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Musica

Smashing Pumpkins, trionfo a Milano: tra i classici anni ’90 e l’anima nuova di Aghori

Dopo 14 anni gli Smashing Pumpkins tornano a Milano con un live epico al Parco della Musica. In scaletta hit anni ’90 e i brani del nuovo album ‘Aghori Mhori Mei’.

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Dopo quattordici anni di assenza, gli Smashing Pumpkins sono tornati stasera a Milano per la prima tappa italiana del loro “The Aghori Tour”. Un rientro accolto con entusiasmo dalle migliaia di fan accorsi al Parco della Musica, per un live che si è rivelato un vero e proprio rito rock, tra nostalgia anni ’90 e l’energia del nuovo disco.

La funzione rock di Billy Corgan

A guidare la band sul palco, l’iconico Billy Corgan in una scenografica veste quasi sacerdotale: lungo abito nero con bottoni rossi, voce tagliente e piglio da cerimoniere dell’alternative rock. Accanto a lui, i fedelissimi James Iha alla chitarra e Jimmy Chamberlin alla batteria. Il concerto si è aperto in maniera inusuale con “Glass’ Theme” e ha incluso una sorprendente cover di “Take My Breath Away” dei Berlin.

“Non abbiamo scritto noi questo brano, viene da un bellissimo film”, ha scherzato Corgan, alludendo a Top Gun, prima di riprendere il filo di uno spettacolo ben costruito e visivamente curato, con bambole rotanti a fare da fondale, a metà tra carnevale e horror.

Un viaggio tra passato e presente

L’anima del concerto resta ancorata agli anni ’90, e in particolare all’album simbolo Mellon Collie and the Infinite Sadness, di cui ricorre il trentennale. Da lì sono arrivate “Bullet With Butterfly Wings”, “Tonight, Tonight” e la storica “1979”, con il pubblico di Segrate a cantare ogni parola. Non sono mancate “Today” e la struggente “Disarm”, tratte da Siamese Dream.

Ma c’è spazio anche per il presente, con una manciata di brani dal nuovo album Aghori Mhori Mei – uscito nell’agosto 2024 – come “Edin”, “Pentagrams”, “Sighommi” e “999”, con cui la band riscopre le atmosfere graffianti degli esordi.

Un omaggio a Ozzy Osbourne

In una serata intensa e densa di emozioni, Corgan ha anche voluto rendere omaggio al compianto Ozzy Osbourne, accennando il riff di “N.I.B.” dei Black Sabbath e salutando sul palco il leggendario frontman scomparso da poco.

Dopo venti brani e due ore di musica potente, la band ha salutato il pubblico milanese con affetto e ironia. Il tour proseguirà il 1° agosto all’Ippodromo Capannelle di Roma per la seconda e ultima data italiana

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Alice Cooper: “Il rock non è morto. E io mi sento come a 30 anni”

Alice Cooper torna con la band storica, lancia un nuovo disco e celebra l’amore con la moglie Sheryl. “Il rock è vivo, il palco è la mia vita, e il mio amore dura da 50 anni”.

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Alice Cooper, 77 anni, non smette di sorprendere. È tornato con la sua band originale dopo mezzo secolo, ha pubblicato il nuovo disco The Revenge of Alice Cooper lo scorso 25 luglio e prepara, per il 2026, una nuova cerimonia di nozze con sua moglie Sheryl, per celebrare i 50 anni di matrimonio: «Ci siamo sposati ad Acapulco, ora vogliamo fare le cose in grande. È meraviglioso quando trovi la persona perfetta».

Il ritorno della band storica

Cooper racconta al Corriere della Sera che la reunion con la band degli inizi è nata senza rancori: «Nel 1974 ci siamo sciolti non per litigi, ma per stanchezza. Siamo rimasti amici. Così, 50 anni dopo, ho chiamato i ragazzi e ho detto: “Facciamo un disco?”. È stato divertente e lo rifaremo». Una reunion inaspettata, ma carica di energia. La stessa energia con cui Cooper ha affrontato una carriera lunga decenni.

L’inizio difficile e la benedizione di Zappa

L’esordio della band fu accidentato: «A Los Angeles eravamo pesci piccoli. Solo Frank Zappa ci diede fiducia. I primi dischi andarono male, poi arrivarono i successi». La chiave era lo shock rock, uno stile teatrale e provocatorio che inizialmente spaventava il pubblico adulto: «I ragazzi ci adoravano, ma i genitori ci odiavano. Sembravamo i cattivi del rock».

