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Economia

Su Patto strada in salita ma Moody’s alza outlook Italia

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Resta tutta in salita la riforma del Patto di stabilità, mentre per l’Italia la settimana si chiude con l’atteso responso di Moody’s sul rating sovrano con l’agenzia di rating che ha rialzato l’outlook per il nostro Paese da negativo a stabile lasciando immutato il rating a ‘Baa3′. Martedì prossimo arriverà il giudizio della Commissione europea sulla manovra. Intanto per Moody’s “le prospettive di breve termine dell’Italia sono sostenute dall’attuazione del Pnrr ma anche dai recenti miglioramenti del settore bancario.

I rischi legati alle forniture energetiche sono diminuiti in parte per il clima buono dello scorso inverno, ma anche per le azioni del governo” anche se l’ agenzia invita a ridurre il debito italiano troppo elevato e ammonisce sulle dinamiche del Pnrr: “un’opportunità che capita una volta in una generazione” ma mettendo in guardia dai rischi di un’esecuzione inefficace. Soddisfatto il ministro dell’ Economia Giancarlo Giorgetti: “E’ una conferma che , seppure tra tate difficoltà stiamo operando bene per il futuro dell’Italia”dice auspicando ” che le prudenti, responsabili e serie politiche di bilancio del governo, pur nelle legittime critiche di un sistema democratico, siano confermate anche dal Parlamento”.

Sul Patto dopo settimane di negoziato per convergere sulle linee di principio messe a punto dalla Spagna (Paese alla presidenza Ue di turno), all’ottimismo dell’Ecofin della scorsa settimana è seguito il silenzio. E’ ormai certo che non si terrà un Consiglio straordinario dell’Economia, ipotizzato per giovedì prossimo 23 novembre per passare dal testo di sintesi spagnolo (‘landing zone’) a una prima proposta legislativa. Si moltiplicano le ipotesi su possibili date alternative, ma sulla bozza legislativa resta ancora tutto fermo. Continuano invece gli incontri bilaterali: anche in giornata era in agenda un incontro tra i ministri delle Finanze tedesco Christian Lindner e francese Bruno Le Maire, che rappresentano un po’ i porta bandiera delle rispettive posizioni: ‘frugali’ contro Paesi del Sud Europa. La prossima settimana sarà invece il ministro Giancarlo Giorgetti ad andare a Parigi (martedì) e Berlino (mercoledì), in occasione del summit italo-tedesco.

Le cancellerie europee all’indomani guarderanno poi a quanto avverrà a Roma sulla ratifica del Mes e sull’eventuale nuovo rinvio. Al momento è in calendario alla Camera mercoledì 22. Il negoziato sul Patto aveva registrato la scorsa settimana grande soddisfazione della Germania e dei ‘frugali’ tutti, per aver consolidato il principio che nella riforma ci saranno salvaguardie numeriche a garanzia del calo del debito e del deficit, anche se resta ancora tutta da negoziare l’entità di riduzione media annua del debito per i Paesi più indebitati (sembra trovata una convergenza invece sui tempi). L’aver previsto però un margine di sicurezza ulteriore per il deficit ha fatto però irrigidire i Paesi in disavanzo eccessivo (con deficit oltre il 3% del Pil), dodici quest’anno secondo le ultime stime.

Nell’ambito del ciclo annuale europeo, poi, martedì arriverà il giudizio della Commissione sul Documento programmatico di bilancio per il 2024 dell’Italia. Il parere è basato sull’aderenza della manovra alle raccomandazioni di maggio. L’attesa è non ci siano grandi sorprese dalla parte più numerica, messa a punto da Roma con grande attenzione alla tenuta dei conti pubblici. Le raccomandazioni di maggio per la prima volta hanno guardato al Patto con il nuovo parametro di spesa al centro, chiedendo all’Italia di assicurare una politica di bilancio prudente limitando a non più dell’1,3% l’aumento nominale della spesa primaria netta finanziata a livello nazionale. Questo, aveva chiarito assicura un miglioramento annuo del saldo strutturale di bilancio pari almeno allo 0,7% del Pil.

I giudizi sui Dpb sono basati sulle previsioni che ha appena diffuso, mercoledì, l’esecutivo comunitario e qui il miglioramento del saldo strutturale dell’Italia è già visto all’1%, cioè oltre quanto richiesto. Rispetto alla parte più politica del giudizio, invece, nelle raccomandazioni di maggio oltre al risanamento graduale e sostenibile dei conti figurano tra l’altro, quella di un assorbimento efficace dei fondi europei, l’attuazione del Pnrr, il calo delle imposte sul lavoro, la corretta attuazione della legge delega sulla riforma fiscale, la razionalizzazione delle spese fiscali e l’allineamento dei valori catastali ai valori di mercato.

