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Cronache

Sospetti e tensioni nel CPR di Palazzo San Gervasio: la morte misteriosa di un detenuto

Un giovane detenuto marocchino è morto nel CPR di Palazzo San Gervasio, scatenando una rivolta tra i reclusi. Le circostanze della morte sono ancora avvolte nel mistero, con indagini in corso per chiarire se si sia trattato di omicidio o negligenza. Il Centro di Permanenza per i Rimpatri si trova ora al centro delle polemiche e delle inchieste giudiziarie.

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Il Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Palazzo San Gervasio, un piccolo comune di cinquemila abitanti in provincia di Potenza, è teatro di un episodio drammatico e misterioso che ha sconvolto sia i detenuti che il personale del centro. Il 5 agosto scorso, un giovane marocchino di 23 anni, identificato inizialmente come Oussama Belmaan, è stato trovato morto all’interno della struttura, in circostanze ancora poco chiare. La sua morte ha scatenato una violenta rivolta tra i detenuti, culminata con un incendio che ha distrutto due dei diciassette moduli detentivi del centro.La situazione all’interno del CPR di Palazzo San Gervasio, soprannominato “La Voliera” o “Guantanamo” dai detenuti, era già tesa prima dell’accaduto. Circa cento persone, in gran parte marocchine, sono detenute in condizioni che gli stessi operatori definiscono critiche. Secondo un testimone che lavora nella struttura, le persone sono costrette a vivere “24 ore su 24 dietro le sbarre”, una condizione che spesso le porta a compiere atti di autolesionismo.

La morte del giovane marocchino, identificato con il numero di matricola 4607, ha portato alla ribalta le gravi carenze del sistema di assistenza e sicurezza del centro. Secondo le testimonianze raccolte, il giovane era stato lasciato senza soccorso dopo aver manifestato segni di grave malessere. La situazione è degenerata quando altri detenuti hanno cercato di aiutare il giovane, senza ottenere l’intervento tempestivo del personale.

Un detenuto marocchino, Hamza Ezzine, amico del giovane morto, ha raccontato al Corriere della Sera la sua versione dei fatti. Secondo Hamza, il ragazzo aveva un “buco grande quanto una moneta” sulla fronte, segno di un possibile trauma. Dopo essere stato trasportato con difficoltà da due persone, il giovane è stato abbandonato nella sua cella senza ricevere cure adeguate. I compagni di cella hanno tentato di aiutarlo, ma il giorno successivo, il 5 agosto, è stato trovato morto.

Hamza ha descritto come il giovane avesse protestato salendo sul tetto del centro per attirare l’attenzione sulle condizioni di salute precarie di Hamza stesso, che aveva ingerito bulloni e si era inflitto una ferita al braccio. Grazie a questa protesta, Hamza è stato portato in ospedale, dove è stato curato, ma il suo amico è stato “prelevato” e successivamente abbandonato.

Il procuratore di Potenza, Francesco Curcio, che sta conducendo le indagini insieme all’aggiunto Maurizio Cardea, ha dichiarato che “non si può escludere l’omicidio”. Le indagini sono concentrate non solo sulle circostanze della morte del giovane, ma anche sulle condizioni generali all’interno del CPR, che è già stato oggetto di un’inchiesta per somministrazione forzata di psicofarmaci ai detenuti.

Le tensioni non si sono placate nemmeno dopo la morte del giovane: quattordici detenuti, potenziali testimoni oculari, sono stati rilasciati anticipatamente, sollevando dubbi sulle motivazioni dietro questa decisione e lasciando il caso ancora più avvolto nel mistero.

La vicenda solleva gravi interrogativi sul trattamento riservato ai detenuti nei CPR e sulle condizioni di vita all’interno di queste strutture. Il fatto che un giovane uomo possa morire in circostanze così oscure e che le indagini rivelino potenziali negligenze e abusi da parte del personale getta una luce sinistra su queste strutture, spesso descritte come “terre di nessuno” dove le vite degli internati sembrano avere poco valore.

Mentre le indagini proseguono, la comunità e le organizzazioni per i diritti umani chiedono maggiore trasparenza e giustizia per il giovane marocchino e per tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni. La morte del numero di matricola 4607 non deve restare un mistero, ma deve portare a un esame approfondito e a una riforma urgente di questi centri di detenzione.

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Cronache

Primo maggio bollente: in arrivo la prima ondata di calore africano del 2025

Prima ondata di calore africano del 2025: temperature oltre i 30 gradi in molte città italiane per il Primo Maggio. Ma il caldo durerà poco: in arrivo temporali e aria fresca dal Nord.

