Collegati con noi

Esteri

Tunisia, arrestato il capo dell’opposizione di Ennahdha

Pubblicato

del

Saied presidente Tunisia

Il presidente e leader storico del partito islamico tunisino Ennahdha, Rached Ghannouchi, è stato arrestato in serata su ordine della procura antiterrorismo e si trova attualmente in stato di fermo alla caserma della polizia di Aouina per essere interrogato. La notizia, confermata dal suo stesso partito, è di quelle da prima pagina, anche se in Tunisia molti sapevano che il suo arresto sarebbe stato solo una questione di tempo. Ghannouchi, 82 anni, infatti era da tempo nel mirino del presidente Kais Saied (nella foto). Fin da quando, il 25 luglio 2021, Saied decise di sospendere i lavori di quel parlamento di cui Ghannouchi era il presidente. Una decisione, quella dell’arresto di un leader dell’islam politico del calibro di Ghannouchi, che rende ancora più marcata la svolta accentratrice e iper presidenzialista di Saied sancita dalla nuova Costituzione approvata con un referendum nel luglio scorso che ha cancellato la legge fondamentale approvata nel 2014, dopo la Rivoluzione dei Gelsomini.

E che annulla del tutto qualsiasi forma di opposizione rendendo ancora più instabile un Paese chiave per l’emergenza migranti. E’ dalle coste tunisine che partono la maggior parte dei profughi sulla rotta del Mediterraneo centrale che ha l’Italia come punto di arrivo, e che rischiano di aumentare enormemente se la situazione politica del Paese dovesse dgenerare. A complicare il quadro, la delicata trattativa in corso con l’Fmi per 1,9 miliardi di dollari di aiuti esacerbata dai toni dello stesso Saied che ha parlato di “diktat dall’estero” chiudendo alle riforme richieste come condizione per ottenere il prestito del fondo. Secondo la radio locale Mosaique Fm, Ghannouchi sarà interrogato sul contenuto di un video diffuso in rete alcuni giorni fa, mentre insieme ad alcuni membri del Fronte di Salvezza nazionale, principale coalizione di opposizione al presidente Saied, affermava che “la Tunisia senza islam politico è un progetto di guerra civile”. Più precisamente “ogni tentativo di eliminare una delle componenti politiche non può che portare alla guerra civile”.

Parole che avevano scatenato dure reazioni contrarie sui media e tra i sostenitori di Saied e che evidentemente hanno convinto gli inquirenti ad agire in fretta, anche in base alla legge antiterrorismo. In Tunisia vige lo stato di emergenza oltre a una legge antifake news che prevede il carcere fino a 5 anni per chi diffonde notizie false al fine di “minare i diritti degli altri, l’ordine pubblico, la difesa nazionale o seminare il panico tra la popolazione”. Intanto Ennahdha ha chiesto la liberazione immediata del suo leader e “la fine degli attacchi contro gli attivisti politici dell’opposizione”. Ghannouchi, figura carismatica dell’islam politico tunisino, rientrato in Tunisia nel 2011 dopo un esilio durato una ventina d’anni, era oggetto di diverse indagini da parte della procura antiterrorismo, inchieste partite dopo la presa di potere di Kais Saied, da Ghannouchi definita da subito “colpo di stato”. Interrogato più volte in questi ultimi due anni per sospetti di finanziamento illecito a Ennahda e per aver facilitato in passato l’invio di jihadisti tunisini in Siria, Libia e Iraq per sostenere i militanti dello Stato islamico, Ghannouchi pero’ era sempre riuscito a tornare a casa da uomo libero.

Impresa che invece non è riuscita a molti suoi compagni di partito, primo tra tutti il numero due del partito islamico e ex premier Ali Laarayed, ancora in carcere da dicembre 2022. Ma come Laarayed una decina di alti gradi di Ennhadha sono in carcere o indagati. Il Fronte di Salvezza Nazionale da tempo denuncia un uso strumentale della magistratura, pure “riformata” da Saied lo scorso anno e invoca l’intervento delle organizzazioni umanitarie internazionali per la liberazione di una ventina di esponenti politici, giornalisti, sindacalisti incarcerati su ordine del presidente. L’arresto di Ghannouchi certamente dà un colpo fatale alla debole opposizione al presidente.

