Collegati con noi

Politica

Ultima trattativa su commissioni, slitta voto al Senato

Pubblicato

del

Slitta da mercoledì a giovedì il voto per i presidenti delle commissioni permanenti in Senato. La scelta, che invece non riguarderà la Camera, sarebbe motivata dalla volontà di anticipare a dopodomani la votazione sull’aggiornamento della Nadef e la relazione sullo scostamento di bilancio, ma anche dal braccio di ferro interno agli azionisti di maggioranza per aggiudicarsi i posti di vertice. Al sudoku delle presidenze, l’ultima chance per i partiti di aumentare il proprio peso parlamentare, partecipano tanto il centrodestra, quanto le opposizioni (ma queste ultime solo per le commissioni di garanzia e ‘speciali’). Tutti saranno impegnati nelle limature fino all’ultimo momento utile. Le 24 commissioni permanenti – 14 a Montecitorio e 10 a Palazzo Madama – sono tasselli essenziali nell’azione di governo. Nel centrodestra dovrebbe tenere l’intesa di massima sulla distribuzione. A FdI, secondo l’accordo raggiunto, andrebbero metà delle presidenze, ovvero 12 (7 alla Camera e 5 al Senato). A Palazzo Madama i nomi che circolano sono: Alberto Balboni per gli Affari Costituzionali; Nicola Calandrini per il Bilancio; Luca De Carlo per Industria e Agricoltura; Francesco Zaffini per la Sanità e poi un altro nominativo da individuare per le Politiche europee. La ratio è quella di “incrociare” il più possibile ciascun ministero con i presidenti delle relative commissioni, in modo tale che se un ministro viene da una forza politica, questi incarichi (salvo alcune eccezioni) vadano alle altre. Si punta ad evitare, al contempo, che lo stesso partito abbia entrambe le presidenze delle due commissioni di merito nei due rami del Parlamento. Così, se la Affari Costituzionali del Senato andasse a Balboni (Fdi), quella della Camera potrebbe spettare a Igor Iezzi della Lega. Per Montecitorio in Fratelli d’Italia i rumor parlano di Giulio Tremonti al vertice della commissione Esteri; Marco Osnato alla Finanze (in alternativa Andrea de Bertoldi o Ylenjia Lucaselli); Maria Carolina Varchi alla Giustizia (ma potrebbe essere dirottata all’Antimafia); Federico Mollicone alla Cultura; a cui si dovrebbe aggiungere la presidenza della commissione Lavoro più altre due ancora da definire. Nel partito di Giorgia Meloni resta da riempire – mercoledì – anche la casella dei capigruppo con in pole i nomi di Lucio Malan per il Senato e Tommaso Foti per la Camera. Alla Lega dovrebbero spettare sette presidenze (4 a Montecitorio e 3 a Palazzo Madama). Al Senato si danno quasi per certi: Giulia Bongiorno alla Giustizia, Massimo Garavaglia alla Finanze e Roberto Marti alla Cultura. Alla Camera, i più accreditati sono: per la Affari Costituzionali Igor Iezzi; per la Difesa Eugenio Zoffili (o Paolo Formentini); Alberto Gusmeroli alla Attività Produttive. I leghisti, che starebbero tenendo fuori il nome di Alberto Bagnai per una eventuale presidenza di bicamerale, dovrebbero incassare anche l’Agricoltura o la Politiche Ue. In questo quadro Forza Italia incasserebbe cinque presidenze (3 alla Camera e 2 al Senato), ma le assegnazioni sono ancora “work in progress”. A Montecitorio si ipotizza Roberto Pella per la Bilancio e Francesco Battistoni per l’Agricoltura, mentre Stefania Craxi quasi certamente varrà riconfermata alla Esteri del Senato. Altrettanto complicata è la trattativa tra i partiti dell’opposizione su Vigilanza Rai e Copasir. Per il Comitato per la Sicurezza della Repubblica crescono le quotazioni del dem Francesco Boccia (‘insidiato’ da Enrico Borghi e Lorenzo Guerini), mentre per la Vigilanza si fanno i nomi di Stefano Patuanelli e Alessandra Todde, entrambi del M5s. Il terzo polo, dopo essere rimasto a bocca asciutta sulle vicepresidenze, sta sulle barricate pronto a contendere il ruolo al Movimento con Maria Elena Boschi.

Advertisement

Politica

San Giacomo Vercellese, nove liste per meno di trecento abitanti: un paradosso vergognoso

Pubblicato

del

San Giacomo Vercellese, minuscolo paese piemontese incastonato tra le risaie della provincia di Vercelli, finirà suo malgrado sotto i riflettori nazionali. Il motivo? Alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio, si presenteranno addirittura nove liste per scegliere il nuovo sindaco, nonostante i residenti siano meno di trecento.

Un numero che sfida ogni logica democratica e che solleva più di una perplessità sulla serietà e sulla trasparenza del voto in piccoli centri come questo.

Dopo la scomparsa del sindaco Massimo Camandona, morto a febbraio e ricordato come un amministratore radicato nel territorio, si sarebbero potute immaginare elezioni sobrie, nel rispetto della comunità. Invece, alla fine della fase di presentazione delle liste, si sono contati candidati provenienti da Napoli, Roma, Siracusa e Salerno.

Solo due liste fanno riferimento ad esponenti locali, già attivi nell’attuale Consiglio comunale. Tutte le altre sette sono spuntate in extremis, registrate da persone senza alcun legame con il territorio.

La presenza di un numero così spropositato di liste in un comune minuscolo non è un segnale di vitalità democratica, ma l’ennesima prova di come meccanismi elettorali poco vigilati possano essere strumentalizzati.

Dietro queste candidature improvvisate spesso si celano interessi diversi: tentativi di ottenere visibilità, raccolta firme utile per future candidature, o peggio, accesso a rimborsi elettorali.

È un fenomeno che mortifica i cittadini di San Giacomo Vercellese, riducendo la politica a un teatrino grottesco e offendendo chi, invece, si batte quotidianamente per rappresentare davvero il proprio territorio.

Continua a leggere

Politica

Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

Pubblicato

del

All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

Continua a leggere

Politica

Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

Pubblicato

del

Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto