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Zelensky all’Onu: una nuova Norimberga contro i russi

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Un tribunale sul modello di Norimberga che processi la Russia per i crimini di guerra commessi in Ucraina. Lo ha chiesto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo infuocato intervento al Consiglio di sicurezza dell’Onu dove, ancora una volta, ha ricordato al mondo che Mosca e i suoi generali stanno commettendo violenze atroci contro civili innocenti e ha bacchettato l’organizzazione internazionale per essere poco incisiva. Nel videomessaggio a New York Zelensky, questa volta in camicia e non in maglietta verde militare, e’ apparso sempre piu’ provato. Ma non meno combattivo. “Dove sono le garanzie che deve dare l’Onu? Dov’e’ la pace che il Consiglio di sicurezza deve costruire?”, ha esordito il leader ucraino gelando i membri del Consiglio di sicurezza seduti attorno al semicerchio. “Il proposito di questa organizzazione e’ garantire la pace”, ha affondato Zelensky che piu’ volte nel suo discorso ha invocato una riforma dell’organismo. Soprattutto ha chiesto che la Russia ne sia rimossa, affinche’ non possa piu’ esercitare il suo diritto di veto sulle risoluzioni che condannano le sue aggressioni: “Altrimenti potete anche chiudere”, ha incalzato polemico. Zelensky ha parlato di “atti terroristici” come quelli commessi dall’Isis, accusando Mosca di voler “distruggere sistematicamente ogni diversita’ etnica e religiosa”, di fucilare i civili per strada e nelle loro case “per il loro piacere”, stuprare donne, deportare bambini. Un elenco degli orrori raccontati anche in un video shock mostrato da Zelensky alle Nazioni Unite, con le immagini agghiaccianti di “tante Bucha”. Ed evocati qualche ora dopo anche al parlamento spagnolo con la citazione del manifesto per eccellenza delle atrocita’ di ogni guerra, il celebre ‘Guernica’ di Picasso. “Siamo nell’aprile 2022, ma sembra di essere nell’aprile 1937, quando il mondo ha saputo quello che era successo in una delle vostre citta’, Guernica”, ha scandito Zelensky nel suo messaggio a Madrid. Oggi come allora i “crimini di guerra commessi dalla Russia” devono essere giudicati da un tribunale sul modello di quello di Norimberga che mise alla sbarra i nazisti dopo la Seconda guerra mondiale. “Chiunque abbia dato ordini criminali e chiunque li abbia attuati uccidendo la nostra gente deve essere portato davanti a un tribunale sul modello di Norimberga”, ha detto il leader ucraino senza mai nominare direttamente Vladimir Putin. Forse per tenere ancora una porta aperta a quei colloqui con il capo del Cremlino che sembrano tuttavia sempre piu’ lontani. Zelensky ha ribadito che dopo gli orrori di Bucha la strada dei negoziati si fa piu’ ardua, mentre Mosca, per bocca del ministro degli Esteri Lavrov, ha accusato Kiev di volerli boicottare con le “fake news” sulla strage di civili nella citta’. Il paragone tra le forze russe e gli squadroni di Hitler non e’ piaciuto all’inviato della Russia all’Onu, Vasily Nebenzya, che ha parlato al Consiglio dopo Zelensky. “In Ucraina ci sono i nazisti che uccidono non solo soldati e prigionieri russi ma anche la loro gente”, ha ribattuto in un intervento intriso della solita propaganda russa, continuando a sostenere che delle atrocita’ compiute dalla Russia non ci sono prove e spingendosi persino a dichiarare che a Bucha “non e’ stato fatto del male a nessun civile”. Una posizione difficilmente difendibile di fronte ai tanti rapporti credibili sulle brutalita’ commesse in Ucraina dalle truppe di Putin che ogni giorno arrivano sulla scrivanie dell’intelligence occidentale. Una “montagna di prove” che, per l’inviata americana alle Nazioni Uniti Linda Linda Thomas-Greenfield, mettono a nudo le atrocita’ commesse dalle truppe russe. Sul tema dei crimini di guerra – e non solo – continua a rimanere neutrale la Cina, che non ha condannato Mosca ma ha chiesto un’indagine indipendente sui fatti di Bucha. L’inviato di Pechino all’Onu, Zhang Jun, ha definito “inquietanti” le immagini che arrivano dalla citta’ chiedendo tuttavia di “non strumentalizzare le questioni umanitarie”.

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Guterres: Italia pilastro fondamentale multilateralismo

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“L’Italia è un pilastro fondamentale del multilateralismo e un partner esemplare delle Nazioni Unite. In ogni area delle nostre attività l’Italia è sempre presente, nelle operazioni di peacekeeping, nello sviluppo sostenibile, nella protezione climatica, nei diritti umani. E’ molto importante dirlo nel momento in cui l’Italia assume la presidenza del G7” ha spiegato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres incontrando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita al Palazzo di vetro.

“Questo paese – ha proseguito Guterres – è sempre stato un ponte tra nord e sud, un ponte che ora è più necessario che mai, quando si vive in un mondo dove le divisioni geopolitiche hanno creato tante difficolta’ in tutte le aree”. “E’ molto importante avere l’Italia alla guida del G7 – ha continuato – ed essere in grado di raggiungere le riforme della nostra istituzione multilaterale che non rappresenta più la realtà del mondo moderno”.

