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Economia

Veronica: non conoscevo testamento, il divorzio per altro

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Veronica Lario non era a conoscenza del testamento redatto da Silvio Berlusconi nell’ottobre 2006 e non ne ha saputo nulla “fino a due giorni fa”. L’ex moglie del fondatore di Mediaset e di Forza Italia ci tiene a far sapere che quindi non ha divorziato per quelle volontà dove non viene citata, pur senza conseguenze concrete potendo lei contare in quel momento sulla quota ‘legittima’. Una novità che emerge mentre la famiglia riflette sui metodi per analizzare il patrimonio lasciato da Berlusconi e anche sul futuro rapporto con Forza Italia, che sarà guidata da Antonio Tajani.

Pier Silvio Berlusconi smentisce infatti un suo impegno in politica diretto, anche se in qualche modo è tentato, in un futuro nel quale non ci fosse un governo figlio di un chiaro mandato elettorale come l’attuale e comunque ‘amico’. Marina mantiene contatti diretti al massimo livello, ma quello politico non è un mondo che l’attira, da sempre impegnata alla guida delle aziende e ora con un ruolo ancora più marcato di primogenita in conseguenza delle scelte testamentarie del padre. Che ha assegnato di fatto circa il 60% a due dei cinque figli, con tutti i fratelli che stanno riflettendo sui passi ora da compiere.

Perché analizzare a fondo un patrimonio conosciuto da circa cinque miliardi, anche per decidere se accettare il testamento con beneficio d’inventario o meno, non è né semplice né rapido. Più veloce è stata invece Forza Italia nel sancire che sarà Tajani la guida del partito. Il comitato di presidenza ha infatti approvato all’unanimità il documento che sarà illustrato al consiglio nazionale con la candidatura dell’attuale ministro degli Esteri come leader. Un documento che si apre con il ricordo “dell’unico leader e padre fondatore, il presidente Silvio Berlusconi”.

Che però, oltre a dimenticare Luigi tra i figli a cui viene chiesto di donare 100 milioni alla compagna Marta Fascina e 30 a Marcello Dell’Utri, nella parte del suo testamento redatto nel 2006 non ha menzionato la moglie Veronica. Alcune ricostruzioni di stampa hanno sostenuto che le basi del divorzio nascano da questa ‘dimenticanza’ e lei ora vuole precisare che non esiste “una correlazione fra la volontà testamentaria di Silvio Berlusconi dell’ottobre 2006 e la lettera con la quale nel maggio del 2009 presi le distanze dai comportamenti del mio ex marito”.

Semplicemente perché del testamento non sapeva nulla fino alla sua recentissima apertura. Intanto prosegue la vita delle aziende fondate da Berlusconi e il primo dossier in Germania, dove Mfe-Mediaset ha acquistato con un investimento di circa 800 milioni quasi il 30% del gruppo media Prosieben.

Ora il Biscione è entrato nel Consiglio di sorveglianza e la possibile espansione in Germania viene ritenuta meno difficile dopo la scomparsa del fondatore, ritenuta una figura ingombrante a Berlino. O come tale descritta da gruppi tedeschi che possono opporsi a una presenza più forte del Biscione nel Paese. Per ora comunque Fininvest guarda soprattutto ai risultati economici, con Mfe che pubblicherà a inizio agosto conti sul primo semestre in miglioramento. In Borsa i titoli si muovono sulla parità senza ‘appeal speculativo’ dopo il controllo blindato nella mani di Pier Silvio e di Marina. E, con i mercati tranquilli, il Biscione pensa di rafforzarsi in Spagna, dove studia di sbarcare nel settore radio, come già fatto massicciamente in Italia. L’amministratore delegato di Mfe non ha smentito un interesse per la parte radio di Prisa, che “se sarà messa in vendita sarà valutata”, dice Pier Silvio Berlusconi. Che in realtà sulla questione sarebbe già molto più avanti di un generico sondaggio.

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Economia

Mediobanca lancia offerta su Banca Generali: nasce un colosso del Wealth Management

Mediobanca offre la propria partecipazione in Generali per acquisire Banca Generali e rafforzarsi nel Wealth Management con 210 miliardi di attivi in gestione.

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Mediobanca ha ufficialmente lanciato un’offerta pubblica di scambio sul 100% di Banca Generali, proponendo al Leone di Trieste la propria partecipazione azionaria in cambio della controllata specializzata nel settore del risparmio gestito. L’operazione, annunciata attraverso una nota ufficiale, comporta per Mediobanca la cessione della sua quota in Generali e un simultaneo investimento in Banca Generali per un valore complessivo di 6,3 miliardi di euro.

Evoluzione del rapporto tra Mediobanca e Generali

Secondo quanto precisato da Piazzetta Cuccia, questa mossa rappresenta un cambiamento strategico nei rapporti tra Mediobanca e Generali: da un semplice legame finanziario si passa a una “forte partnership industriale”, segnando una nuova fase di collaborazione tra i due gruppi.

Obiettivo: la leadership nel Wealth Management

L’operazione permetterà a Mediobanca di rafforzare notevolmente la propria presenza nel settore del Wealth Management. Una volta completata l’aggregazione, il gruppo potrà contare su attivi in gestione pari a 210 miliardi di euro, ricavi per circa 2 miliardi e una capacità di crescita stimata in oltre 15 miliardi annui. Un passo decisivo che conferma la volontà di Mediobanca di posizionarsi come leader di mercato in un settore strategico e in forte espansione.

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Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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