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Il ponte del Primo Maggio segnerà l’arrivo della prima vera ondata di calore del 2025, con temperature ben al di sopra delle medie stagionali. Dopo un mese di aprile più piovoso del solito, è in arrivo un robusto anticiclone africano che porterà picchi di calore fino a 34 gradi a Siracusa, 31 a Catania, 30 a Foggia e nel Cagliaritano.

Caldo anomalo anche al Nord

Anche Milano e il Nord Italia si preparano a un insolito caldo: venerdì il capoluogo lombardo potrebbe toccare i 29 gradi, superando il precedente record di 27,6 °C registrato nel 2000. Le temperature saranno superiori di 7-8 gradi rispetto alle medie del periodo e lo zero termico si alzerà fino a 3.800 metri di quota, come a luglio.

«L’anticiclone africano è in anticipo rispetto agli anni scorsi e si estenderà fino al cuore dell’Europa», spiega Mattia Gussoni, meteorologo di iLMeteo.it. «Stiamo assistendo a un allungamento della stagione estiva, che ormai parte da fine aprile e può arrivare a ottobre inoltrato».

Escursioni termiche e mari ancora freddi

Sebbene le temperature massime raggiungeranno valori estivi, le minime notturne resteranno più contenute, con escursioni termiche fino a 20 gradi in alcune aree, come Puglia e Sardegna. Le zone costiere adriatiche saranno in parte risparmiate dal caldo eccessivo grazie all’azione mitigatrice dei mari ancora freddi.

Ma il caldo durerà poco: da domenica tornano piogge e grandine

La stabilità atmosferica sarà di breve durata. Domenica pomeriggio si prevede un primo peggioramento con temporali sulle Alpi, innescati dalla discesa di aria fresca dal Nord Europa. Lunedì i fenomeni si estenderanno alle regioni settentrionali e, in serata, anche a quelle centrali, con possibili grandinate e rovesci intensi.

«Si tratterà di una fase rapida», precisa ancora Gussoni. «Da martedì il tempo migliorerà, ma i contrasti tra masse d’aria calda e fredda potrebbero generare fenomeni violenti, anche se non paragonabili a quelli estremi verificatisi due settimane fa in Piemonte».

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Cronache

Cristina Seymandi: «Io non sono fragile. Sono antifragile»

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Intervista al Corriere della Sera. Dopo il video virale che l’ha travolta, l’imprenditrice torinese racconta come ha trasformato l’umiliazione pubblica in una forza interiore e personale. Ora pubblica un libro e rilancia: “Non mi sono reinventata, sono sempre stata questa”

La notte che cambiò tutto

Era la sera del suo 47esimo compleanno, il 27 luglio 2023. Cristina Seymandi, imprenditrice nota nella Torino bene, attendeva l’annuncio del matrimonio da parte del suo compagno, Massimo Segre, banchiere e commercialista. Invece, lui la lasciò pubblicamente davanti a tutti gli invitati, accusandola di infedeltà. Il video della scena diventò virale e fece il giro del mondo. Oggi Seymandi racconta quella notte e tutto ciò che è seguito in un’intervista al Corriere della Sera.

«Mi sono rivista nel film La donna della domenica», confessa. «Una villa in collina, gli abiti estivi, e tutti che si chiedono: chi è il colpevole?».

Il libro e la scelta del titolo

A un anno da quell’episodio, Cristina pubblica un libro: Antifragile si diventa. Verso una libertà autentica (Cairo Editore). Una risposta ai tanti che le hanno chiesto: come hai fatto a reggere l’onda d’urto?

«Antifragile è la parola giusta. Non sono mai andata contro le cose con violenza, ma non ho mai ceduto. Ho sempre cercato la sfida. Anche quando lavoravo in Comune non mi sono limitata al ruolo: ho creato un tavolo con i cittadini, prendendomi insulti ma lasciando un segno».

Dai sogni spezzati alla rinascita

Il primo gesto antifragile della sua vita? «Scegliere Lettere invece di Giurisprudenza. Mio padre smise di parlarmi e non mi pagò gli studi. Ho iniziato a lavorare, diventando autonoma: cameriera, promoter, baby sitter, ripetizioni… è lì che ho iniziato a costruirmi».

Nel celebre video, Seymandi rimane in silenzio. Era torinesità o lucidità? «Non ho parlato perché ero preoccupata per lui, non per me. Non credevo alle mie orecchie. Non era il luogo per rispondere. Il dialogo mancato? Se l’altro non si apre, il dialogo non può esserci».

