È uno spettacolo vedere tutti i calciatori in campo che cantano “I campioni dell’Italia siamo noi”, con entusiasmo e felicità festeggiando davanti ai proprio tifosi dopo il fischio finale. Comincia così la festa dei giocatori del Napoli in un Maradona stracolmo. Sul palco si succedono Clementino, Edoardo Bennato, Giolier. Dopo una breve comparsa del sindaco di Napoli, Manfredi, viene accolto al centro del campo il regista premio Oscar Paolo Sorrentino, tra gli ospiti del presidente De Laurentiis assieme al prefetto Claudio Palomba, al rettore della Federico II Matteo Lorito, al questore Alessandro Giuliano a Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia.
Tanti anche gli esponenti del mondo dello spettacolo, tra cui l’attore Alessandro Siani, ma c’è anche Diego Simeone, il tecnico dell’Atletico Madrid venuto a Napoli per godersi la festa con suo figlio Giovanni, attaccante del Napoli. “Diego ci ha insegnato come si fa”, ha detto Sorrentino prima di mostrare un video celebrativo dello scudetto con volti iconici del passato di Napoli e della napoletanità. Sul palco arrivano De Laurentiis, Giuntoli: “Non preoccupatevi del futuro. Ogni volta ci sono tante voci, ma nelle mani di De Laurentiis il Napoli sarà sempre forte”, ha detto Cristiano Giuntoli ai tifosi. Poi scendono in campo, uno a uno, a partire dal capitano Di Lorenzo, tutti i giocatori del Napoli con una maglia celebrativa. Di Lorenzo: “Un ringraziamento a chi è stato dietro le quinte e a voi tifosi che ci avete sempre sostenuto, anche in trasferta, che sembrava di stare sempre a Napoli”.
Dopo i portieri spazio ai difensori: la loro maglia viene proiettata al centro del campo in un gioco di luci che si alterna con i fuochi d’artificio sparati fuori dal Maradona. Olivera arriva con la bandiera dell’Uruguay, Juan Jesus si presenta mascherato e poi rimuove il suo mantello. È il momento degli attaccanti: ovazioni per Kvaratskhelia (con la bandiera della Georgia) e Osimhen. Tutto lo stadio intona “Siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi”. E dopo il magazziniere Tommaso Starace viene accolto, infine, il super protagonista della stagione: Luciano Spalletti, portato in trionfo dai giocatori e acclamato dal pubblico: “E’ vero che Napoli è la città dei miracoli, se siete riusciti a far vincere uno scudetto a me allora può succedere tutto – ha detto l’allenatore -. Con questa energia elettrica si potrebbero illuminare tutti gli stadi di Serie A, grazie perché siete stati tutti protagonisti di questa magnifica storia. Vi voglio bene assai”. Musica, luci tricolori e champagne concludono la festa. E non può mancare il “We are the champions” a celebrare i campioni d’Italia. Ultimo colpo di scena, un piano al centro del campo. Seduto al piano c’è un uomo con un cappuccio in testa. È Liberato. Cantautore napoletano, sulla cui identità quasi nulla si sa. È la ciliegina sulla torta dello spettacolo hollywoodiano organizzato da Aurelio De Laurentiis.
Il set è quello dello stadio Maradona “pieno in ogni ordine di posti”, come amavano dire i radiocronisti di un tempo. Il pubblico, oltre 50 mila persone, è quello delle grandi prime e il film, un blockbuster dalla trama epica, è tutto da gustare. E poco importa che sia dal finale annunciato. L’appuntamento col Napoli campione d’Italia per la prima davanti al proprio pubblico in festa è degno di una premiere a Cannes o di una passerella hollywoodiana. Manca solo il regista, anzi no, perché a bordocampo, sciarpa azzurra al collo, a dirigere attori e maestranze, c’è un premio Oscar come Paolo Sorrentino: “Questo scudetto se è accaduto è perchè Maradona ci ha spiegato come si fa e noi lo abbiamo fatto”, ha detto rivolgendosi ai 50mila durante la festa post partita. Era stato lo stesso Sorrentino, sin dalla mattina, a dare appuntamento ai tifosi allo stadio, salutando e stringendo le mani di chi lo aveva avvicinato sul set del suo prossimo lavoro in corso tra il teatro San Carlo e la Galleria Umberto, nel cuore di Napoli. Giacca grigia, cappellino del Napoli, l’autore di “La Grande Bellezza” ed “E’ stata la mano di Dio” sta girando qualcosa su cui vige il più fitto dei misteri.
Di certo le strade di Napoli addobbate a festa troveranno posto in un prossimo progetto del cineasta, di cui nei giorni scorsi ha parlato il patron del Napoli De Laurentiis. La festa allo stadio è un vero e proprio show da Oscar e quella infinita in città parte già dalle prime ore del giorno nelle strade invase dai turisti, tanti quelli che indossano la maglietta o un vessillo del Napoli, mentre fuochi d’artificio, cori e trombe fanno da sfondo alla visione della gara sugli schermi allestiti nei bar o nel tempio laico di Largo Maradona, ai Quartieri Spagnoli. Ma è durante il riscaldamento della squadra che la festa entra nel vivo: ai bordi del campo vengono esposti cartelli con i nomi dei calciatori, tenuti alti ognuno da un grande pallone volante.
