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Politica

Pressing delle Regioni del Nord per riaprire ma Conte è irremovibile: prima del 4 maggio non cambia nulla

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La riapertura dal 4 maggio di aziende e uffici, con una forte dose di smart working, orari scaglionati e autobus a ingresso limitato. E un primo parziale allentamento del “lockdown” con spostamenti di lavoratori e riapertura dei parchi ma senza un’apertura indiscriminata di bar e negozi. Si tratta di un primo orientamento, quello che emerge da una serie di riunioni tra il premier Giuseppe Conte, numerosi ministri, il capo della task force per la “fase 2” Vittorio Colao e alcuni rappresentanti del comitato tecnico scientifico. Il premier ferma fughe in avanti: non ci saranno riaperture, spiega, prima del 4 maggio. Decisive per la ripartenza sono le Regioni: non si puo’ riaprire – dicono dal governo – senza che tenga la rete sanitaria, anche attraverso Covid Hospital e centri per la quarantena, o si rischia un ritorno del contagio. E’ fortissimo il pressing di Confindustria e Regioni per far ripartire alcune filiere come moda ed edilizia dal 27 aprile ma il governo frena. Ai rappresentanti di Regioni e Comuni, che vede in serata, il premier torna a chiedere collaborazione: basta fughe in avanti, basta annunci e pressing per riaperture accelerate. Se la “fase 2” sara’, come dice il ministro Peppe Provenzano, non un ritorno alla normalita’ ma “una lunga transizione”, e’ su linee guida nazionali che vuole lavorare il governo. “Non ci sono dieci, cento, mille exit strategy” ma una sola, dice da Bruxelles anche Paolo Gentiloni. Ma e’ chiaro che i territori sono il punto di tenuta.

E non aiuta la cacofonia di voci dei presidenti da chi come Luca Zaia che chiede di “allentare subito tutto” a Vincenzo De Luca pronto a ribadire che c’e’ “la quarantena per chi arriva in Campania da zone a rischio”. Tra le ipotesi per una riapertura a step ci sono anche macroaree di rischio, “zone rosse” e stop agli spostamenti tra le regioni.

Ma c’e’ chi come Giovanni Toti definisce la chiusura delle Regioni “incompatibile con la ripresa economica”. Ed e’ in effetti su linee nazionali e un riavvio graduale del motore che ragiona il governo. Lo chiedono le stesse Regioni, con Stefano Bonaccini, concordando con il premier e ministri come Francesco Boccia. Ma l’avvertenza e’ che specificita’ per alcune aree potrebbero esserci e dipendera’ anche da quanto le Regioni sono pronte ad assicurare la tenuta sul piano sanitario per accompagnare la ripartenza. Di come ripartire dal 4 maggio Conte parla prima con i capi delegazione: si va da Iv che con Teresa Bellanova annuncia anche la possibilita’ di spostarsi per andare a coltivare gli orti, a Roberto Speranza che continua a mettere in cima a tutte le priorita’ la tutela della Salute.

Stefano Bonaccini. Il presidente dell’Emilia è il presidente delle Regioni e prova a mediare con Conte

Poi si collega in videoconferenza il capo della task force Vittorio Colao, il presidente Iss Silvio Brusaferro e il presidente del Css Franco Locatelli, insieme a ministri come Stefano Patuanelli. Colao spiega come si sta muovendo la sua commissione, a partire dalle attivita’ produttive e dalla problematica dei trasporti. L’idea e’ permettere a tutte di ripartire, con protocolli e misure di sicurezza, dal 4 maggio, e poi pian piano allentare le limitazioni per i cittadini: i lavoratori, con fasce orarie spalmate per evitare affollamenti, potranno spostarsi, i bambini potranno tornare nei parchi. Ma potrebbero esserci regole piu’ severe per gli anziani. E maggiori tutele per i piu’ deboli. Si potra’ andare a fare jogging da soli ma e’ difficile, viste le contrarieta’ nel governo, che i bar e ristoranti riaprano il 4: se ne potrebbe riparlare piu’ avanti. Il pressing sulla ripartenza delle aziende pero’ e’ molto forte. E Confindustria lancia l’allarme: il 43,7% delle imprese affronta problemi gravi e secondo un sondaggio gli imprenditori si sentono disarmati e arresi a ricorrere alla cassa integrazione. L’Emilia Romagna presenta al governo un piano per la ripresa per filiere produttive, fra cui automotive, moda, nautica e offshore, per salvaguardare l’export. E poi edilizia e costruzioni. Le Regioni, rappresentate nella task force da Bonaccini, Fontana e Musumeci, in un documento chiedono espressamente che le filiere ripartano dal 27 aprile. Sarebbero a favore nel governo non solo Iv ma anche ministri come Provenzano. Ma per ora la prudenza e’ massima e si escludono via libera prima del 4 maggio.