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Gaza: media, bilancio attacchi Israele su Rafah sale a 8 morti

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L’agenzia di stampa palestinese Wafa afferma che è salito ad almeno otto morti e diversi feriti il bilancio degli ultimi attacchi israeliani sulla città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.

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Hamas accetta l’accordo ma Israele bombarda Rafah

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Hamas ha accettato, in extremis, la proposta di Egitto e Qatar per un accordo con Israele sul cessate il fuoco. Forse nell’ultimo, disperato tentativo di fermare l’irruzione dei soldati israeliani a Rafah, dove in mattinata era scattato l’ordine di evacuazione di un centinaio di migliaia di civili già stremati da sei mesi di guerra.

Ma lo Stato ebraico per ora frena, e anzi ha aumentato la pressione militare sulla città al confine egiziano con “attacchi mirati”, aerei e di artiglieria, nella parte orientale della città al sud della Striscia, mentre fonti palestinesi hanno riferito di “un improvviso ingresso via terra” nell’est. In serata, il gabinetto di guerra ha infatti “deciso all’unanimità di continuare la sua operazione a Rafah”, e al tempo stesso di inviare una delegazione al Cairo martedì per continuare ad “esplorare la possibilità di raggiungere un accordo a condizioni accettabili”. Anche il presidente americano Joe Biden ha cercato ancora una volta di convincere il premier Benyamin Netanyahu a non invadere la città, insistendo sul fatto che raggiungere un’intesa per un cessate il fuoco è il modo migliore per proteggere la vita degli ostaggi. Poi l’annuncio di Hamas, giunto dopo la telefonata tra i due leader.

“Adesso la palla è nel campo di Israele”, ha detto un esponente di Hamas dopo che il leader Ismail Haniyeh ha informato il premier del Qatar Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani e il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel – e l’Iran – di aver “accettato” la loro proposta di mediazione. Secondo fonti della fazione palestinese, riportate dai media arabi, l’accordo sulla tregua prevede tre fasi di sei settimane ciascuna con l’obiettivo del cessate il fuoco permanente, il ritiro completo dell’Idf dalla Striscia, il ritorno degli sfollati al nord e lo scambio di prigionieri, a cominciare dai civili israeliani, donne, bambini, anziani e malati. Israele ritiene siano 33 gli ostaggi in questa categoria, definita “umanitaria”, e Hamas si è impegnato a rilasciarli, vivi o morti. Tra i detenuti palestinesi da liberare ci sarebbero, invece, anche 20 condannati all’ergastolo.

Gli ultimi dettagli dovrebbero essere comunque discussi di nuovo martedì al Cairo e le famiglie dei rapiti hanno lanciato un nuovo disperato appello al governo a dare seguito “al suo impegno nei confronti dei suoi cittadini”, accettando la proposta di Hamas. Prima degli intensi bombardamenti notturni, a Rafah la notizia era stata inizialmente accolta da urla di gioia e spari in aria. Ma fonti israeliane – nel silenzio di Netanyahu – hanno fatto sapere che Israele sta ancora “verificando la proposta e le sue conseguenze”, così come gli Stati Uniti. Pubblicamente però Israele, forse irritato dalla fuga in avanti dell’annuncio di Hamas, ha gelato gli entusiasmi: “Hamas non ha accettato. E’ il suo solito trucco”, ha detto il ministro dell’Economia, Nir Barkat, incontrando a Roma la stampa italiana.

Si tratta di “una proposta unilaterale senza coinvolgimento israeliano. Questa non è la bozza che abbiamo discusso con gli egiziani”, ha spiegato un alto funzionario israeliano al sito Ynet, aggiungendo che in questo modo Hamas mira a “presentare Israele come chi rifiuta” l’intesa. Mentre per il falco del governo di sicurezza Ben Gvir, “i giochetti di Hamas” meritano “una sola risposta: occupare Rafah”. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha invece invitato “tutti i Paesi occidentali a fare pressione su Israele affinché accetti”. “Siamo lieti che Hamas abbia annunciato di aver accettato il cessate il fuoco, su nostro suggerimento – ha sottolineato -. Ora lo stesso passo dovrebbe essere fatto da Israele”.

Accordo o meno, lo Stato ebraico va avanti nell’operazione militare contro i battaglioni di Hamas a Rafah. “Esaminiamo ogni risposta molto seriamente ed esauriamo ogni possibilità sui negoziati e il ritorno degli ostaggi alle loro case il più rapidamente possibile come compito centrale. Al tempo stesso continuiamo e continueremo ad operare nella Striscia”, ha chiarito il portavoce militare Daniel Hagari. L’avvio dell’evacuazione dall’est della città verso l’area umanitaria indicata dall’Idf ad al-Mawasi sulla costa ha allertato l’intera comunità internazionale, che tenta di impedire che gli eventi precipitino del tutto.

“E’ disumano”, ha dichiarato l’Onu. Prima di annunciare di aver accettato l’intesa per la tregua, anche Hamas ha denunciato “un’escalation”. La zona dell’evacuazione – che l’esercito ha definito “temporanea, limitata e graduale” – comprende “ospedali da campo, tende e maggiori quantità di cibo, acqua, farmaci e forniture aggiuntive”. L’Idf ha lanciato volantini in arabo, affiancati da sms, telefonate e avvisi sui media per spiegare i motivi dell’evacuazione e l’invito a lasciare l’area che sarà interessata dai combattimenti, quelle da evitare, come Gaza City e i passaggio a nord di Wadi, e anche il divieto di avvicinarsi alle recinzioni di sicurezza est e sud con Israele.

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