Colorata la coreografia delle curve: l’intera curva A è rivestita di un tricolore con un enorme 3 al centro, mentre la curva B è un trionfo di bianco e azzurro. In curva A viene srotolato uno striscione: “Un popolo nato sotto un cielo azzurro e in riva al mare ha il diritto di sognare, grazie di aver dato a noi e a chi non c’è più un’altra data da ricordare”, mentre la curva B ha risposto con: “E ora Napoli goditi la tua inimitabile festa”. Il sostegno è incessante: si balla e si canta sugli spalti del Maradona, in un tripudio di bandiere. Alla lettura delle formazioni i nomi dei protagonisti vengono accolti da veri e propri boati. Osimhen e Kvarastskhelia fanno il pieno di decibel. Della partita interessa relativamente: Spalletti dà spazio a chi ha giocato meno lungo l’anno mischiando le carte e il Napoli controlla ma non affonda contro una ordinata Fiorentina che non regala nulla. Osimhen sbaglia un calcio di rigore, ma al 73′ ha una seconda chance che non fallisce.
Lo stadio impazzisce, il Maradona esplode in un enorme boato. Finisce 1-0, ma alla fine conta poco. Scatta la festa allo stadio, ma anche fuori, dove a distanza di tre giorni dalla conquista del titolo non ci si è mai fermati. In migliaia – quelli che non hanno trovato posto tra gli spalti – sono rimasti fuori dal Maradona per vivere le emozioni dei 90 minuti a stretto contatto con i propri beniamini. Al triplice fischio finale dell’arbitro Marchetti di Ostia la squadra comincia un interminabile giro di campo sventolando le magliette azzurre e un gigantesco tricolore, tra fumogeni azzurri e fuochi d’artificio, mentre Tommaso, lo storico magazziniere del club azzurro, al centro del campo ostenta il tabellone delle sostituzioni fisso sul numero 3, quello degli scudetti vinti dagli azzurri. Sul maxischermo dello stadio viene inquadrato anche il presidente del club Aurelio De Laurentiis, che assiste commosso alla festa che andrà avanti all’interno dello stadio fino a tarda serata per i calciatori, le loro famiglie, vip e autorità. Ma anche nelle piazze e nei vicoli della città, pronti a bissare i festeggiamenti di giovedì’ scorso. Per un’altra lunga notte di estasi azzurra.
Angelo Binaghi (foto Imagoeconomica in evidenza), presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel (Fitp), torna a parlare del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e lo fa con la consueta schiettezza, in un’intervista al Corriere della Sera. Da anni in polemica con il Coni di Giovanni Malagò, Binaghi lascia intendere di essere pronto a tornare a occuparsi attivamente dell’istituzione sportiva nazionale: “Sto partecipando a tutte le riunioni. Voglio vedere se, finita un’era, si può costruire qualcosa di nuovo, completamente diverso rispetto al passato”.
ANGELO BINAGHI, PRESIDENTE FEDERAZIONE ITALIANA TENNIS E PADEL, JANNIK SINNER (Foto Imagoeconomica)
Binaghi non ha mai fatto mistero della sua visione riformista e anti-sistema: nel novembre 2024 aveva dichiarato al Corriere “Il Coni non serve, io lo salto”. Una posizione che gli costò un deferimento poi archiviato, con opposizione del Coni. Ora però, con l’uscita di scena di Malagò imposta dai limiti di mandato, il clima potrebbe cambiare.
Buonfiglio bocciato, Pancalli “ultimo in lista”
Nessuna apertura, invece, verso l’eventuale candidatura di Luciano Buonfiglio, presidente della Federcanoa: “È il peggior esponente del vecchio sistema. Una volta mi chiese di parlare, gli risposi: ‘Caro Luciano, io no’”, racconta Binaghi, ricordando il suo ruolo nella defenestrazione di Raffaele Pagnozzi e la successiva promozione da parte di Malagò.
Rispetto invece per Luca Pancalli, ma senza sostegno: “Candidato degnissimo, ma lo considero l’ultimo della lista”.
“La politica non è un nemico, la riforma Giorgetti è stata efficace”
Altro punto centrale della visione di Binaghi è il rapporto con la politica: “Non è possibile considerare i politici come nemici. La riforma Giorgetti ha funzionato molto meglio del Coni. Chi parla di invadenza politica racconta una bugia”.
Rivendica anche l’autonomia finanziaria degli Internazionali d’Italia (“l’unica manifestazione senza un euro di contributo pubblico”) e ricorda di aver cacciato i politici dalla tribuna del torneo.
Il futuro del Coni? Binaghi resta alla finestra, ma si prepara
Con gli Internazionali di Roma imminenti e il grande ritorno in campo di Jannik Sinner, “il vero Fenomeno”, Binaghi rivendica di essere “un uomo fortunato”. Ma tiene il piede dentro la porta del Coni, in attesa di vedere quale sarà la grande sorpresa che guiderà il nuovo corso dello sport italiano.
