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Cronache

Sex-gate all’Accademia di Belle Arti di Napoli, il prof accusato di molestie alla sua alunna chiede indagini immediate e parla di gogna mediatica

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All’Accademia di Belle Arti non si parla d’altro. Da mesi l’argomento di discussione tra docenti, studenti e collaboratori sono alcune vicende pruriginose, presunti ricatti, molestie sessuali che professore avrebbe perpetrato ai danni di una studentessa. Un fatto accaduto qualche anno fa anche se il professore sarebbe recidivo, nel senso che poi avrebbe usato gli stessi approcci anche con altre studentesse. Ci sarebbero denunce fatte ai vertici dell’Accademia e anche alle forze dell’ordine e in procura. Ci sarebbero indagini in atto. I carabinieri sarebbero stati in Accademia più volte per fare domande, per raccogliere testimonianze e anche documentazione.
C’è insomma una inchiesta, parliamo  di accertamenti di presunte responsabilità. Nel frattempo che questo spiffero diventasse una voce, poi un coro e quindi accuse vere e proprie con tanto di nome e cognome del presunto professore abusatore e violentatore, la vicenda è finita sui social network. La presa di posizione più dura è della rete “Non Una di Meno” che  sulla sua pagina Facebook parla di storie già vissute, già lette, già viste su cui i media fanno fatica ad accendere un faro.
In Accademia tutto sembra scivolare via tranquillo. Della storia si parla e sen discute in attesa dello show down giudiziario della vicenda. Le attività didattiche sono normali: si studia, si tengono corsi, si fanno esami. Non c’è il docente al centro della vicenda, perché è in malattia. Ha presentato un certificato medico. Il presidente dell’Accademia Giulio Baffi ha fatto sapere che c’è stata e c’è da parte dell’Accademia “piena collaborazione con gli inquirenti per fare piena luce sul caso che ha suscitato sconcerto tra gli allievi e nel corpo docente dell’ Accademia”. Il direttore Giuseppe Gaeta nei mesi scorsi aveva adottato un provvedimento di ammonimento del professore dopo alcune segnalazioni. E il professore che si è rifugiato a casa sua perchè l’aria all’Accademia si è fatta pesante per lui?  Si è rivolto a due avvocati ed ha chiesto alla procura di Napoli di fare presto le indagini. I legali hanno avviato anche indagini difensive.
C’è una presunto hackeraggio subìto dal  profilo facebook del professore da investigare. Il docente all’Accademia accusato di una presunta violenza sessuale nei confronti di una sua ex alunna, assieme ai suoi avvocati sta provando a capire che cosa fare per denunciare la diffusione sui social la presenza di una sorta di docufiction in cui usando messaggi audio e scritti presumibilmente riconducibili al docente, dimostrerebbero la presunta violenza sessuale. Una “film” dove compare il nome e il volto del docente, che ha ottenuto in pochi giorni oltre ottomila condivisioni. Un film reso inaccessibile ma che è già virale ovunque. Apprezzamenti, provocazioni e molestie del professore montate in maniera professionale testimonierebbero quanto subito la giovane studentessa. Anche su questo filmato, ovviamente, c’è l’attenzione della Procura che l’ha fatto acquisire. Per ora gli avvocati del prof finito sotto accusa, Lucilla Longone e Maurizio Sica, hanno depositato un’istanza in Procura. Una istanza per tutelare il docente accusato di violenza sessuale. Hanno chiesto di anticipare la data del conferimento di incarico per decodificare il cellulare della ragazza, acquisito dieci giorni fa per ottenere riscontri della denuncia resa dalla studentessa.

Studentessa che nel frattempo ha rilasciato una intervista in cui ha fornito particolari della presunta violenza subita dal professore. Per la studentessa non ci sono dubbi: “Sono stata violentata, mi ha invitato a casa sua, ero inerme, sono stata abusata”. E giù altri particolari intimi da parte di chi non nasconde di essere anche in cura sotto il profilo psicologico a causa di questa vicenda.

