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Coronavirus, da Pavia arrivano buone notizie sulla cura al plasma: è promettente

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/ Coronavirus: da Pavia cura plasma promettente

Funziona bene e costa poco: sta garantendo buoni risultati la plasmaterapia, che utilizza gli anticorpi nel plasma dei pazienti guariti dal nuovo coronavirus per curare le persone malate, sperimentata al San Matteo di Pavia, al servizio di immunoematologia e trasfusione diretto da Cesare Perotti. Negli Stati Uniti hanno preso spunto dal Policlinico pavese, adottando la terapia gia’ in oltre 4mila ospedali e su piu’ di 5mila malati. Nel frattempo nell’universita’ olandese di Utrecht e’ stato ottenuto un anticorpo monoclonale, progettato espressamente per combattere il virus SarsCoV2. Pierluigi Viale, componente dell’Unita’ di crisi regionale Covid-19 e direttore dell’unita’ operativa di Malattie infettive del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, e’ pero’ prudente: il plasma, spiega, e’ “una risorsa terapeutica importante ma i dati ancora scarsi non consentono di trarre conclusioni definitive” per cui per ora la Regione Emilia-Romagna sceglie di non utilizzare al momento questa terapia sui pazienti Covid-19. Anche la virologa Ilaria Capua invita alla prudenza: “La sperimentazione su plasma e’ un metodo antichissimo ma poi tale pratica e’ stata pratica medica e’ stata abbandonata perche’ e’ sempre un po’ una trasfusione di materiale biologico e quindi sempre un po’ a rischio. Benissimo la sperimentazione, ma con valutazione dei rischi”. Al Policlinico di Pavia e all’ospedale di Mantova, intanto, il “plasma iperimmune” e’ stato infuso in 52 pazienti di Covid-19 con esiti confortanti (a Mantova e’ guarita anche una donna incinta di 28 anni). Presto Perotti sara’ in grado di tracciare un primo bilancio significativo di questa prima fase di sperimentazione. “E’ una terapia che ha costi ridotti – osserva il primario del San Matteo – e sta fornendo esiti molto promettenti. Il plasma e’ gia’ stato utilizzato anche in passato, per la cura della Sars e dell’Ebola”. I donatori di plasma possono essere “i pazienti convalescenti guariti, e quando si parla di guarigione ci si riferisce solo a soggetti che hanno avuto due tamponi negativi effettuati in due giorni consecutivi. Nel plasma di queste persone si sono sviluppati anticorpi neutralizzanti in grado di combattere il virus”. Sono gia’ piu’ di 250 i pazienti guariti che si sono recati al San Matteo per donare il plasma. A Pavia si sta pensando anche di creare una “Banca del plasma” per conservare alcune sacche donate in vista di un’eventuale nuova ondata di contagi in autunno. La procedura non dura piu’ di 30-40 minuti: viene prelevato solo il plasma, attraverso un separatore cellulare, poi testato per verificare la sua capacita’, attraverso gli anticorpi, di uccidere il coronavirus. Il San Matteo, attraverso il suo protocollo, afferma Perotti, “puo’ svolgere il ruolo di ‘hub’ per tutti gli ospedali che vogliono aderire. Qui non sono in ballo interessi economici, ma solo la salute delle persone e la possibilita’ di salvare i malati piu’ gravi”. Al protocollo di plasmaterapia predisposto dal San Matteo hanno aderito per ora gli ospedali di Mantova, Lodi, Novara e l’Azienda ospedaliera universitaria di Padova. L’auspicio, visti i risultati, e’ che la plasmaterapia possa essere adottata su scala nazionale. E’ la strada gia’ seguita negli Stati Uniti, dove i primi risultati sono stati pubblicati sulle riviste Pnas e Jama: i 15 pazienti curati con il plasma, tutti portatori di una grave forma di coronavirus, sono guariti. La Food and Drug Administration (l’ente che si occupa negli Usa della regolamentazione dei farmaci) ha subito approvato la sperimentazione. Negli Stati Uniti la plasmaterapia viene utilizzata su pazienti gia’ dopo 4-5 giorni dall’insorgenza dei sintomi; il protocollo approvato dal San Matteo di Pavia prevede invece l’infusione del plasma iperimmune dopo 10 giorni. Nel frattempo l’anticorpo monoclonale messo a punto in Olanda e descritto sulla rivista Nature Communications ha dimostrato di saper neutralizzare sia il coronavirus del Covid-19, che quello della Sars e, secondo i ricercatori, ha buone possibilita’ di diventare un futuro farmaco anti Covid-19.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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