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Economia

Bankitalia, più rischi finanziari con dazi e crypto

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La guerra dei dazi, con l’impatto economico che minaccia la crescita mondiale e con i mercati attraversati da forte instabilità, fa salire i rischi per la stabilità finanziaria globale: il segnale più recente arriva dal crollo della fiducia dei consumatori americani ai minimi dal 2020. E c’è attenzione ai rischi legati all’intenzione dell’amministrazione Trump di utilizzare le ‘stablecoin’ per promuovere il dollaro. E’ lo scenario tratteggiato dal Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia: un termometro che misura ogni sei mesi i rischi sistemici e che, rispetto allo scorso novembre, inevitabilmente ruota attorno alle misure ad alto impatto di Trump e al “notevole aumento dell’incertezza e di tensioni sui mercati finanziari” che ne sono seguiti: previsioni di crescita ulteriormente ridimensionate” dopo i maxi-dazi annunciati il 2 aprile, con una probabilità di recessione negli Usa quest’anno “significativamente aumentata”.

Proprio oggi la fiducia dei consumatori Usa è crollata a 86 punti, mai così bassa dal 2020, mentre il sentiment economico nell’area euro è tornato a scendere. L’Italia, come i partner europei, non è al riparo. “L’alto debito pubblico e la scarsa crescita dell’economia italiana rimangono fattori di vulnerabilità”, si legge nel documento di 49 pagine. I dazi potrebbero far peggiorare la qualità dei prestiti bancari, con le banche italiane più esposte della media europea allo scenario di un calo degli utili delle imprese esportatrici superiore all’1% a causa dei dazi Usa. Nel complesso “i rischi per il sistema finanziario italiano restano comunque moderati”. Le banche sono ben capitalizzate, e vengono in aiuto una bassa disoccupazione; uno spread dei Btp sull’ottovolante con i treasuries Usa, ma più basso che nello scorso autunno; una posizione netta creditrice sull’estero che ha indotto S&P a migliorare il rating, a beneficio dell’interesse estero sui titoli italiani.

Il ‘faro’ di Bankitalia guarda anche a rischi specifici come l’alto numero (119) di incidenti operativi o cibernetici che hanno colpito gli intermediari nel 2024, e gli 85 miliardi di euro di ‘certificates’, strumenti finanziari complessi, nei portafogli italiani di cui quasi due terzi retail: il valore più alto fra i Paesi europei, da tempo all’attenzione di Via Nazionale e Consob. Bankitalia – come la Bce – monitora poi con attenzione i piani sul fronte della finanza digitale dell’amministrazione Trump, da cui arrivano segnali di forte sostegno alle attività crypto e avversione all’euro digitale. Per ora i dazi non hanno fatto altro che indebolire il dollaro, creando addirittura un’opportunità per l’euro sottolineata dal membro del board della Bce Piero Cipollone, a patto di realizzare l’Unione dei risparmi e investimenti e un titolo comune europeo.

Ma ci sono due osservati speciali, il ‘Genius Act’ e lo ‘Stable Act’, due proposte di legge americane tese a promuovere le stablecoin, attività che a fronte di un ‘token’ hanno riserve in valuta, specie dollari. Alcuni economisti ipotizzano che serviranno a irrobustire il ruolo internazionale del dollaro. I rischi, per Bankitalia, arriverebbero se nelle due proposte ci fosse una rottura con i principi globali concordati nel Financial Stability Board e con la normativa più stringente del regolamento europeo Micar. Se dal 10% del mercato crypto attuale le stablecoin arrivassero ad assumere una dimensione sistemica – avverte Bankitalia – potrebbe esserci una “eccezionale domanda di titoli pubblici degli Stati Uniti”, ma in caso di dissesto dell’emittente il rischio è una corsa a liquidare che “provocherebbe tensioni sui mercati dei titoli pubblici americani e ripercussioni su altri comparti del sistema finanziario globale”. Non solo: se nell’area dell’euro si affermassero come sistema di pagamento stablecoin in euro offerti da intermediari Usa, secondo il Rapporto si rischiano “implicazioni anche per il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento e per la stessa sovranità monetaria”.

