oggi – spiega Mattarella da New York – un pericolo ulteriore che mina il rapporto di fiducia con le istituzioni e tra i Paesi, quello della disinformazione. E’ di venerdì scorso la Giornata mondiale per la libertà di stampa che ammonisce, ogni anno, sul valore della libertà d’informazione per il mantenimento della democrazia”. L’intervento del presidente alle Nazione Unite (poi interverrà all’Assemblea generale) è però tutto teso a sottolineare la necessità di rafforzare il ruolo dell’Onu, sottolineando l’importanza di fare passi avanti nello sviluppo sostenibile.

Ed anche in questo settore il capo dello Stato torna sui danni della guerra, di un riarmo cieco ed irrazionale, spiegando quanto ciò stia drammaticamente rallentando l’agenda internazionale sulla lotta ai cambiamenti climatici: “all’intensificarsi degli effetti negativi del cambiamento climatico si aggiunge il proliferare di drammatici conflitti che allontanano dal dare priorità all’agenda stessa. Le conseguenze sono disastrose: allo stato attuale solo una modestissima percentuale degli obiettivi dell’Agenda 2030 sarebbe raggiungibile nei tempi dati”, spiega Mattarella sottolineando che, nonostante i conflitti, “una decisa accelerazione verso il raggiungimento dei nostri obiettivi comuni appare imprescindibile”.

Naturalmente la richiesta accorata di “trovare e costruire strade per la pace” non significa certo per il Quirinale allentare l’aiuto all’Ucraina, ne’ tantomento un affievolimento dell’esatta percezione di dove si trovi l’aggressore e dove l’aggredito. Certo, la corsa forsennata e disordinata ad armarsi non è la strada giusta per il presidente che da sempre chiede una riorganizzazione della Difesa europea. Una visione organica e strutturata ben diversa dalle folli e dispendiose corse individuali agli armamenti. Resta, per Mattarella, l’Onu, “con tutte le sue difficoltà”, il luogo in cui “si incontra il mondo per cercare di convivere in modo sereno. “Siamo convinti che questo è il luogo in cui il mondo può trovare una sintesi positiva”, assicura ai funzionari italiani che lavorano per il Palazzo di vetro.

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