La vittoria, per l’Ucraina, passa dalla “riconquista” della Crimea. Alla viglia della festa per l’indipendenza dell’Ucraina, che cade il 24 agosto (peraltro nello stesso giorno in cui si contano sei mesi di guerra), il presidente Volodymyr Zelensky infrange il tabu’ del Cremlino, quel ritorno a casa della penisola annessa dalla Russia nel 2014 che Vladimir Putin considera come un assalto alla madrepatria. Uno scatto d’orgoglio, certo. Ma forse pure qualcosa di piu’, visti i recenti attacchi a basi e infrastrutture russe dislocate in Crimea. Insomma, mentre a Mosca pezzi da novanta del regime di Putin sfilano al funerale di Darya Dugina, a Kiev va in scena il secondo summit della Piattaforma per la Crimea, iniziativa lanciata l’anno scorso da Zelensky per sensibilizzare la comunita’ internazionale a non abbandonare la penisola al suo destino di occupazione russa. Un anno fa, missione quasi impossibile. Oggi, invece, suona tutt’altra musica. Sul palco, seppure virtualmente, si sono alternati oltre 40 tra premier e capi di Stato, tra cui Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Justin Trudeau, Mario Draghi e i vertici dell’Unione Europea. Il presidente polacco Andrei Duda ha invece sfidato i timori dello stesso governo ucraino, che ha vietato eventi di massa nella capitale fino a giovedi’ per paura di massicci attacchi missilistici russi, e si e’ recato di persona a Kiev. “La Crimea e’ ucraina e tornera’ a far parte dell’Ucraina, come Rotterdam e’ parte dell’Olanda o Nizza e’ parte della Francia”, ha detto Duda. “Dopo i crimini di Bucha e la distruzione del Paese, Mosca non solo deve arretrare ai confini pre 24 febbraio ma deve riconoscere il diritto dell’Ucraina di tornare alle frontiere internazionalmente riconosciute”, ha rincarato la dose assicurando che la Polonia “restera’ per sempre al fianco dell’Ucraina”. La questione della penisola contesa e’ tra le piu’ spinose e spesso e’ stata citata come il possibile punto di caduta che potrebbe portare Mosca al tavolo dei negoziati. Scholz e Macron sono stati piu’ sfumati di Duda: hanno ribadito che Germania e Francia non riconoscono l’annessione della Crimea ma sono stati molto vaghi sul suo futuro. Un po’ come il segretario di Stato Usa Antony Blinken, secondo cui “la Crimea e’ Ucraina”, e il leader turco Erdogan, per il quale “la restituzione della Crimea all’Ucraina, di cui e’ una parte inseparabile, e’ essenzialmente un requisito del diritto internazionale”. Draghiinvece ha usato parole piu’ nette, sostenendo che “la lotta per la Crimea fa parte della lotta per la liberazione dell’Ucraina”. E infatti la lotta va avanti. Zelensky ha giurato che se il Cremlino attacchera’ proprio nel giorno dell’indipendenza il governo rispondera’ e sara’ una risposta “potente”. A Dnipro, nel mentre, le bombe gia’ cadono e, stando al sindaco della citta’, sono state colpite aree residenziali. L’esercito ucraino dal canto suo mette a frutto gli armamenti ricevuti e per “la prima volta” dall’inizio delle ostilita’, ovvero dal 2014, ha colpito il palazzo dell’amministrazione filorussa di Donetsk con “pesanti e precisi colpi d’artiglieria” (lo sostiene il nazionalista russo Igor ‘Strelkov’ Girkin). Tre civili sarebbero rimasti uccisi e anche l’hotel Tsentral, spesso scelto dai giornalisti e dai funzionari, e’ rimasto danneggiato. La tensione, dunque, se possibile sta salendo ancora di piu’. A Mosca si moltiplicano le richieste di politici e propagandisti di “colpire i centri decisionali” in Ucraina e cosi’, a Kiev, molti civili stanno cogliendo la palla al balzo e stanno lasciando la capitale in vista del ponte. Intanto il capo dell’Agenzia Atomica Internazionale, Rafael Grossi, ha annunciato che guidera’ personalmente la missione d’ispezione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, in partenza “a giorni, non settimane”. Le reali condizioni del piu’ grande impianto atomico d’Europa sono sconosciute e l’accordo raggiunto con l’Aiea e’ una delle poche tregue siglate sinora fra Russia e Ucraina. Ma ogni cosa ora resta appesa a un filo.