La violenza del web e la forza del silenzio

«Quel video ha attivato la magistratura, che ha riconosciuto nelle offese ricevute discriminazioni di genere. Le parole feriscono più delle botte. Io ho retto, ma c’è chi crolla. Ho ricevuto messaggi terribili, ma anche richieste di aiuto e sostegno. Per questo ho scritto il libro: per condividere strumenti di resistenza».

Alla richiesta di archiviazione dei pm, che sostenevano che «sui social non si può pretendere eleganza», risponde: «È stata la conferma che stavo combattendo una battaglia che non era solo mia».

Consigli e nuove consapevolezze

«Cosa fare davanti a un’ondata di odio? Spegnere il cellulare, farsi una passeggiata. I social sono vetrine temporanee. Le persone che giudicano non sanno nulla. Io non ero io, per loro. E poi ho una figlia, Ginevra, da proteggere: ho pensato a lei, e sono andata a lavorare».

Il libro è dedicato a lei e a Raffaella, la sorella minore morta in un incidente aereo in Ciad: «Dovevo partire io, non lei. Da allora, ogni giorno è un giorno in più per amare e imparare».

L’amore, la carriera e il presente

Ha ritrovato l’amore? «Sì, con un uomo meraviglioso. Ognuno a casa propria. Niente velleità da Grande Fratello». E sulla fiducia negli uomini: «Quando una storia finisce, le colpe sono sempre in due. Se lui era sbagliato, io l’ho scelto».

Oggi è vicepresidente del Savio Group Spa, advisor di Ward Howell International, e si occupa di progettazione europea. «Non mi sono reinventata. Sono sempre stata questa. E no, non sono fragile. Sono antifragile».

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Cronache

Tragedia a San Gregorio di Catania: muore 23enne, il padre fermato per omicidio

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Durante una festa per un diciottesimo compleanno nella villa di famiglia, Carlo La Verde è stato colpito a morte da un proiettile esploso dalla pistola del padre durante una colluttazione. Il 62enne Natale La Verde è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario.

Una festa trasformata in incubo

La villa l’avevano chiamata Heaven, paradiso. Una splendida proprietà con vista mare a San Gregorio, nel catanese, dove da tempo la famiglia La Verde organizzava feste ed eventi. Sabato sera, durante un diciottesimo, il paradiso si è trasformato in teatro di una tragedia.

Secondo le prime ricostruzioni, un gruppo di ragazzi non invitati si sarebbe introdotto nel locale, generando tensioni tra gli imbucati e gli invitati. Tra questi anche Carlo La Verde, 23 anni, figlio del proprietario, che insieme ad alcuni amici avrebbe provato a farli uscire.

I colpi partiti dalla pistola del padre

Allarmato dalle urla, Natale La Verde, 62 anni, padre di Carlo, avrebbe afferrato una pistola 357 Magnum appartenente alla famiglia, regolarmente denunciata, e avrebbe sparato in aria per intimidire. Ma nel tentativo di disarmarlo da parte dei presenti, è scoppiata una colluttazione. Nella confusione, sono partiti due colpi: uno ha colpito mortalmente Carlo all’addome, l’altro ha ferito lievemente a un piede un 31enne.

Carlo, studente universitario di Economia e Impresa, appassionato di sport e viaggi, è morto sul colpo. Inutili i soccorsi del 118, che hanno trovato un clima di altissima tensione.

Il fermo e le indagini

Il padre è stato fermato dai carabinieri per omicidio volontario. La pistola, appartenuta al nonno della vittima, è stata sequestrata. A condurre le indagini saranno anche gli esperti della Sezione investigazioni scientifiche del comando provinciale di Catania.

Sotto esame anche le tensioni scoppiate all’arrivo dei soccorsi: alcuni amici della vittima avrebbero aggredito il personale del 118, accusato di essere arrivato in ritardo. «Ci state impedendo di aiutare chi ha bisogno di noi», hanno replicato i sanitari.

Le reazioni e lo sciopero simbolico

Il presidente della Seus 118, Riccardo Castro, ha parlato di «un ennesimo atto di violenza che suscita preoccupazione e indignazione». Il direttivo Coes Sicilia, che rappresenta gli autisti soccorritori, ha indetto uno sciopero simbolico di tre ore per il 1° maggio: sarà affissa una locandina di protesta sui mezzi, ma il servizio di emergenza sarà comunque garantito.

Intanto, il sindaco di San Gregorio, Sebastiano Sgroi, ha definito quanto accaduto «una tragedia che lascia senza parole» e che ha colpito «una famiglia nota e perbene».

 

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