“Il pericolo non era sul palco, ma nella vita”

Con serpenti veri, ghigliottine e scenografie horror, Cooper ha segnato l’immaginario. Ma assicura: «Il pericolo era l’alcol e le droghe, non lo show. Abbiamo imparato guardando gli errori dei nostri fratelli maggiori come Morrison o Hendrix. Volevamo sopravvivere. E ci siamo riusciti».

Il rock è vivo (e i Måneskin promossi)

Sul futuro del rock, Cooper è ottimista: «Non morirà. I gruppi hard rock durano. E ci sono giovani che tengono viva la fiamma: i Green Day, i Foo Fighters, e anche i Måneskin. Li ho visti dal vivo, sono stati eccellenti. Portano avanti la tradizione». Cooper resta un riferimento, anche per la nuova generazione.

“Il palco è la mia vita”

Ritirarsi? Nemmeno per sogno: «Per uno come me, il palco è per la vita. Continuerò finché il corpo reggerà. Mi sento come se avessi trent’anni».

Un amore lungo 50 anni

Ma il vero colpo di scena è l’amore. Cooper svela: «Con Sheryl non litighiamo mai. È la donna perfetta. L’ho conosciuta quando aveva 18 anni, era una ballerina nel mio show. Non c’è mai stato alcun dubbio». E per il cinquantesimo anniversario, annuncia: «Ci risposeremo, stavolta con una cerimonia enorme. I nostri padri erano pastori e ci sposarono ad Acapulco. Ora vogliamo fare qualcosa di romantico. Amo passare il tempo con Sheryl più di chiunque altro al mondo».

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Musica

Giorgia: «A Sanremo ho pianto trent’anni di vita. Anche se Rettore mi ha ferita, resta una dea»

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«Un anno che ne sembra dieci, insperato e inaspettato». Così Giorgia descrive l’ultimo anno della sua carriera, segnato da una trasformazione profonda. Dopo Sanremo 2024 come co-conduttrice e un ritorno sul palco da artista in gara nel 2025, la cantante romana ha vissuto un’annata intensa, culminata in un sesto posto che per il pubblico era una vittoria. «Sul palco ho versato le lacrime accumulate in 30 anni», ha raccontato. «Quelle parole — hai vinto tu, hai vinto tu — mi hanno restituito tanto. Quel pianto è stato il riassunto di una vita».

Un successo trasversale, come Gianni Morandi

Il brano La cura per me è rimasto per 12 settimane ai vertici delle classifiche italiane con oltre 130 milioni di stream. «Non era una canzone radiofonica, ma ha funzionato come un tormentone», commenta Giorgia con autoironia: «Sono un po’ come Gianni Morandi, ho pure le mani grosse». In autunno tornerà a esibirsi nei palasport italiani con un tour molto atteso.

Il momento più buio e la rinascita

Reduce da un Sanremo 2023 poco riuscito e dai mesi bui della pandemia, Giorgia aveva pensato di smettere. A riaccendere la fiamma è stato un film con Rocco Papaleo: «Mi ha aiutata a ritrovare creatività. Poi è arrivato X Factor, una sfida con me stessa». Esporsi pubblicamente in un contesto nuovo le ha permesso di affrontare le sue rigidità: «Per me sbagliare era come morire. Invece ho capito che ricominciare da zero può essere un atto di consapevolezza».

La pressione e i social: i giovani artisti più esposti

Secondo Giorgia, le nuove generazioni di cantanti sono più fragili perché esposte ai ritmi serrati del mercato e alla pressione costante dei social: «Noi tra un disco e l’altro avevamo tempo per digerire le emozioni. Oggi tra un singolo e l’altro si vive un’altalena continua di giudizi. Io stessa, probabilmente, non avrei retto».

Ansia, insicurezze e il mestiere del cantante

Giorgia non ha mai nascosto la sua ansia: «Credo che i cantanti siano tutti psicopatici, in senso buono: hanno una sensibilità profonda, come se ogni canzone fosse sempre la prima volta». E aggiunge con ironia: «Anche con una carriera importante alle spalle, ci si sente sempre in discussione».