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Napoli

De Luca: Manfredi smentisca consulenze a docenti Federico II

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Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, chiede al commissario di Bagnoli, vale a dire il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, di smentire quanto “sostengono gli esponenti di Fratelli d’Italia di Napoli in merito alle consulenze a docenti della Federico II”. “Io suggerirei al commissario di smentire queste illazioni oppure di fornire l’elenco delle consulenze date a docenti della Federico II per stroncare e bloccare eventuali speculazioni”, ha sottolineato De Luca.

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In Evidenza

Ancora un Commissario: per il granchio blu e per la peste suina

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Parola mantenuta sul decreto di sostegno all’agricoltura preannunciato, a metà marzo a Roma, dal ministro Francesco Lollobrigida alla Conferenza organizzativa della Cia-Agricoltori Italiani, e frutto della collaborazione di più ministeri, – a partire da Difesa, Ambiente, Salute, Turismo – , nonché di ulteriori confronti con tutte le organizzazioni di rappresentanza del settore primario. Oggi ha preso forma in dodici articoli e verrà presentato la prossima settimana in Consiglio dei ministri. Al traguardo di un working in progress reso noto in più occasioni dallo stesso ministro Lollobrigida, ma senza fornire i dettagli sulle misure di aiuto “per rispetto – ha detto – del Cdm dove verrà discusso”. L’obiettivo dichiarato, durante la 75/ma assemblea di Fruitimprese, è quello di affrontare non solo le situazioni critiche ma anche per mettere in campo una strategia volta a migliorare i controlli del settore e altre questioni che riguardano “un mondo che deve essere protetto, salvaguardato e promosso”, ha sottolineato Lollobrigida.

Stando all’ultima bozza del provvedimento, il dl Agricoltura di prossimo varo prevede aiuti alle imprese danneggiate dalla guerra in Ucraina ma anche dal proliferare del granchio blu per cui arriva un commissario straordinario nazionale in carica fino al 2026, o per i produttori colpiti dalla “moria dei kiwi”, oltre a nuovi interventi per arginare la peste suina e il rafforzamento del contrasto alle pratiche sleali. E per limitare l’uso del suolo agricolo si dispone che “le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”. La società “Sistema informatico nazionale per lo sviluppo dell’Agricoltura – Sin Spa” viene incorporata nell’Agenzia per le erogazione in Agricoltura, Agea.

Inoltre per far fronte alla complessa situazione epidemiologica derivante dalla diffusione delle Peste suina africana (Psa) i piani di contrasto al proliferare dei cinghiali lungo l’intera Penisola verranno attuati anche mediante il personale delle Forze armate, previa frequenza di specifici corsi di formazione e mediante l’utilizzo di idoneo equipaggiamento. Sarà coinvolto un contingente di massimo 177 unità, e per un periodo non superiore a 12 mesi, con spese a carico, viene precisato nel testo, del Commissario straordinario preposto al contrasto Psa.

