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Terza dose di vaccino, ecco chi ha deciso di sì e chi ancora non ha deciso

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Si deve fare o no una terza dose di vaccino contro il covid? E quali sono i soggetti che dovrebbero farla? Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) al momento non c’è la necessità di un richiamo ma anzi bisogna accelerare sulla vaccinazione nei Paesi in via di sviluppo. Della serie vaccinare meno vaccinare tutti. Tuttavia in  molti paesi, tra cui Israele, Germania, e Francia, hanno deciso di offrire il richiamo agli anziani e alle persone che hanno un sistema immunitario debole. Questo è quanto suggerisce il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc) in un rapporto. Ma vediamo  come ci si sta orientando nel mondo. Dal 20 settembre chi ha completato il ciclo vaccinale da almeno otto mesi riceverà un richiamo. L’Agenzia Europea per i medicinali (Ema) non si è ancora espressa sulla necessità di una terza dose perché, a suo giudizio, non ci sono ancora dati sufficienti e quindi i Paesi dell’Unione Europea che decidono già ora di somministrare il richiamo si espongono a rischi legali. L’Ungheria è l’unico Paese Ue che ha già iniziato a somministrare terze dosi e le sta offrendo a chiunque lo desideri, a patto che il richiamo avvenga almeno quattro mesi dopo la fine del primo ciclo. Chi ha ricevuto un vaccino Oxford/AstraZeneca, Johnson & Johnson o Sputnik V, ora riceve o un vaccino mRNA o un vaccino a virus inattivato, come quello di Sinopharm. Chi invece ha già avuto un vaccino mRNA ora riceve un vaccino a vettore virale o un vaccino a virus inattivato per il richiamo .
La Germania inizierà in questo mese la somministrare una terza dose di vaccino agli anziani e alle persone a rischio. Il nuovo richiamo, con Pfizer o Moderna, sarà offerto anche a chi ha già ricevuto due dosi di AstraZeneca o la singola di Johnson&Johnson. In Baviera le prenotazioni sono già aperte.
La Grecia il 23 agosto ha annunciato che alle persone vulnerabili sarà somministrato un richiamo con vaccini mRNA che sarà disponibile nella prima settimana di settembre.
A partire da settembre in Gran Bretagna sarà somministrata la terza dose di vaccino ai deboli e agli anziani. Il governo Johnson ha anche acquistato 100 milioni di fiale di Pfizer/BioNTech .
Il governo ceco offrirà un vaccino di richiamo Covid-19 dal 20 settembre a qualsiasi persona precedentemente vaccinata. Sempre a settembre dovrebbero iniziare i richiami anche in Francia. Nei giorni scorsi l’Haute Autorité de Santé (Has) ha raccomandato la somministrazione di una terza dose di vaccino anti Covid-19 a tutti coloro che hanno superato i 65 anni e agli immunodepressi.
In Austria la terza dose sarà somministrata a partire dal 17 ottobre. Il richiamo sarà somministrato da sei a nove mesi dopo il primo ciclo di vaccinazione ai residenti delle case di cura, agli over 65 anni, alle persone fragili e a coloro che ricevuto un vaccino Johnson & Johnson o AstraZeneca come prima dose. Tutti gli altri potranno fare il richiamo per la terza dose da nove a 12 mesi dopo la loro ultima dose. Per la terza dose saranno utilizzati i vaccini BioNTech/Pfizer o Moderna.
La Svezia ha annunciato un programma di richiamo per le persone che sono a rischio di gravi malattie, come gli anziani. La campagna di vaccinazione per la terza dose inizierà in autunno. Ai danesi con un sistema immunitario debole verrà consigliato la somministrazione della terza dose.
Il Belgio ha autorizzato la terza dose di vaccino, in particolare quello mRNA, alle persone immunodepresse. Servono più dati prima di considerare scatti extra per gli anziani e le persone che vivono nelle case di cura. L’Italia non ha ancora chiarito il suo piano per le dosi di richiamo. Ma potrebbe farlo a breve.
Non hanno ancora preso una decisione in merito alle terze dosi Spagna, Olanda, Finlandia e Polonia. In Israele i richiami con le terze dosi sono iniziati a luglio e ora la terza dose è disponibile anche a partire dai 12 anni. I brasiliani con il sistema immunitario compromesso e gli anziani sopra gli 80 anni riceveranno la terza dose di vaccino per frenare l’aumento dei contagi nel Paese che ha un basso tasso di vaccinazioni e la più alta mortalità nel mondo dopo gli Usa. Dal 12 agosto la Cambogia offre una dose di AstraZeneca a chi ha ricevuto un primo ciclo di vaccini Sinopharm e Sinovac. Alla fine di agosto la provincia dell’Ontario ha iniziato ad offrire la terza dose alle persone vulnerabili. Chi ha già ricevuto il vaccino Sinovac ha diritto al richiamo dall’11 agosto. Per ora attende il completamento della prima campagna vaccinale.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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