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Violenze in piazza Duomo a Capodanno, quattro arresti

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Una delle vittime di quelle brutali violenze sessuali di gruppo perpetrate in piazza Duomo a Milano, mentre si festeggiava il Capodanno, ha ancora negli occhi un ragazzo “con la barbetta che si atteggiava a protagonista e ha cercato di tirarci quando i nostri amici ci hanno difeso”. Poi, raccontò a verbale, era stata “accerchiata da un gruppo di ragazzi composto da circa quaranta, cinquanta persone. Alcuni miei amici hanno provato a tirarmi via da loro, ma questi mi ributtavano dentro. Vedevo gente che mi tirava per le braccia e per le gambe”. Altri quattro giovani, tra i 19 e i 20 anni, di origine egiziana e residenti in Lombardia, sono ora stati arrestati dagli agenti della Squadra mobile di Milano per quella notte da incubo in cui furono molestate almeno nove ragazze. Cinque imputati sono già a processo, ordinario o abbreviato, e gli ultimi quattro destinatari di custodia cautelare sono tra gli aggressori anche di due giovani tedesche, il cui sguardo di terrore finì in un filmato utilizzato per le indagini, dirette dal pm Alessia Menegazzo.

Per portare a termine quelle violenze, nella ricostruzione di inquirenti e investigatori della Mobile, avallata dal gip Sonia Mancini, gli indagati crearono una “barriera umana”. “Stante la presenza di tantissime persone potenzialmente in grado di scongiurare l’aggressione, forze dell’ordine comprese, poste a pochi metri di distanza, la presenza di questa barriera umana è stata assolutamente determinante”, rileva il giudice. Giudice che nell’ordinanza con cui dispone per due il carcere e per altrettanti i domiciliari, ricostruisce i momenti di devastante paura delle due ragazze tedesche: “Questo gruppo di uomini aveva iniziato a spingere lei e l’amica che si tenevano per mano cercando di difendersi e altri dei componenti del gruppo si erano parati davanti a loro.

La massa di aggressori aveva iniziato a palpeggiarle brutalmente, spingendole così violentemente da far cadere a terra” una di loro che “spaventata aveva provato a difendersi, urlando agli uomini di smettere”. Non servì a dissuaderli. Uno dei quattro, in un video, è ritratto mentre rimane a “godersi lo spettacolo”, invece di “aiutare la vittima o andarsene”, e un altro partecipò sia all’aggressione delle due tedesche, sia a quella, successiva, di due italiane, circa un’ora dopo. La presenza del ventenne, residente nel Milanese, anche un’ora dopo il primo abuso, rafforza “il convincimento circa la consapevole e volontaria adesione” alle violenze. Non si può ritenere, infatti, per il giudice, “che l’indagato si trovasse lì ‘per caso’ in entrambi gli episodi, coinvolto suo malgrado in un improvviso assembramento: al contrario appare chiaro come egli abbia ricercato volontariamente la partecipazione all’assalto ai danni delle ragazze”.

A suo carico una serie di immagini accanto alle vittime straniere e una testimonianza secondo la quale, dopo che un’italiana era “caduta a terra per le percosse”, il ventenne era stato “uno di quelli che si è avventato su di lei”. Oltre ai nove che hanno subito provvedimenti, nella vicenda risultano altri indagati e gli investigatori avevano da subito cominciato a setacciare il branco per dare un nome ai responsabili. “Posso dire che tutto intorno era uno schifo, c’erano molti ragazzi e chiunque passasse si prendeva la libertà di metterci le mani addosso”, aveva raccontato una delle vittime. Quest’anno, a causa della carenza di fondi, in particolare per il caro bollette, che affligge il Comune di Milano come altri, non vi sarà alcun concerto o evento organizzato in piazza del Duomo che sarà comunque presidiata dalle Forze dell’ordine.

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Caso Garlasco, la madre di Sempio tace e ha un malore

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Ha preferito non rispondere alle domande e ha anche avuto un malessere la madre di Andrea Sempio, convocata stamane dai Carabinieri di Milano nell’ambito della nuova indagine della Procura di Pavia in cui il figlio è per la terza volta indagato per l’omicidio di Chiara Poggi. E questo mentre oggi per Alberto Stasi, l’allora fidanzato della giovane condannato a 16 anni di carcere, è il primo giorno di semilibertà.

Questa mattina Daniela Ferrari, 65 anni, accompagnata dall’avvocato Angela Taccia (nella foto), che difende il figlio assieme al collega Massimo Lovati, si è presentata alle 10 in punto negli uffici milanesi del Comando Provinciale dell’arma per essere ascoltata per la terza volta dal giorno del delitto di Chiara, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Uffici che ha lasciato circa mezz’ora dopo, in quanto ha ascoltato il consiglio dei due legali: alla prima domanda si è “avvalsa” e alla seconda ha accusato un malore. Tant’è che all’uscita dalla caserma, visibilmente “scossa” e facendosi largo tra una schiera di telecamere e microfoni, si è infilata in un taxi senza proferire parola.

“Questa convocazione non mi è piaciuta. Se i pm vogliono sentire la signora, che la convochino loro in Procura a Pavia”, ha affermato Lovati esprimendo il disappunto per il modo in cui si sta conducendo l’inchiesta. E’ stato lui a consigliare alla madre di Sempio di “astenersi” dal rispondere. Avrebbe dovuto spiegare ancora a che ora, il giorno del delitto, è uscita di casa e per quali commissioni e a che ora è rientrata. Avrebbe dovuto ricostruire di nuovo, a distanza di quasi 18 anni, gli spostamenti del figlio e raccontare pure la vicenda dello scontrino del parcheggio di Vigevano che il giovane, su suggerimento dei genitori, decise di tenere.

