Collegati con noi

Economia

Sos ricambio generazionale pesca, cercasi comandanti

Pubblicato

del

Scuola in banchina per il ricambio generazionale nella pesca, visto che da qui al 2032 rischiano di rimanere fermi in porto 8 pescherecci su 10 per mancanza di comandanti. E’ la proposta lanciata da Fedagripesca-Confcooperative in vista dell’avvio dell’anno scolastico, denunciando che gia’ oggi manca il 10% dei capitani sulle 12 mila imbarcazioni in attivita’. A mancare all’appello a bordo sono un po’ tutte le figure professionali del settore, ma se per i mozzi si riesce a sopperire con lavoratori extracomunitari per lo piu’ del nord Africa, per i comandanti questo non e’ possibile in virtu’ di quanto previsto dal codice della navigazione. A bordo delle navi battenti bandiera italiana, infatti, il comandante e il primo ufficiale di coperta devono essere cittadini di uno Stato dell’Unione europea o di un altro facente parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo, reso esecutivo dalla legge 28 luglio 1993, n. 300, come lo sono Norvegia, Islanda e il Liechtenstein. Per i giovani, evidenzia l’associazione, sono molti i motivi per investire il proprio futuro lavorativo nel settore; se si ragione in chiave di blu economy l’Italia si colloca al terzo posto per un valore aggiunto tra i Paesi europei del 13,5%; con 33.601 imprese questo settore rappresenta il 15% dell’economia del mare dove i giovani occupati sono 3.253, il 9,7% e le donne: 5.842 il 17,4%. “Occorre attrarre giovani, puntare sulla formazione e promuovere questo mestiere”, afferma il vicepresidente Fedagripesca-Confcooperative, Paolo Tiozzo precisando che gli istituti professionali per la pesca commerciale e le produzioni ittiche oggi stentano a formare le classi per mancanza di alunni”. Ed e’ quello che ad esempio e’ successo in Liguria, dove in un Istituto scolastico di La Spezia, sono riusciti ad attivare tutti i corsi pet l anno ad eccezione del nuovo indirizzo ittico commerciale per gli appassionati del mare e della sua filiera produttiva. Ma il percorso formativo sara’ comunque riproposto il prossimo anno, visto che gli organizzatori sono convinti che possa aprire nuovi profili lavorativi a vocazione marinaresca; non solo riguardanti pesca e produzione ittica e alimentare, ma anche le flotte croceristiche o mercantili. Un settore insomma che manca di appeal. Come ricorda Fedagripesca nell’ultimo decennio, la pesca ha visto fuoriuscire il 16% dei lavoratori, passati da 30 mila a poco meno di 24 mila, di cui circa 19 mila a tempo pieno. Stabile, invece, la media degli imbarcati per peschereccio con circa 2,12 occupati; fenomeno meno evidente se si considera, invece, il personale a terra conta oltre 100 mila persone. “Come Ministero – sottolinea il sottosegretario alle Politiche agricole Francesco Battistoni – siamo a conoscenza delle problematiche del settore, comprese quelle relative alla formazione. Con la Direzione Generale della Pesca stiamo lavorando all’ introduzione di figure professionali nuove di cui il settore ha bisogno”. “In piu’ a San Benedetto del Tronto – continua il sottosegretario al Mipaaf, Battistoni – stiamo ideando un progetto pilota dedicato proprio ai giovani che prevede corsi di formazione incentrati a favorire il ricambio generazionale verso quelle figure professionali senza le quali le nostre marinerie rischierebbero di fermarsi. Contiamo nei prossimi mesi di essere gia’ in linea con le urgenze di cui il settore necessita dando risposte puntuali al comparto”.

Advertisement

Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

Pubblicato

del

In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

Continua a leggere

Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

Pubblicato

del

Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

Continua a leggere

Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

Pubblicato

del

Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto