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Vaccini, ecco il piano: 500mila dosi al giorno e 80% di immunizzati entro settembre

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Vaccinare fino all’80% degli italiani entro fine settembre. Tutto in poco più di sei mesi. Al momento siamo al 3,2%. Sono quasi due milioni gli italiani che hanno ricevuto anche il richiamo. Arrivando a somministrare 500mila dosi al giorno, il triplo delle 170mila di media dell’ultima settimana. È l’obiettivo ambizioso previsto dal nuovo piano vaccinale del governo, rivisto e potenziato dal commissario all’emergenza Francesco Figliuolo.  Il governo guarda alla fornitura di Johnson&Johnson, che da metà aprile dovrebbe consegnare 7,3 milioni di dosi nel secondo trimestre e complessivamente fino a 27 milioni di dosi in Italia.

Un piano che prevede un incremento della platea dei vaccinatori. Si potrà far ricorso – tramite accordi in via di finalizzazione – anche ai medici della Federazione Medico Sportiva Italiana, ai medici competenti dei siti produttivi e della grande distribuzione, oltre che ai medici convenzionati ambulatoriali e ai farmacisti. È una delle novità contenute nel piano diffuso oggi, 13 marzo. Un piano che fissa le linee operative per completare al più presto la campagna vaccinale nazionale contro il coronavirus. “La governance del piano sarà accentrata a fronte di una esecuzione decentrata, con una catena di controllo snella”,  si legge nel documento. Tra i siti per effettuare vaccini anche quelli produttivi.

Tra le soluzioni delineate, il potenziamento del sistema informatico per le prenotazioni, che in alcune regioni, come la Lombardia, ha creato pesanti disservizi.

A livello operativo è stato istituito un tavolo permanente per verificare ogni giorno l’andamento delle attività sul terreno. Al tavolo, coordinato dalla Struttura commissariale, partecipano la Protezione civile, le Regioni e le Province autonome, con l’eventuale partecipazione di altri attori istituzionali e delle associazioni.

Si punta ad uniformare i criteri di vaccinazione, partendo dalle categorie più fragili per poi passare agli over 70 e infine alle fasce più giovani, mettendo fine a un certo caos e a disparità evidenti nei primi tre mesi tra le regioni.

7,9 milioni di dosi approvvigionate, raddoppieranno in 3 settimane

Ad oggi – sottolinea il documento – sono state approvvigionate 7,9 milioni di dosi, che si raddoppieranno entro le prossime tre settimane. Entro la fine di giugno è previsto l’arrivo di altre 52 milioni di dosi circa, mentre ulteriori 84 milioni sono previsti prima dell’autunno.

Riserva dell’1,5% per aree criticità

Il piano vaccinale diffuso dal governo prevede “una riserva pari a circa l’1,5% delle dosi, per poter fronteggiare con immediatezza esigenze impreviste, indirizzando le risorse nelle aree interessate da criticità prevedendo l’impiego di rinforzi del Dipartimento di Protezione Civile e della Difesa”. Tra gli elementi del piano anche “un monitoraggio costante dei fabbisogni con interventi mirati, selettivi e puntiformi sulla base degli scostamenti dalla pianificazione”. Si interverrà inoltre anche secondo “il principio del punto di accumulo, concentrando le risorse necessarie verso aree cluster”.

In campo 120 mila medici e odontoiatri

Per quanto riguarda la somministrazione dei vaccini, il nuovo piano prevede una capillarizzazione degli interventi, incrementando la platea dei vaccinatori e il numero di punti vaccinali. Verrà dato impulso – si legge nel documento – all’accordo per impiegare medici di medicina generale (fino a 44 mila), odontoiatri (fino a 60 mila), medici specializzandi (fino a 23 mila).

In caso di emergenza anche team mobili

Proseguirà, se necessario, l’assunzione di medici e infermieri a chiamata, in aggiunta agli oltre 1700 già operativi. In caso di emergenza scenderanno in campo anche team mobili. Capitolo a parte è quello del potenziamento della rete vaccinale esistente che conta attualmente 1733 punti vaccinali (dato in crescita).

Tra i punti vaccinali anche palestre e scuole

Quanto invece al potenziamento della rete vaccinale esistente che conta attualmente 1733 punti vaccinali, per l’allestimento di nuovi centri potranno eventualmente essere utilizzati siti produttivi, le aree della grande distribuzione, le palestre, le scuole, le strutturedi associazioni e della Conferenza episcopale italiana.

Accordo Coni-Figliuolo: Sport diventa un hub sociale

Lo sport diventa un hub sociale per la campagna di vaccinazione. Il presidente del Comitato olimpico nazionale italiano, Giovanni Malagò, ha concordato con Figliuolo, di mettere a disposizione la sua rete territoriale al servizio dei cittadini. Ogni comitato regionale e ogni delegazione provinciale del Coni individueranno in tempi rapidi una struttura da adibire all’accoglienza delle persone che dovranno sottoporsi alla vaccinazione. Le atlete e gli atleti di ognuna delle Regioni e delle Province faranno da testimonial di questo progetto che verrà realizzato con la collaborazione dei medici della Federazione medico sportiva italiana, unica società scientifica di medicina dello sport riconosciuta dal ministero della Salute.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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