E poi, tra l’altro, le sarebbe stato chiesto di fornire chiarimenti in merito a un ‘fuorionda’ reso pubblico dalla trasmissione de Le Iene su come Andrea sarebbe venuto a conoscenza di alcuni atti dell’indagine del 2017 che si è chiusa con un’archiviazione. Intanto per Stasi oggi è stato il primo giorno di semilibertà, beneficio concesso dal Tribunale di Sorveglianza nelle scorse settimane e che è in un certo senso l’anticamera dell’affidamento in prova ai servizi sociali e quindi della libertà. Come ogni mattina il 41enne è uscito dal carcere di Bollate per andare in ufficio, ha potuto, poi, dedicarsi ad alcune attività private. Tutto questo in base alle prescrizioni approvare dalla magistratura e che gli consentono di rientrare nell’istituto di pena alle porte di Milano dopo cena ma soprattutto di proseguire lungo un percorso di reinserimento sociale.

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Michael B. Jordan a Ischia a caccia di location per il suo prossimo film

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L’attore americano Michael B. Jordan, in Italia da un po’ di giorni, è sbarcato anche ad Ischia (dopo aver fatto tappo anche nella Reggia di Caserta) e  sta visitando alcuni degli angoli più suggestivi che potrebbero diventare location per il suo prossimo film. Jordan è noto per i suoi ruoli in tre episodi di Creed (lo spin off di Rocky) e per quello del supercriminale Erik Killmonger in Black Panther oltre a quello della Torcia Umana ne I Fantastici 4 ed ha recitato anche in diverse serie tv di successo (il New York Times lo ha inserito nella sua lista dei 25 attori più grandi del 21° secolo); oltre a recitare è anche regista, produttore e doppiatore. La star hollywoodiana ha visitato il Castello Aragonese ed il borgo di Ischia Ponte concedendosi ai selfie ed agli autografi per i fan mentre domani dovrebbe visionare l’altro versante dell’isola verde.

 

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Becciu pronto al passo indietro per evitare la conta

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Il cardinale Angelo Becciu sarebbe pronto a fare un passo indietro. E’ quanto riferiscono fonti della congregazione dei cardinali che si è tenuta questa mattina. Becciu avrebbe preso la parola per ribadire la sua innocenza e il suo diritto ad entrare in conclave. Ma di fronte alle due lettere del Papa che indicherebbero la sua volontà di non includerlo tra gli elettori, il cardinale avrebbe lasciato intendere di essere pronto a rinunciare alla sua battaglia. Una linea, questa, che però ancora non è stata suggellata da una comunicazione ufficiale. Secondo quanto si apprende il cardinale Becciu, nel suo intervento, avrebbe mantenuto il punto, sia sulla sua innocenza sia sul diritto di entrare in conclave.

Ma alla fine sarebbe prevalsa la decisione di fare un passo indietro “per il bene dell’unità della Chiesa”, come avrebbe detto ad alcuni porporati. Anche il Vaticano conferma che il caso Becciu è stato all’ordine del giorno del confronto di questa mattina. “Se ne è parlato ma non c’è una delibera”, ha detto nel briefing il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni, lasciando intendere che probabilmente non servirà un ‘voto’ per decidere sul caso.

“Il cardinale Becciu è una persona molto stimabile. Ma non è detto che una brava persona non possa fare del male. Non dico che Becciu abbia fatto del male, ma è da verificare. C’è stato un giudizio, ci sarà l’appello e voi sapete che finché non c’è la sentenza definitiva uno è innocente. Ecco verificheremo”, ha commentato il cardinale Giuseppe Versaldi. Becciu è stato il protagonista del processo sulla malagestione dei fondi della Segreteria di Stato, a partire dalla vicenda del palazzo di Sloane Avenue. Il 22 settembre si aprirà il processo d’appello; Becciu ha sempre proclamato la sua innocenza ma è stato in primo grado condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di peculato e truffa aggravata ai danni della Santa Sede. In attesa di una comunicazione ufficiale, qualcuno dei porporati lascia intendere che la vicenda non potrebbe essere chiusa del tutto.

Becciu quasi sicuramente non entrerà in conclave ma non è detto – è il ragionamento che lasciano trapelare alcuni cardinali – che la vicenda e la conseguente polemica resti comunque nell’aria, magari sotto altre forme. E dunque comunque il conclave comincerebbe in salita perché all’interno del collegio cardinalizio restano comunque diversi esponenti che ritengono questo epilogo ingiusto. Becciu, fino a qualche giorno fa sicuro di essere ammesso tra gli elettori, puntava sul fatto che Papa Francesco, invitandolo agli ultimi concistori, il momento più alto della vita della Chiesa, di fatto lo avesse riabilitato. In ogni caso, l’altro punto sul quale si faceva forza da un punto di vista del diritto canonico, era il fatto che Papa Francesco non avesse mai scritto, nero su bianco, che Becciu non doveva entrare in conclave.

Poi il cardinale Pietro Parolin gli avrebbe mostrato quelle due lettere siglate ‘F’. Becciu avrebbe allora messo in discussione la sua volontà di andare fino in fondo nella sua battaglia. Poi ha visto anche che i suoi principali sostenitori cominciavano a prendere le distanze. Di qui la decisione. Ma la mancanza della comunicazione ufficiale lascia lo scenario ancora aperto, forse nella speranza di ricevere ancora una mano tesa da parte del collegio cardinalizio.

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