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Economia

Fumata nera su contratto infermieri, fermi anche medici

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Dopo 13 mesi di stallo, ancora una fumata nera sul contratto del comparto Sanità 2022-24, che riguarda oltre 580mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale tra infermieri – che rappresentano oltre la metà del totale – tecnici e personale non medico. Sul tavolo ci sono 172 euro di aumento mensile ma i sindacati di categoria sono divisi e varie sigle reputano insufficienti le risorse stanziate e carente la parte normativa. L’incontro di oggi all’Aran per la ripresa delle trattative, dopo che alcune sigle avevano già fatto saltare l’accordo nei mesi scorsi, si è dunque chiuso con un nulla di fatto. Un nuovo incontro è previsto il 22 maggio.

Intanto, anche per il contratto dei medici è stallo: attendono ancora l’atto di indirizzo e chiedono di avviare subito le trattative. Nell’incontro di oggi, i sindacati degli infermieri e di categoria confermano posizioni differenti. Da un lato il sindacato Nursind, favorevole ad una chiusura. “Anche oggi – rileva il segretario Andrea Bottega – abbiamo ribadito la nostra disponibilità a sottoscrivere il Ccnl, ma soprattutto sollevato un problema di tempi perché i fondi, seppure pochi e insufficienti a compensare l’inflazione degli ultimi anni, vanno spesi entro fine anno come previsto dal Documento di finanza pubblica. Oppure sarà meglio poi doversi piegare a quanto sarà deciso unilateralmente dal governo? Questa sì che sarebbe una sconfitta per le relazioni sindacali”. Riferendosi quindi alle sigle che insistono sul nodo dei fondi, Bottega sottolinea che “la questione delle scarse risorse non è da porre al tavolo Aran. Non è in quella sede che può essere affrontata e risolta. Per disporre di nuovi stanziamenti, infatti, serve una legge”.

Per il Nursing up, l’incontro “si è rapidamente trasformato nell’ennesimo muro contro muro, senza uno spiraglio di soluzione”. E pur chiedendo di chiudere il contratto al più presto, il sindacato chiede a governo e regioni “da che parte stanno: basta teatrini, i professionisti sanitari non sono marionette”. E’ netta invece l’opposizione di Fp Cgil e Uil Fpl: “Non è emersa alcuna novità sostanziale, né sul piano economico né su quello normativo. Ancora una volta – affermano – il confronto si è rivelato privo di contenuti in grado di rispondere concretamente alle attese dei lavoratori e lavoratrici del settore. Ribadiamo con fermezza l’indisponibilità a sottoscrivere una pre-intesa che non riconosca il valore del personale sanitario attraverso tutele reali, diritti esigibili e un adeguato incremento salariale”. Insomma, avvertono, “in assenza di un cambio di rotta non esistono le condizioni per la chiusura positiva della trattativa”. Da parte sua, l’Aran sottolinea che, anche se restano distanti le posizioni delle parti, “il confronto ha permesso di entrare nel merito di alcune questioni specifiche, offrendo l’occasione per un dialogo più concreto. Per continuare il confronto e verificare se ci sono le condizioni per arrivare a un’intesa”.

Ricorda quindi che si prevede un aumento medio mensile di 172,37 euro per tredici mensilità, pari al 6,8% in più rispetto agli stipendi attuali, e le risorse stanziate ammontano a 1,784 miliardi. Oltre agli aspetti economici, il contratto introduce inoltre “maggiore tutela contro le aggressioni al personale, riorganizzazione degli incarichi professionali, potenziamento della formazione e nuove misure per migliorare l’equilibrio tra vita e lavoro”. Intanto, medici e dirigenti sanitari ancora attendono l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il loro contratto 2022-24, dunque già scaduto. “Non solo non siamo disponibili ad aspettare, perchè è inaccettabile dover attendere la conclusione del contratto del comparto Sanità per poter iniziare a discutere di quello dei medici – affermano i leader dei sindacati Anaao e Cimo, Pierino Di Silverio e Guido Quici – ma anzi chiediamo di fare un ulteriore passo avanti accorpando i trienni contrattuali 2022-24 e 2025-27, una decisione che sarebbe storica”. Questo, concludono, per “garantire ai colleghi adeguamenti retributivi accettabili e bloccare l’intollerabile tradizione di firmare solo contratti già scaduti”.

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Economia

Françoise Bettencourt Meyers lascia il consiglio di L’Oréal

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Dopo quasi 30 anni, Françoise Bettencourt Meyers (foto Imagoeconomica) lascia il consiglio di amministrazione di L’Oréal, pur mantenendo la presidenza della holding familiare Tethys, primo azionista del gruppo. Al suo posto nel board entrerà un altro rappresentante di Tethys, mentre il ruolo di vicepresidente sarà assunto dal figlio Jean-Victor Meyers, 38 anni. Françoise Bettencourt Meyers, 71 anni, è l’unica erede diretta del fondatore di L’Oréal, Eugène Schueller.

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