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Trump pronto a fermare aiuti, ‘Zelensky non vuole pace’

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La sospensione degli aiuti americani all’Ucraina potrebbe essere imminente e, se Volydmyr Zelensky non accetterà il prima possibile le condizioni imposte da Washington per una tregua, il suo Paese rischia di essere abbandonato dagli Stati Uniti. Donald Trump non si sposta di un millimetro dalla sua posizione per la fine del conflitto e, all’indomani del vertice di Londra, avverte il leader ucraino, ma anche gli alleati europei, che il tempo stringe e la pazienza della sua amministrazione non è illimitata. “Questa è la peggiore affermazione che avrebbe potuto fare e l’America non lo tollererà ancora a lungo”, ha tuonato il presidente americano su Truth commentando le dichiarazioni di Zelensky in Gran Bretagna secondo cui “la fine della guerra è ancora molto, molto lontana”. C’è “molta strada da fare”, aveva dichiarato l’ucraino prima di lasciare Londra ribadendo che un accordo dovrà essere “onesto”, “equo” e “stabile”, con “garanzie di sicurezza molto specifiche”.

Oggi l’Ucraina “non sta parlando” di alcuna concessione, ha aggiunto, perché sarebbe “sbagliato” e sta “ascoltando segnali da vari partner”. Kiev, ha sottolineato il presidente ucraino, “non riconoscerà mai i territori occupati dalla Russia come territorio russo. Per noi, queste saranno occupazioni temporanee”. “Questo ragazzo non vuole che ci sia la pace finché avrà il sostegno dell’America e l’Europa”, gli ha replicato subito il tycoon su Truth. Anche il Cremlino ha colto la balla al balzo per attaccare il presidente ucraino accusandolo di “non volere la pace”. In serata Zelensky ha poi cercato di aggiustare il tiro, precisando sui social di essere “al lavoro con i partner” per “porre fine a questa guerra il prima possibile”. “Abbiamo bisogno di vera pace”, ha aggiunto su X, affermando di “sperare molto nel sostegno degli Stati Uniti nel cammino verso la pace”.

“Zelensky non vuole la pace, qualcuno deve costringerlo. Se gli europei ci riescono, onore e lode a loro”, ha dichiarato anche il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. E sull’onda del disgelo tra Washington e Mosca, la Russia ha incassato lo stop alle operazioni di cyber spionaggio nei suoi confronti decisa dal segretario alla Difesa Pete Hegseth. Ore decisive con Trump riunito con i suoi consiglieri più stretti, tra i quali il segretario di Stato Marco Rubio e il capo del Pentagono per valutare la sospensione o la cancellazione degli aiuti militari americani all’Ucraina, comprese le ultime spedizioni di munizioni e attrezzature autorizzate durante l’amministrazione Biden. Una mossa che era nell’aria da giorni, dopo la rottura nello Studio Ovale, ma che sembra aver subito un’accelerazione anche alla luce degli esiti del vertice di Londra. E’ sempre più chiaro che gli Stati Uniti di Trump non vedono l’ora di passare la palla all’Europa sull’assistenza a Kiev.

“Accogliamo con favore che gli europei assumano un ruolo guida nella sicurezza europea ma devono investire nelle proprie capacità per poterlo fare”, ha dichiarato il consigliere per la sicurezza nazionale americana Mike Waltz. Naufragato, almeno per ora, anche l’accordo sui minerali. “Zelensky avrebbe potuto andarsene con una garanzia economica che avrebbe portato benefici all’Ucraina e, penso, al mondo, per una generazione. E’ davvero incomprensibile il motivo per cui abbiamo ricevuto una tale ostilità”, ha dichiarato Waltz. “Non è pronto a parlare di pace ma il problema è che il tempo non è dalla sua parte. La pazienza degli americani non è illimitata e non sono illimitate neanche le nostre scorte di armi”, ha avvertito il funzionario. “Quello che abbiamo bisogno di sentir dire a Zelensky è che rimpiange quanto accaduto venerdì, che è pronto a firmare l’accordo sui minerali e ad impegnarsi in trattative di pace. Non è molto”.

Prima di lasciare la capitale britannica Zelensky è anche tornato sulla questione dimissioni, sollecitate dallo speaker della Camera Usa Mike Johnson e, per certi versi, anche dalla Casa Bianca. “Ho già detto che sono disponibile a dimettermi per l’adesione dell’Ucraina nella Nato”, ha affermato il leader ucraino che ha poi lasciato di intendere di volersi ricandidare: “Non sarà facile sostituirmi perché non basta semplicemente tenere le elezioni. Dovreste impedirmi di partecipare. E sarà un po’ più difficile”.

