Cinque giorni per tenere unito il Partito Democratico e chiudere la partita dei capigruppo senza strappi. Mentre la segretaria Elly Schlein è a Bruxelles, dentro e fuori il Parlamento continua il lavorio per trovare un’intesa. La tensione è alta, perché la scadenza è alle porte. Lunedì alle 17 si riunirà l’assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato. All’ordine del giorno c’è la discussione sulla “nuova fase politica”, ma l’imperativo nella sala Berlinguer di Montecitorio sarà quello di raggiungere “l’unitarietà” sui nomi da proporre per il voto finale. Voto previsto martedì mattina, sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. L’accordo tra Schlein e Bonaccini, però, è lontano. Le frizioni di un match delicato, in cui rientra anche il nodo della segreteria, al momento non fanno escludere una sfida giocata al buio dello scrutinio segreto. La preoccupazione arriva soprattutto dagli ambienti vicini a Bonaccini, perdente alle primarie ma vincente nel voto dei circoli.
“In gioco c’è l’unità del Pd”, fa notare qualcuno. L’area del presidente Dem vorrebbe eleggere uno dei due capigruppo. Camera o Senato, non importa. È questo l’oggetto del contendere. A generare apprensione tra i parlamentari che hanno sostenuto Bonaccini è la linea della segretaria, che non sembra vacillare. I più vicini a Schlein, invece, fanno notare il tentativo di mettere in discussione un accordo già raggiunto. “Elly aveva proposto a Stefano la vicesegreteria, ma lui l’ha rifiutata. Avendo preso la presidenza, che di solito è sempre andata alla mozione vincente, non capiamo questo impuntarsi sui capigruppo”. La proposta è consolidata. Capigruppo alla maggioranza. Francesco Boccia al Senato e Chiara Braga alla Camera. “È fisiologico che col cambio al vertice cambi anche la guida dei gruppi”, ribadisce un deputato in Transatlantico. Tra i bonacciniani, ormai, i malumori vengono a galla. C’è chi si definisce “pacifista”, pronto ad “anteporre una gestione unitaria agli appetiti personali”.
Ma c’è anche chi non digerisce una “linea morbida” nei confronti della segretaria e non molla l’idea di portare a casa una delle due cariche. “Non è mai capitato che il segretario abbia preteso i nomi di entrambi i capigruppo”, si protesta. Bonaccini, dopo aver incontrato Serracchiani e Malpezzi, le capigruppo uscenti schierate con lui, ha continuato in giornata un giro di incontri. Sabato riunirà i suoi per trovare il bandolo della matassa. Il rischio della conta nel voto di martedì, però, non è escluso. Al Senato, i voti a favore di Boccia dovrebbero garantirgli l’elezione. Alla Camera, invece, c’è parità. Parità che potrebbe persino consentire alla capogruppo uscente di avere i numeri per la riconferma. Ma la sfida alle urne, in fondo, non la vuole nessuno. “Cinque giorni di trattativa, in politica, sono un’infinità”, evidenzia un parlamentare vicino a Bonaccini. Un filo di speranza, mentre dalla sponda opposta regna l’ottimismo. “Andremo a meta, il dialogo continua”.
I due leader si sono sentiti ieri e il confronto tra gli sherpa delle due parti prosegue incessante. Lunedì Elly Schlein arriverà alla riunione dei parlamentari con un discorso. L’obiettivo, ribadito anche in campagna elettorale, sarà quello di compattare il partito. Contenere i mal di pancia, per chiudere in settimana le partite sugli uffici di presidenza e sulla segreteria. Intanto, la vicepresidente Capone ha fatto sapere che la segretaria, sui ruoli nel partito, “decide molto in autonomia”. Opinione, questa sì, che mette tutti d’accordo.