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Sei direttori di Residenze sanitarie assistite di Genova indagati: l’accusa è di epidemia colposa

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Dall’inizio della pandemia alla Residenza protetta Torriglia di Chiavari (Genova) si sono ammalati quasi tutti gli ospiti e quasi tutto il personale, tanto che alla fine sono stati chiamati i medici dell’esercito per gestire la situazione. Ed e’ anche da qui che e’ partita l’inchiesta per pandemia colposa della procura di Genova che oggi ha indagato sei direttori sanitari di altrettante Rsa: il direttore di quella di Chiavari, della Residenza Anni Azzurri Sacra Famiglia di Rivarolo, del Centro di riabilitazione, del Don Orione Paverano, della La Camandolina e della Residenza San Camillo. Questo mentre nella vicina Lombardia, nelle tre strutture che fanno capo al Pio Albergo Trivulzio di Milano, tra il primo maggio e ieri, si sono registrate altre 34 morti: 28 decessi a Milano, tra Pat e Principessa Jolanda e 6 a Merate (Lecco) all’Istituto Frisia. Nelle strutture genovesi, finite nel mirino della procura, il tasso di mortalita’, rispetto agli anni precedenti, e’ arrivato a oltre il 200% con oltre 20 anziani morti per struttura. Da queste evidenze, sulla base dello studio epidemiologico fatto dal pool di esperti incaricati dalla procura, si e’ deciso di perquisire le strutture. Carabinieri dei Nas e Guardia di finanza hanno acquisito documentazione cartacea e file dei computer per ricostruire cosa eventualmente non ha funzionato. “E’ una indagine ancora in corso – spiega una qualificata fonte investigativa – ma queste sei strutture erano quelle che avevano il dato piu’ macroscopico”. Oltre ai dati epidemiologici, gli inquirenti hanno analizzato una serie di esposti arrivati in tribunale nelle scorse settimane in cui si lamentava la scarsa o del tutto assente organizzazione nella gestione della pandemia. L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Pinto, sta cercando di fare chiarezza sulla gestione dei ricoveri, se siano state seguite le linee guida dettate dal ministero, se i pazienti infetti siano stati isolati, se siano state create stanze dedicate solo a pazienti Covid, se vi sia stata una separazione del personale. Nelle scorse settimane i Nas avevano fatto alcune ispezioni nelle strutture dove non si erano registrati contagi ed erano state sentite diverse persone anche per verificare quanto denunciato negli esposti. In alcuni casi, infatti, personale e familiari, avevano denunciato che i dirigenti avevano proibito l’uso dei Dpi per non spaventare gli utenti, in altri casi che non vi era stata una separazione dei reparti. Alcuni direttori avevano invece puntato il dito contro Alisa, l’agenzia regionale che gestisce la sanita’, dicendo che erano stati obbligati a tenere dentro i pazienti infetti per non intasare gli ospedali. “Siamo stati attentissimi – ha detto il direttore sanitario della La Camandolina, Paola Gastaldi – i protocolli di sicurezza sono stati seguiti. I tamponi sono stati fatti a tutti gli ospiti e operatori appena disponibili, la sierologia e’ stata fatta. Noi abbiamo seguito le indicazioni che ci ha dato Alisa, anche se a volte erano in contraddizione”.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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