Il decreto guarda anche al settore pesca e dell’acquacoltura per contenere gli effetti della crisi economica conseguente alla diffusione del granchio blu. Le imprese della comparto che nel 2023 hanno subito una riduzione del volume d’affari, pari almeno al 20 per cento rispetto all’anno precedente, previa autocertificazione potranno avvalersi della sospensione per 12 mesi delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale, cambiali agrarie comprese. “In questo provvedimento – ha sottolineato Lollobrigida uscendo da Palazzo Chigi – ci saranno alcune delle cose che avevamo garantito. Sul granchio blu abbiamo fatto molto, e bisogna fare ancora di più: bisogna avere una strategia di carattere italiano ed europeo non solo per arginare i danni che vengono provocati ma anche per trovare una soluzione definitiva”.

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Politica

Pichetto: norme per il nucleare entro la legislatura

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Entro questa legislatura, il governo Meloni vuole varare tutta la normativa necessaria per reintrodurre il nucleare in Italia. Questo perché i primi reattori a fissione di 4/a generazione, quelli su cui punta l’esecutivo, dovrebbero andare in produzione alla fine del decennio. E per quella data, il governo vuole avere pronto il quadro giuridico per installarli e farli funzionare. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha annunciato i suoi obiettivi in una intervista a Radio 24. Alla domanda del giornalista se entro la legislatura potrà essere cambiato il quadro legislativo sul nucleare, Pichetto ha risposto “sì. Io ce la metto tutta. Questo è il mandato del governo e del Parlamento”.

Il ministro ha spiegato più volte che non vuole tornare alle grandi centrali, come in Francia, ma puntare sugli “small modular reactors”, il nucleare di 4/a generazione: in pratica, motori di sommergibili chiusi dentro cilindri di metallo, economici e facili da costruire e da gestire. Quattro moduli da 100 megawatt, installati insieme, forniscono l’elettricità di una centrale a gas. Secondo Pichetto, potrebbero essere direttamente i consorzi industriali a farsi la “loro” centrale. Ma i tempi per avere i piccoli reattori modulari, ha spiegato oggi il ministro, “sono 2, 3, 4 anni, il prodotto non c’è ancora.

Si parla di avere le condizioni di produzione di questi piccoli reattori alla fine di questo decennio. Vuol dire che in questa legislatura dobbiamo avere tutto a posto” dal punto di vista giuridico. Pichetto il 27 aprile ha incaricato il giurista Giovanni Guzzetta di di costituire un gruppo di lavoro per ridisegnare tutta la normativa sul nucleare in Italia, in vista del ritorno delle centrali atomiche nel nostro paese. La questione non è secondaria.

Dopo l’abbandono del nucleare nel 1987, nel nostro Paese non c’è più una disciplina sulle autorizzazioni degli impianti e sul loro funzionamento. E non ci sono neppure le fondamentali normative sulla sicurezza. Senza leggi e regolamenti, non si possono riaprire le centrali. Il ceo di Newcleo, la principale società italiana per il nucleare, Stefano Buono, giorni fa fa ha dichiarato che “se il quadro normativo verrà stabilito rapidamente, potremmo prevedere di dispiegare i primi Small Modular Reactors in Italia entro il 2033”. Ma il rinnovo delle regole non è l’unico problema.

Gli italiani hanno detto no al nucleare due volte, con i referendum del 1987 e del 2011. Il governo sostiene che questi no non sono più validi, perché si riferiscono alle grandi centrali di 3/a generazione, e non agli small modular reactors. Ma l’opposizione all’atomo resta forte nel Paese: l’opposizione di sinistra è contraria, e così gli ambientalisti, convinti che il nucleare sia inutile e costoso, e che occorra invece puntare sulle rinnovabili. In caso di ritorno all’atomo, un nuovo referendum è un’ipotesi tutt’altro che improbabile, e dall’esito incerto. E poi c’è la questione del deposito nazionale delle scorie nucleari, mai realizzato da decenni, per le fortissime opposizioni popolari. Pichetto ha detto che punta a individuare il sito entro la legislatura, fra le 51 ipotesi individuate dalla Sogin (la società pubblica per lo smantellamento delle centrali), in Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna.

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