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Il Cremlino a Trump: necessario un vertice con Putin

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Il Cremlino lancia un segnale a Donald Trump, giudicando “necessario” un incontro tra il presidente americano e quello russo Vladimir Putin, ma ammettendo anche che al momento “non c’è niente di concreto”. Mentre l’inquilino della Casa Bianca, dopo aver parlato al telefono con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, è tornato ad affermare che il conflitto russo-ucraino deve finire “ora”. Il vertice russo-americano “deve essere preparato in modo appropriato”, ha detto il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, facendo comunque capire che l’incontro non è in programma in Arabia Saudita, come ipotizzato in precedenza da alcuni media, perché il presidente russo non prevede un viaggio a Riad nei giorni in cui sarà presente Trump, a metà maggio. Sulla stessa linea le dichiarazioni di Trump, sulla via del ritorno a Washington dal fine settimana in Florida.

“Non lo so, non ci abbiamo pensato”, ha risposto a una domanda su un possibile vertice in Arabia Saudita. Ma poi ha fatto sapere che i colloqui con Mosca proseguono. Qualche ora dopo ha parlato al telefono con Erdogan, il cui governo, ormai tre anni fa, è stato finora l’unico capace di far sedere allo stesso tavolo negoziatori russi e ucraini dopo l’inizio delle ostilità. “Non vedo l’ora di collaborare con il presidente Erdogan per porre fine alla ridicola, ma mortale, guerra tra Russia e Ucraina, ORA!”, ha scritto Trump sul suo social Truth. E’ intanto arrivata a Kiev la nuova incaricata d’affari americana, Julie Davis, in sostituzione dell’ambasciatrice Bridget Brink, rimossa ad aprile per motivi mai resi noti ufficialmente. Ma il Financial Times aveva parlato di dissidi con l’amministrazione di Washington sulla linea adottata in Ucraina.

Putin si prepara nel frattempo ad una settimana di intensa attività diplomatica, con l’arrivo a Mosca di una ventina di leader che venerdì assisteranno sulla Piazza Rossa alla parata per l’80/o anniversario della sconfitta del nazifascismo. Tra di loro, il presidente cinese Xi Jinping e quello brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, già promotori di una iniziativa di pace prima del tentativo di mediazione avviato da Trump. Non sarà invece presente il primo ministro indiano Narendra Modi – nel pieno delle gravi tensioni con il Pakistan -, con il quale il capo del Cremlino ha avuto oggi un colloquio telefonico. Dall’Ue è arrivata una dura dichiarazione nei confronti di Pechino per la visita di Xi a Mosca, in programma dal 7 al 10 maggio. La Cina, ha affermato la portavoce della Commissione per la politica estera Anitta Hipper, “continua a svolgere un ruolo chiave nel favorire la continua guerra di aggressione della Russia”, mentre, in qualità di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, avrebbe “la responsabilità di far rispettare la Carta delle Nazioni Unite e l’ordine basato sulle regole delle Nazioni Unite e internazionali”.

Zelensky, che ha respinto la proposta di Putin di un cessate il fuoco di tre giorni dall’8 al 10 maggio, ha avvertito che per l’Ucraina non sarà possibile “garantire la sicurezza” dei partecipanti alla parata del 9. E nelle ultime ore quattro droni lanciati dalle forze di Kiev sono stati abbattuti su un sobborgo meridionale della capitale russa, secondo quanto riferito dal sindaco Serghei Sobyanin. I detriti caduti al suolo hanno provocato “danni minori” a edifici residenziali e auto nel distretto di Podolsk, ha detto l’amministrazione locale, escludendo conseguenze per le persone. Il ministero della Difesa russo ha affermato che altri 23 droni sono stati intercettati nella notte tra domenica e lunedì su altre regioni russe: 5 su quella di Kaluga e 17 su quella di Kursk. Ma il governatore ad interim di quest’ultima regione, Alexander Khinstein, ha riferito che gli attacchi dei velivoli senza pilota di Kiev hanno provocato tre morti e tre feriti.