La rappresentanza femminile nella musica italiana

È l’unica donna nella Top 30 degli artisti italiani più ascoltati nel mondo, ma riconosce che la musica ha ancora un problema di rappresentanza femminile: «Ci sono donne formidabili oggi, ma c’è ancora qualcosa di archetipico e inconscio che ci ostacola. Le rughe per le donne sono una colpa, per l’uomo un fascino. Bisogna proporre nuovi modelli, anche alle donne stesse».

La risposta a Donatella Rettore

Donatella Rettore ha detto che Giorgia «è una copia di Whitney Houston». La cantante ha risposto con eleganza: «A essere una copia di Whitney Houston ci metterei la firma! Mi ha ferito, certo, ma capisco che non si può piacere a tutti. Di lei ho un bellissimo ricordo: la incontrai a una cena da bambina, la guardavo come una dea. E per me rimane la dea di quella sera».

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Gino Paoli: «Il cielo in una stanza, la mia vita irregolare e quel dolore che non passa»

Gino Paoli racconta al Corriere della Sera i suoi 90 anni tra jazz, amori, la nascita della canzone d’autore e il dolore per la morte del figlio Giovanni.

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A pochi mesi dai 91 anni, Gino Paoli (foto Imagoeconomia in evidenza) si racconta con la lucidità e la libertà di chi ha vissuto tutto. Attorno a un piatto di tagliatelle preparato dalla suocera Leda, 93 anni, seduto con la moglie Paola e la figlia Amanda Sandrelli, Paoli ricorda l’amicizia con Maurizio Costanzo, gli anni con i grandi del teatro e della canzone italiana, l’infanzia tra madre austriaca e padre ufficiale della Marina. Una famiglia divisa dalla guerra, con un nonno socialista e mani d’acciaio, una nonna cieca ma tenace, e la memoria delle foibe.

L’anima jazz e le origini della canzone d’autore

Gino Paoli non si considera il primo cantautore italiano: «Lo è stato Modugno, con “Vecchio frac”». La sua vera origine è il jazz, ascoltato fin da piccolo, mentre il padre improvvisava spettacoli in casa. Poi arrivarono i chansonniers francesi, Brassens e Brel, e la coscienza che una canzone potesse raccontare una storia, rompendo le regole della melodia tradizionale. «Scrivevo come mi piaceva, non seguendo schemi», confessa.

Il cielo in una stanza e l’amore per una prostituta

Uno dei più grandi successi di Paoli, “Il cielo in una stanza”, è nato da una relazione con una prostituta di cui oggi non ricorda nemmeno il nome, ma che ha ispirato uno dei brani più poetici della musica italiana. «Mi piaceva tanto, ma finiti i soldi, fui costretto a rivendere i libri di mio padre per continuare a vederla. Alla fine lei doveva partire, mi chiese di seguirla, ma io dissi di no». La canzone fu rifiutata da tutti finché Mina la incise in lacrime, creando un capolavoro immortale.

Tra bordelli e ribellioni: la Genova degli anni Sessanta

Paoli ricorda gli anni delle case chiuse e della legge Merlin, i bordelli frequentati da ragazzino, le giornate a chiacchierare con le puttane per la disperazione delle madame venete. Poi la Genova della rivolta del 1960, contro il congresso del Msi e contro il ritorno dei collaborazionisti. «Fui fotografato con sotto il braccio la testa di un poliziotto, mio padre voleva uccidermi», ricorda.

Caproni, il dolore per il figlio e il dialogo con Dio

Nel racconto più intimo, Paoli si commuove parlando del figlio Giovanni, morto prematuramente. «Una ingiustizia atroce. Dovevo morire io prima di lui». Il suo dialogo con Dio è diretto: «Gli chiedo perché ha portato via tutti i miei amici. Lui mi risponde: “Preferisco circondarmi di persone buone e intelligenti”». Di fronte alla morte, Paoli oscilla tra due immagini: «O il buio più totale, o un luogo pieno di luce e di musica dove ci ritroveremo tutti».

La vecchiaia, Elodie e la canzone che cambia

«Un tempo avevamo Mina e Vanoni, oggi tante cantanti puntano tutto sul corpo», disse tempo fa. Non ce l’aveva con Elodie, precisa ora, ma con un sistema che ha cambiato la musica. Eppure, nonostante whisky e sigarette per anni, Paoli ha esami perfetti. «Il mio medico vuole rigarmi la macchina».

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