Advertisement

Esteri

Putin: “La riconciliazione con il popolo ucraino è inevitabile. È solo questione di tempo”

Pubblicato

del

“La riconciliazione con il popolo ucraino è inevitabile, ma è solo questione di tempo”. Così il presidente russo Vladimir Putin si è espresso in un’intervista concessa al giornalista Pavel Zarubin per il documentario “Russia. Cremlino. Putin. Venticinque anni”, prodotto dalla rete statale Rossiya 1 e in onda questa sera.

Nel colloquio, Putin torna a parlare del conflitto con l’Ucraina, dichiarando che, nonostante l’attuale tragedia in corso, il riavvicinamento tra i due popoli “sarà possibile”. Secondo il presidente, la Russia “non ha dato inizio prima all’operazione speciale” perché “credeva negli accordi di Minsk” e voleva risolvere pacificamente il conflitto nel Donbass.

“Abbiamo forza per concludere ciò che abbiamo iniziato”

Putin ha anche ribadito che Mosca “ha abbastanza forza e risorse per portare a una conclusione logica quanto iniziato nel 2022”, sottolineando che questo potrà avvenire “senza ricorrere all’uso di armi nucleari in Ucraina”. Un’affermazione che appare tanto rassicurante quanto carica di implicazioni strategiche: il Cremlino si dice fiducioso nel raggiungimento dei propri obiettivi militari, ma resta sul piano convenzionale.

“I rapporti con la Cina garantiscono stabilità globale”

Nel documentario, Putin ha anche toccato il tema delle relazioni internazionali, definendo l’alleanza con la Cina come un “fattore di stabilità globale”. “La turbolenza nel mondo sta solo aumentando – ha dichiarato – e le nostre relazioni così affidabili e stabili con la Cina rafforzano la stabilità mondiale semplicemente perché esistono”. Un chiaro segnale a Occidente, nel mezzo di un riassetto degli equilibri geopolitici.

Il documentario-intervista, che celebra i 25 anni al potere di Vladimir Putin, si presenta come un ritratto personale e politico del leader del Cremlino in un momento storico delicatissimo, tra guerra, sanzioni, isolamento e un crescente asse con Pechino.

Continua a leggere

Esteri

Mosca, Xi Jinping in visita in Russia dal 7 al 10 maggio

Pubblicato

del

Il presidente cinese Xi Jinping si recherà in visita ufficiale in Russia dal 7 al 10 maggio. Lo fa sapere il Cremlino, confermando la sua partecipazione alle celebrazioni del 9 maggio dell’80/o anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista nella Seconda guerra mondiale.

La presidenza russa ha affermato che Xi Jinping parteciperà anche a colloqui bilaterali sullo “sviluppo di un partenariato globale e di un’interazione strategica” e sulle “questioni attuali dell’agenda internazionale e regionale”. Si prevede che saranno firmati una serie di documenti bilaterali tra governi e ministeri russo e cinese, ha aggiunto il Cremlino. In alcuni commenti trasmessi dalla televisione cinese, un portavoce del ministero degli Esteri ha sottolineato i legami storici e strategici tra i due Paesi e ha aggiunto che Xi terrà dei colloqui con Putin in un momento in cui “l’ordine internazionale sta attraversando profondi cambiamenti”.

Continua a leggere

Esteri

Zelensky: Mosca chiede tregua mentre ci bombarda, cinismo

Pubblicato

del

“I russi chiedono una tregua per il 9 maggio, mentre attaccano l’Ucraina ogni giorno: questo è cinismo di altissimo livello”: lo scrive su X il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky dopo il raid notturno su Kiev. “Solo questa settimana la Russia ha utilizzato contro l’Ucraina più di 1.180 droni da attacco, 1.360 bombe aeree guidate e 10 missili di vario tipo”, ha aggiunto. Per Zelensky, “è necessario un vero cessate il fuoco. L’Ucraina è pronta alla tregua a ogni momento, ma non deve durare meno di un mese, per porre fine alla guerra” e “che sia non solo per i loro giorni festivi ma ogni giorno”.

“Solo questa settimana la Russia ha utilizzato contro l’Ucraina più di 1.180 droni da attacco, 1.360 bombe guidate e 10 missili di vario tipo”, ha sottolineato Zelensky, aggiungendo: “Per tutta la notte, i soccorritori a Kiev hanno spento incendi di case e auto dopo gli attacchi dei droni russi contro le zone residenziali. Purtroppo, ci sono bambini e adulti colpiti. A tutti è stata fornita l’assistenza necessaria. C’è stato un incendio a Cherkasy: un dormitorio normale stava bruciando”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto