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42 anni senza Piersanti Mattarella, l’uomo delle carte in regola

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Dopo 42 anni Palermo ricorda Piersanti Mattarella, l’uomo che come presidente della Regione guidava in Sicilia la stagione del rinnovamento politico e delle “carte in regola” ucciso mentre si recava a messa con la famiglia. Uno scatto della fotoreporter Letizia Battaglia riprende Sergio Mattarella, il capo dello Stato che sta per concludere il suo mandato, mentre cerca di soccorrere il fratello agonizzante. In quel luogo diventato simbolo del riscatto civile anche oggi una breve e semplice cerimonia, a cui hanno partecipato i familiari dell’ex presidente della Regione, ha rinnovato il dolore per quello che venne subito definito come il piu’ grave delitto politico del Paese dopo quello di Aldo Moro. Gli uomini della cupola mafiosa, tra cui Toto’ Riina e Bernardo Provenzano, sono stati condannati come mandanti. Ma il sicario dallo sguardo glaciale che quella mattina del 6 gennaio 1980 fece fuoco in via Liberta’ non e’ stato mai individuato. La sua figura ha alimentato a lungo l’ipotesi di un collegamento operativo tra la mafia e l’eversione neofascista al quale aveva creduto per primo Giovanni Falcone. A spingere l’inchiesta in quella direzione era stata nella prima fase la moglie di Piersanti Mattarella: al sicario aveva dato il volto di Giusva Fioravanti, che pero’ era stato poi assolto assieme al presunto complice Gilberto Cavallini. Quattro anni fa l’inchiesta ha ripreso il filone del neofascismo e ha cercato di trovare una nuova prova attraverso l’esame comparativo dei proiettili esplosi per uccidere Mattarella e il giudice romano Mario Amato. L’ipotesi che fosse stata usata la stessa pistola non si puo’ ormai verificare. Il deperimento materiale dei reperti e dei proiettili rende inaffidabile l’esame. Questo era chiaro gia’ due anni fa e per questo l’inchiesta sulla pista nera e’ destinata a essere archiviata. “Resta a noi familiari l’amarezza di non avere avuto la verita’ piena sulla morte di mio nonno”, ha commentato il nipote di Piersanti Mattarella, Andrea. E’ chiaro invece il contesto nel quale il caso Mattarella si iscrive. Falcone lo aveva collegato ad altri due delitti “politici”. Ne furono vittime nel 1979 il segretario della Dc palermitana Michele Reina e nel 1982 il segretario regionale del Pci Pio La Torre. Anche loro, come Mattarella, portavano avanti un’azione di rinnovamento morale della politica in Sicilia. E’ quello che sottolineano i ricordi e i commenti di un ampio fronte della politica dalla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, al presidente della Camera, Roberto Fico, dal presidente della Regione Nello Musumeci al leader del M5s Giuseppe Conte fino al segretario regionale del Pd Antony Barabagallo. Per il sindaco Leoluca Orlando, che di Mattarella era consulente giuridico, la mancanza di verita’ e di giustizia sugli esecutori materiali dell’agguato e’ “una ferita ancora aperta”. Quel delitto, secondo Orlando, e’ un “passaggio di straordinaria importanza per comprendere la rete di complicita’ nazionali e internazionali che stanno dietro a questo terribile omicidio che costituisce l’attacco piu’ alto nei confronti del piu’ alto esponente istituzionale ucciso dalla mafia”.

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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