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Economia

Sindacati taxi, verso nuovo fermo nazionale

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“In assenza di una formale convocazione che ad oggi non è ancora arrivata, sarà inevitabile proclamare un nuovo fermo nazionale del servizio”. E’ quanto dichiarano Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Satam, Tam, Claai, Unione Artigiani, Unione Tassisti d’Italia, Uritaxi, Fast Confal taxi, Unica taxi Cgil, Orsa taxi, Usb taxi, Unimpresa, Sitan/Atn. “In seguito allo sciopero dello scorso 21 maggio, avevamo ottenuto un impegno per un possibile incontro per il prossimo lunedì; nessun segnale in tal senso risulta arrivato”, affermano.

– Il fine dell’incontro è “riallacciare un dialogo a livello istituzionale che dopo l’arrivo in Italia del Vice capo mondiale di Uber si è purtroppo interrotto – aggiungono – e inevitabilmente, con tutte le annesse complicazioni e i certi disagi che ne deriveranno a chi è costretto a vivere in città sempre più congestionate e con un sistema di trasporto pubblico collettivo al collasso, saremo costretti, nel rispetto delle regole, a proclamare un nuovo fermo.

In questo contesto non si può continuare ad ignorare i problemi di un comparto vitale per la mobilità, come quello delle auto bianche che svolgono un servizio a prezzo calmierato a prescindere dalle condizioni del mercato, sempre più schiacciato dall’abusivismo e dall’uso improprio di vetture di noleggio, amplificato ulteriormente dalle piattaforme digitali che grazie ad algoritmi e moltiplicatori tariffari, aggrediscono gli utenti nei momenti di bisogno e conducono una gigantesca azione di dumping verso i lavoratori del settore. Noi non possiamo più tacere – concludono le sigle – e dopo cinque lunghi anni, chiediamo che finalmente si riapra un confronto che porti ad un quadro di regole chiare per tutti”.

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Ambiente

Esaurito l’ecobonus auto usate, al via per taxi e Ncc

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Continua la corsa ai fondi messi a diposizione dal ministero delle Imprese e del Made in Italy per l’ecobonus. Dopo la partenza in quarta del 3 giugno scorso, giornata in cui in nove ore sono stati polverizzati poco più di 200 milioni di euro destinati all’acquisto di vetture elettriche, anche le automobili usate hanno esaurito il plafond a loro disposizione. Secondo i dati pubblicati sul sito del Mimit, per questa categoria di veicoli, rimangono a disposizione poco più di 900 euro, che non bastano nemmeno per coprire un solo acquisto in più. Situazione simile per ciclomotori e motocicli a batteria, per i quali le risorse stanziate dal governo per il 2024 sono esaurite: rimangono solo 34 euro.

Altra categoria sold out è quella dei veicoli elettrici adibiti al trasporto merci, nel cui portafoglio rimangono solo 1.820 euro. Per camion e camioncini a motore tradizionale i fondi degli incentivi rimangono, invece, consistenti, per un valore di circa 26 milioni di euro, mentre 14 milioni sono a disposizione per le due ruote elettriche. Procedono decisamente più a rilento che in passato le prenotazioni delle auto ibride plug-in, quelle con emissioni di anidride carbonica comprese tra 21 e 60 grammi al chilometro, e delle ibride, quelle con emissioni comprese tra 61 e 135 grammi al chilometro. Per le prime sono stati impiegati 22 milioni di euro sui 125,7 disponibili, per le seconde 98 milioni su oltre 276,6.

In totale il governo ha stanziato un miliardo di euro per gli incentivi auto del 2024. Ma, come spiega il ministero, quasi 300 milioni sono stati già spesi con le prenotazioni effettuate nei primi mesi del 2024. Dunque, la disponibilità effettiva era alla partenza di 710 milioni di euro. Una cifra che comunque secondo la filiera non basterà ad affrontare la transizione del settore. Tra le richieste del comparto c’è infatti anche quella di una radicale revisione del sistema di tassazione degli autoveicoli. A partire dalle 10 di domani 17 giugno partiranno intanto gli incentivi destinati all’ultima categoria inclusa, cioè i titolari di licenze taxi e Ncc per l’acquisto di veicoli non inquinanti fino a 8 posti. Mercoledì 19 giugno arriverà invece la misura ‘Ecobonus – Retrofit’, rivolta a chi intende installare sulla propria auto impianti di alimentazione a Gpl e metano.

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Economia

Lo dice il Financial Times: Russia primo fornitore di gas dell’Europa, supera gli Usa

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La Russia torna ad essere a maggio il principale fornitore di gas dell’Europa, superando per la prima volta in due anni gli Stati Uniti. Lo scrive il Financial Times, spiegando che l’inversione di rotta indica la difficoltà del vecchio continente di ridurre la dipendenza dal gas russo, con diversi Paesi dell’Europa orientale che dipendono ancora dalle importazioni da Mosca. Secondo i dati dell’Icis (Indipendent commodity intelligence service), citati dal quotidiano britannico, il mese scorso le spedizioni di gas e Gnl dalla Russia hanno rappresentato, nonostante le sanzioni, il 15% della fornitura totale verso Ue, Regno Unito, Svizzera, Serbia, Bosnia-Erzegovina e Macedonia del Nord.

