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5G e ius soli tra i nodi per Conte, Pd chiede una nuova agenda

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Servira’ probabilmente un vertice, per definire la “nuova agenda” del governo. L’incontro non e’ stato fissato ma lo auspica il Pd, per capire come si possa cambiare passo. I Dem hanno gia’ squadernato le loro priorita’, dalla modifica dei decreti sicurezza alla richiesta del Mes. Ma sulla loro via hanno trovato le fibrillazioni del Movimento 5 stelle, che rischiano di minare ogni dossier. Per trovare una visione comune dalla sicurezza al Recovery fund, bisogna saldare l’alleanza politica tra i partiti di governo, e’ convinto Nicola Zingaretti. La pensa cosi’ anche Roberto Speranza. E sono disposti – lo e’ anche Matteo Renzi – a concedere al M5s un po’ di tempo per gestire gli smottamenti interni e avviare gli stati generali. Ma al premier Giuseppe Conte, dicono Dem e renziani, spetta il compito di trovare la via per dare il segno di una nuova fase. Perche’ se e’ vero che finora nessuno gli ha chiesto un rimpasto e che Zingaretti ha scelto di non procedere per ultimatum, e’ anche vero che il Pd, dopo aver messo in sicurezza il governo, chiede le prime risposte. Il presidente del Consiglio sceglie di ripartire da un tema delicato e divisivo per la maggioranza come il 5G, anche in vista della visita in Italia del segretario di Stato americano Mike Pompeo. Convoca dieci ministri a Palazzo Chigi per avviare una discussione che non dovrebbe esaurirsi con un solo vertice ma proseguire nei prossimi giorni. E’ una discussione che riguarda il ruolo di Huawei in Italia – anche tenendo conto della cornice europea – ma anche l’infrastruttura delle telecomunicazioni con il progetto della rete unica. Sul 5G il ministro Enzo Amendola, per il Pd, ha sollecitato attenzione al tema della “sicurezza nazionale”, che non vuol dire, ha sottolineato, “essere anti-cinesi”. Ma nel M5s le posizioni sono piu’ sfumate e sul come intervenire, cosi’ come sullo spazio da dare ai privati nel progetto della rete unica, manca un’identita’ di vedute. I Cinque stelle frenano anche su un altro tema caro al Pd e messo in campo dallo stesso Conte, come quello dello ius culturae. Il premier, anche alla luce della vicenda Suarez, auspica un intervento del Parlamento. E Zingaretti coglie l’assist: “Combatteremo per ottenere i voti, lo chiediamo da tempo e mi auguro che la legge possa essere calendarizzata presto”. Ma dal M5s, a microfoni spenti, piu’ di un esponente di governo esprime una convinzione, gia’ espressa due mesi fa dal capo politico Vito Crimi: “Non e’ il momento di parlarne, ci sono altre priorita’”. La realta’ e’ che il tema della cittadinanza divide i pentastellati, tra chi vorrebbe un intervento spinto (cittadinanza a chi nasce in Italia, con lo ius soli), chi potrebbe aprire a un intervento moderato (cittadinanza a chi studia in Italia, con lo ius culturae) e chi proprio non vuole sentirne parlare. Il pallino in Parlamento ce l’ha il presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia, che e’ vicino a Roberto Fico ed e’ a favore della legge: le audizioni sul tema si sono concluse a inizio anno, ma ancora il testo base non e’ stato presentato. Mancano le condizioni politiche, sintetizza un dirigente pentastellato, finche’ non si sara’ conclusa la battaglia per la leadership dentro il Movimento. Italia viva avrebbe voluto inserire lo ius culturae nel provvedimento che modifichera’ i decreti sicurezza di Salvini, ma si e’ optato per una soluzione “soft”: la riduzione da 48 a 36 mesi dei termini obbligatori per riconoscere la cittadinanza italiana. Quel testo dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri subito dopo la Nota di aggiornamento al Def. Ma una convocazione ancora non c’e’ e il premier Conte rinvia a un esame tecnico da compiere sulle bozze che recepiscono l’intesa raggiunta nella maggioranza a fine luglio. Il timore e’ che nel Movimento qualcuno si metta di traverso e che l’approdo in Cdm del provvedimento slitti fin dopo i ballottaggi per le comunali. Tutto bene? Non proprio, dalla prospettiva dei Dem. E’ vero che ora non ci sono i numeri in Parlamento ed e’ giusto concedere qualche giorno ai Cinque stelle. Ma anche sul Mes la richiesta a Conte e’ di prendere una decisione. “Sono agnostico, non accetto veti”, dice il premier. Quei fondi pero’ servono, insiste Zingaretti. E’ vero che al Senato rischiano di mancare i numeri ma quei fondi servono per la manovra e una decisione andra’ presa in tempo, dice un dirigente renziano. E aggiunge che negli ultimi tempi si sono fatti piu’ frequenti i contatti tra Zingaretti, Di Maio e Matteo Renzi. Un asse che, secondo la stessa fonte, potrebbe farsi sempre piu’ evidente nelle prossime settimane. Prima pero’, e’ la doverosa premessa, bisogna vedere come va a finire la partita nel M5s.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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