Una giornata di squalifica per Simone Inzaghi e Hakan Calhanoglu, ammende rispettivamente di 15 e 30 mila euro e 70mila per l’Inter. Multa di 30mila euro per il Milan. Sono le sanzioni rese note dalla Figc comminate ai due club e ai tesserati coinvolti in seguito al patteggiamento con la Procura Federale, in merito al filone sportivo dell’inchiesta penale sulle curve e sui rapporti fra ultras e giocatori di Inter e Milan. La squalifica per Inzaghi e Calhanoglu verrà scontata nel prossimo turno con il Verona.
Grazie al patteggiamento le pene vengono dimezzate e non c’è il processo. Inzaghi e Chalanoglu hanno violato due articoli del codice di giustizia sportiva, quello sulla lealtà e correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme federali (4, comma 1) e l’articolo 25 comma 10 “che prevede il divieto di avere rapporti con esponenti di gruppi o gruppi di sostenitori che non facciano parte di associazioni convenzionate con le società, per avere avuto, quantomeno a partire dalla stagione sportiva 2022-23, rapporti con esponenti del gruppo Ultrà denominato Curva Nord’.
Tra gli esponenti del club multati c’è anche Javier Zanetti con 14.500 euro. L’Inter viene sanzionata con 70mila euro per responsabilità diretta e oggettiva (art. 6, commi 1 e 2) per i comportamenti del tecnico e del centrocampista, dello stesso Zanetti, di Massimiliano Silva e Claudio Sala (14.500 di multa e 30 giorni di inibizione). Quanto al Milan (sanzione di 30mila euro) per responsabilità oggettiva per i comportamenti ascritti a Fabio Pansa (30 giorni di inibizione e 13mila euro di multa) e Davide Calabria, che non ha al momento scelto la strada del patteggiamento e sarà quindi ascoltato dalla Procura federale.
“Si parla di scudetto nello spogliatoio, siamo a un punto cruciale. All’inizio sembrava irraggiungibile, ora siamo lì: difficile, ma ce la giochiamo. Tutto è nelle nostre mani. Con il lavoro e con il sacrificio siamo lì e ce la giochiamo, sapendo che sarà difficile e che finora non abbiamo fatto niente”. Lo ha detto il capitano del Napoli Giovanni Di Lorenzo a Radio Crc. Su quando il gruppo abbia capito davvero di essere inserito nello sprint scudetto, Di Lorenzo ha detto: “Non c’è stato un momento preciso. Partita dopo partita ci siamo costruiti questo percorso. Ora serve l’ultimo passo: il gruppo è unito, crede nell’obiettivo. Quando sei primo per tanto tempo non è mai per caso”.
Di Lorenzo ha parlato della sfida di sabato a Lecce e della forza del gruppo azzurro: “Ci tengo prima di tutto – ha detto – a mandare un abbraccio alla famiglia del fisioterapista del Lecce, la notizia ci ha colpiti molto. Sarà una partita difficile: loro lottano per salvarsi, e questa tragedia ha reso l’atmosfera particolare. Ma noi vogliamo portare a casa la vittoria. La forza di questo Napoli è il gruppo. Dietro ogni grande vittoria e ogni grande squadra c’è infatti un gruppo solido. Quando ci si vuole bene davvero, si affronta tutto meglio. Le difficoltà arriveranno, come sempre, ma ciò che conta è come reagiamo. Se il gruppo è sano, superare i limiti diventa più semplice”.
Il terzino destro ha parlato anche del rapporto con Conte e con i nuovi arrivati la scorsa estate: “Da capitano – ha detto – sono il più vicino all’allenatore, passo i suoi messaggi alla squadra. Fin dal primo giorno c’è stato un legame diretto, sincero e leale. La base è la sincerità: Conte è un allenatore forte, conoscevo già le sue qualità da avversario e in questi mesi le ha confermate. Siamo felici di averlo con noi. Sulla fascia destra ci conosciamo bene, da anni. Sappiamo leggere i movimenti l’uno dell’altro, ed è una qualità che ci portiamo dietro nel tempo. Ma il merito è anche del mister, che tiene alta l’intensità e coinvolge tutti. Anche chi gioca meno dà un contributo importante: è questo spirito che porta i risultati. I nuovi arrivati a Napoli? Spesso sono io a muovermi verso di loro, per metterli a loro agio e per farli inserire, magari con un messaggio o una chiamata. Gli consiglio le stesse cose che dissero a me quando arrivai, la cosa fondamentale è vivere la città come una persona normale e non sentendosi diversi. Io esco spesso in centro, scendo e non vivo male la città”. Di Lorenzo risponde anche su chi ha lasciato la maglia azzurra a gennaio, Kvaratskhelia: “Ieri sera – ha detto – ho visto la sua partita con il Psg: è fortissimo e gli auguro il meglio, anche di vincere la Champions League”.