Mosca continua infatti ancora a garantire forniture all’Europa tramite i gasdotti che attraversano l’Ucraina e la Turchia. Il gas liquefatto proveniente dagli Stati Uniti si è invece fermato al 14% della fornitura alla regione, segnando il livello più basso dall’agosto 2022. Secondo gli analisti dell’Icis, la situazione dovrebbe comunque essere solo contingente e non durare a lungo. I flussi di maggio sono stati infatti influenzati da diversi fattori occasionali, tra cui un’interruzione in un importante impianto di esportazione di Gnl degli Stati Uniti. La Russia ha invece inviato più gas attraverso la Turchia in vista della manutenzione del gasdotto programmata a giugno.

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Economia

Concordato parte scontato, il primo anno al 50%

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Il concordato preventivo biennale allarga le maglie nel tentativo di recuperare più contribuenti possibile. Il nuovo sistema, fiore all’occhiello della riforma fiscale di Maurizio Leo, norma su cui tutto il governo punta per reperire nuove risorse indispensabili per proseguire l’anno prossimo con il taglio dell’Irpef, sarà in due tappe. E, proprio per ampliare al massimo la platea, partirà con un maxi-sconto. Il primo anno, secondo quanto anticipato dal quotidiano il Sole 24 ore, offrirà ai contribuenti che decideranno di aderire un’agevolazione del 50% sull’imponibile richiesto dal fisco; il secondo anno salirà invece al 100%, dando quindi alle partite Iva che lo avranno scelto più tempo per adeguarsi.

In pratica, se l’aumento del reddito necessario per ottenere il massimo punteggio di affidabilità fiscale (voto 10) sarà pari a 10.000 euro, per accordarsi con l’amministrazione finanziaria sui redditi di quest’anno sarà sufficiente pagare il dovuto su un aumento dell’imponibile di 5.000 euro. Nel 2025 si terrà invece conto della cifra intera. Ad essere interessati sono potenzialmente 4,5 milioni di partite Iva. Per la maggior parte di loro sono pronti i calcoli dell’Agenzia delle Entrate per aderire al concordato in base alle richieste del fisco. Il software per sapere quanto si dovrà pagare per mettersi in regola è attivo online sul sito dell’Agenzia con tutti i relativi aggiornamenti e con una guida operativa per assistere gli interessati passo passo. Per chi invece risulta già in regime forfettario dal 2023 la piattaforma sarà avviata entro il 15 luglio. In base al decreto legislativo dello scorso febbraio, il termine ultimo per valutare il da farsi alla luce dei calcoli e aderire è il 15 ottobre, ma le Finanze hanno già previsto solo per quest’anno, il primo di applicazione, uno slittamento di due settimane, al 31 dello stesso mese.

La nuova scadenza sarà messa nero su bianco in un decreto correttivo che arriverà con ogni probabilità sul tavolo del consiglio dei ministri giovedì prossimo. Lo stesso 31 ottobre diventerà a regime la data ultima per la trasmissione telematica dei modelli Redditi e Irap. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, la propensione all’evasione investe soprattutto le regioni del Mezzogiorno: in Calabria è al 18,4%, in Campania al 17,2, in Puglia al 16,8 e in Sicilia al 16,5, mentre i più fedeli sono la Provincia autonoma di Trento con una stima dell’evasione dell’8,6%, la Lombardia con l’8% e la Provincia autonoma di Bolzano con il 7,7%.

La media nazionale è pari all’11,2%. La Cgia ricorda che l’evasione in Italia è di 83,6 miliardi di euro (anno 2021 ultimo disponibile), secondo i dati del Mef. L’Italia conta 43,3 milioni di contribuenti dei quali poco più di 42 milioni sono persone fisiche e 1,3 milioni quelle giuridiche. Tra le 107 province monitorate dalla Cgia, Roma presenta il più alto numero di contribuenti Irpef: 2,9 milioni di persone di cui 1,7 milioni di lavoratori dipendenti, 904 mila pensionati e 64.300 soggetti con redditi da partecipazione. Seguono Milano (2,4 milioni), Torino e Napoli (1,6), Brescia (927.100), Bari (828.500), Bergamo (823 mila) e Bologna (796.700). Infine, sulle società di capitali (Spa, Sapa, Srl, Srl unipersonale, cooperative, etc.), la distribuzione territoriale disponibile è solo regionale e ad ospitarne il maggior numero è la Lombardia con 259.805. Seguono il Lazio (183.800), la Campania (129.300) e il Veneto (106.800).

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