A Bruxelles esiste una ‘bolla’. Si usa nel gergo degli addetti ai lavori per riferirsi a chi vive e si nutre di Unione Europea, dentro e fuori dai palazzi del potere. Ecco, oggi sulla capitale belga si è abbattuto un ciclone, il ciclone Zelensky, e la bolla ricorderà a lungo questa giornata. Il presidente ucraino, infatti, ha fatto il giro delle istituzioni Ue e ai 27 leader riuniti al Consiglio ha detto che deve tornare a casa con dei “risultati”.
Perché le belle parole vanno bene ma fino a un certo punto. Le armi sono in cima alla lista. “Ho registrato la disponibilità a fornirci i mezzi che ci servono, compresi i caccia”, ha dichiarato Zelensky, precisando però di non voler rivelare troppi dettagli “pubblicamente”. È una trama molto elaborata quella di Zelensky, costruita tra Londra Parigi e Bruxelles negli ultimi giorni. Il leader ucraino ha definito l’incontro con Emmanuel Macron e Olaf Scholz “positivo e potente” e dovrebbe portare al “rafforzamento delle forniture militari”.
Stessa storia per la tappa in Gran Bretagna, che avrebbe dato i frutti sperati (peraltro i caccia richiesti, i Tornado e i Typhoon, devono ricevere l’ok dell’Italia per la riesportazione) benché Londra sottolinei che una decisione in merito non sia ancora stata presa. La questione militare è stata affrontata anche nella nota emessa in tandem con il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. “È essenziale – si legge – che l’Ue e tutti i partner intensifichino il sostegno militare, soprattutto ora che i rischi di una nuova offensiva russa sono in aumento”.
Non solo. Il tutto deve avvenire “rapidamente”. Insomma, i segnali di un’accelerazione ci sono. La maratona di bilaterali (di gruppo) a cui Zelensky e il suo staff si sono sottoposti dopo l’intervento al Consiglio – il primo in presenza da quando è scoppiata la guerra – erano apertamente dedicati alle armi. Non esclusivamente, ovvio. Sul tavolo Zelensky ha portato altri dossier, come la formula di pace e il processo di adesione all’Ue. Ma non ci sono dubbi quale sia l’obiettivo primario di Kiev in questo momento.
Al Parlamento Europeo il presidente ucraino ha d’altronde incassato un vero e proprio tripudio. Applausi e standing ovation nell’emiciclo, dipendenti e funzionari accalcati sui ballatoi pur di vederlo dal vivo. “Gloria all’Ucraina”, ha esordito come d’abitudine affrontando gli eurodeputati. E una porzione dell’aula gli ha risposto a tono, come si fa in patria: “Gloria agli eroi!”. Zelensky ha abbassato il capo e poi ha ricacciato a fatica le lacrime.
“Sono qui per ringraziare i cittadini europei per il loro aiuto e sostegno, perché la nostra è una battaglia comune e sì, ci sono i politici, ma poi ci siamo noi, ognuno di noi”. E giù il battimani. “L’Ucraina è Europa e il futuro della vostra nazione è nell’Unione Europea”, ha decretato la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola, omaggiata da Zelensky con la prima tappa della giornata perché, a suo tempo, fu la prima tra i vertici Ue a recarsi a Kiev. Il tema dell’adesione resta però spinoso. Perché non tutti gli Stati membri sono aperti all’idea di un percorso preferenziale per l’Ucraina, al di là delle lodi sperticate di Michel e Ursula von der Leyen “sui progressi impressionanti” fatti da Kiev sui compiti a casa chiesti dalla Commissione.
“Quando dico che abbiamo bisogno di aprire i negoziati quest’anno, intendo il 2023: forse chiediamo troppo ma ci serve per motivare i nostri soldati”, ha ribadito Zelensky in modo molto netto al fianco di Michel e von der Leyen. “Farò il possibile per raggiungere l’unanimità al Consiglio”, ha promesso Michel in risposta. Ma, appunto, il boccino è nelle mani dei Paesi. Come, del resto, lo è per le armi. “Noi come Ue faremo di più, sugli aiuti, sulle sanzioni, sul sostegno finanziario ma la messa a disposizione di capacità militare resta a capo degli Stati membri”, ha ricordato la presidente della Commissione. Kiev sul punto è però galvanizzata. “La questione della fornitura di armi a lungo raggio e jet è stata risolta, dettagli a breve”, ha assicurato Andrey Yermak, capo dell’ufficio presidenziale ucraino, nella delegazione di Zelensky. Parole non diverse le ha usate il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, anche lui a Bruxelles: “I tank i missili e i caccia arriveranno”. La palla ora probabilmente passa al gruppo di Ramstein a guida Usa, che si riunirà al quartier generale della Nato la settimana prossima. (