Due donne hanno perso la vita quando un’auto su cui viaggiavano, che trasportava al lavoro cinque dipendenti di un’impresa agricola, è stata centrata da un drone. In un’altra località un ordigno sganciato da un velivolo senza pilota ha colpito un’altra auto civile, uccidendo un uomo che si trovava a bordo. E, intanto, la Bbc fotografa il 2024 come l’anno più sanguinoso per le forze russe dall’inizio della guerra in Ucraina: almeno 45.287 soldati uccisi, “27 vite per ogni chilometro di territorio ucraino conquistato”, riporta il servizio russo del media britannico in collaborazione con Mediazona e un team di volontari che hanno elaborato dati open source di cimiteri russi, memoriali militari e necrologi.

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Arriva la roadmap Ue, entro il 2027 addio al gas russo

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Dire addio ai combustibili fossili russi entro il 2027: Bruxelles l’aveva promesso nel 2022 con il suo piano RePowerEu e ora è pronta ad accelerare. La Commissione europea svelerà a Strasburgo l’attesa roadmap per chiudere i rubinetti di gas e gnl da Mosca nel duplice intento di spezzare i legami con una potenza “ostile” e rafforzare la leva negoziale nei colloqui sui dazi con Washington, offrendo in cambio più acquisti di gnl americano. Nonostante i piani dell’Ue per emanciparsi sul fronte energetico e trovare rotte alternative, Mosca rappresenta ancora il terzo fornitore di gas (16,6%) dopo Norvegia (45,6%) e Algeria (19,3%).

Ed è seconda nelle consegne di gnl ai Ventisette (17,5%), dietro soltanto agli Stati Uniti (45,3%). L’esecutivo di Ursula von der Leyen metterà dunque sul tavolo una comunicazione non vincolante con strumenti legali per aiutare le aziende Ue a liberarsi dagli ultimi legami con il colosso russo Gazprom. Ad esempio con l’uso della “forza maggiore” per rescindere i contratti senza incorrere in penali e con misure anti-rinnovo. Tutte soluzioni pensate per superare le famigerate clausole ‘take-or-pay’, che obbligano le imprese a pagare fino al 95% del gas pattuito, anche se non lo vogliono più. Il documento servirà a sondare le posizioni dei governi nazionali, in attesa di presentare “nei prossimi mesi” una proposta legislativa vera e propria.

D’altro canto, sanzionare l’import di gas russo – come già fatto con petrolio e carbone – sarebbe la via più rapida per tagliare la dipendenza. Ma è anche la più impervia: serve infatti l’unanimità dei 27, difficile da raggiungere con Ungheria e Slovacchia che non intendono tagliare i ponti con il Cremlino. Tanto che, secondo le ultime indiscrezioni, il commissario Ue ungherese Oliver Varhelyi avrebbe sollevato un’obiezione per bloccare la roadmap – anticipata già ad aprile da von der Leyen -, costringendo l’intero collegio a discuterne domani. Il via libera alla comunicazione non sembra comunque in bilico. Sul tavolo resta poi il nodo del nucleare russo: Bruxelles valuta incentivi per spingere i Paesi membri verso combustibili alternativi.

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Russia, respinto attacco di droni ucraini contro Mosca

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La Russia ha dichiarato stanotte di aver sventato un attacco di droni ucraini contro Mosca, pochi giorni prima delle celebrazioni del 9 maggio per la vittoria sulla Germania nazista nel 1945. Non è la prima volta che la capitale russa è bersaglio di simili operazioni di Kiev, sebbene rimangano rare. Il sindaco Sergei Sobyaninen ha dichiarato su Telegram che le difese aeree hanno “respinto un attacco di quattro droni diretti verso Mosca” senza causare “danni o vittime”.

L’attacco dei droni ucraini avviene pochi giorni prima della parata militare del 9 maggio nella Piazza Rossa, alla quale si prevede parteciperanno il presidente cinese Xi Jinping, il suo omologo brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e altri partner e alleati di Mosca. La commemorazione della vittoria sulla Germania nazista, avvenuta esattamente 80 anni fa il 9 maggio, è fondamentale per la narrativa patriottica del Cremlino, che insiste sul fatto che il conflitto armato contro l’Ucraina è una continuazione di quello contro Berlino durante la Seconda guerra mondiale.

In occasione delle celebrazioni del 9 maggio, il presidente russo Vladimir Putin ha proposto all’Ucraina una tregua di tre giorni, dall’8 al 10 maggio, allo scopo, a suo dire, di testare la volontà di Kiev di raggiungere la pace. Ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato domenica di “non credere” che la Russia rispetterà la tregua. I colloqui separati tra Mosca e Kiev, guidati da Washington, sono in corso da oltre due mesi e finora faticano a produrre risultati nella ricerca di una soluzione al conflitto scatenato dall’attacco russo all’Ucraina nel febbraio 2022.

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