Il racconto del professore, invece, è agli antipodi, come spesso accade in queste vicende. Il prof riferisce (anche agli inquirenti) che sarebbe stata lei a cercare il primo contatto (e fornisce degli screen shot di messaggi Whatsapp), dando inizio a un rapporto che sarebbe stato sempre consenziente.Un rapporto tra un professore e una sua alunna che è eticamente assai discutile, ma lui dice che era consenziente sotto il profilo sessuale. È questo lo scenario, che come al solito appare inestricabile, che il pm Cristina Curatoli dovrà provare a fare dipanare. Forse ci sarà bisogno anche di qualche misura cautelare? Si vedrà. Il prof non è in Accademia. Non può o non potrebbe fare nulla per inquinare indagini. Anzi, a giudicare da come si muove queste indagini le vuole celeri.  Nel frattempo che la vicenda è diventata di dominio comune, altre presunte avance spinte del prof vengono denunciate da altre ragazze.

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In carcere tesoriere Messina Denaro, avvocato e massone

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Matteo Messina Denaro e la sua amante, Laura Bonafede, lo chiamavano Solimano, come Solimano il Magnifico, il sultano che ha guidato l’impero ottomano per quattro decenni. E, almeno nell’ultimo periodo, non gli risparmiavano critiche rimproverandogli di essere venuto meno ai patti. “Ci ha distrutto”, scriveva la Bonafede in un pizzino fatto avere al boss. Eppure, Antonio Messina, 79 anni, avvocato, massone in sonno con una sfilza di precedenti, per un ventennio aveva fatto affari con tutta la mafia trapanese e sovvenzionato la lussuosa latitanza del padrino di Castelvetrano coltivando le relazioni pericolose che oggi gli sono costate l’arresto per associazione mafiosa.

Già condannato per narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, subornazione di teste e per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell’esattore mafioso Nino Salvo, Messina sarebbe stato formalmente affiliato a Cosa nostra, come da lui stesso ammesso in un’intercettazione, su proposta del boss Leoluca Bagarella e avrebbe frequentato e fatto affari con gli esponenti mafiosi più importanti del trapanese dell’ultimo ventennio come Domenico Scimonelli, Giovanni Vassallo, Franco Luppino, Jonn Calogero Luppino. Legami tutti finalizzati ad acquisire attività economiche da utilizzare anche per garantire a Matteo Messina Denaro il denaro necessario alla sua clandestinità.

“Personaggio assolutamente versatile e poliedrico, uno dei maggiori protagonisti (in negativo) di questo processo. Da un lato svolge l’attività professionale di avvocato, patrocinando mafiosi e delinquenti comuni (tra i quali proprio quel Rosario Spatola che poi diverrà il suo principale accusatore); dall’altro risulta attivo in vari campi del crimine e coltiva rapporti con esponenti di primo piano della delinquenza organizzata”, scrisse di lui già anni fa, la corte d’assise di Trapani. Ma a un certo punto l’idillio con Messina Denaro era venuto meno. “Che Solimano tenesse tanto al denaro l’ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto. Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto”, scriveva la Bonafede in un pizzino trovato dopo l’arresto del padrino. Ed è stata proprio la donna a svelare agli investigatori, nel corso di singolari dichiarazioni spontanee rese al suo processo, che dietro al nomignolo si celasse l’avvocato.

Dal tenore del biglietto “si comprendeva che, evidentemente, – scrivono i pm nella richiesta di arresto di Messina – entrambi avevano già in passato ricevuto denaro da Solimano, ma l’avidità, l’ingordigia del Messina e il suo mancato rispetto di precedenti accordi o prassi (da leggersi univocamente nei termini di un precedente sovvenzionamento della latitanza di Matteo Messina Denaro e della famiglia di Campobello di Mazara) si erano verificati anche in passato. Dalle indagini che hanno portato al suo arresto è emerso che Messina aveva cercato di mettere le mani anche su un bene confiscato alla mafia e che avrebbe avuto un ruolo primario nella gestione della “cassa” della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, alimentata anche dai proventi di una delle aziende gestite da Cosa nostra: l’oleificio “Fontane d’Oro s.a.s.” del boss Franco Luppino.

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Mozzarella di bufala, quanti errori nel consumo: italiani solo quarti tra i più attenti in Europa

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Si avvicina la bella stagione, e con essa anche le gite fuori porta del Primo Maggio, spesso celebrate con un picnic all’aria aperta. Ma c’è un dato sorprendente che riguarda uno dei simboli della gastronomia italiana: il 68% dei consumatori commette errori nel consumare la Mozzarella di Bufala Campana Dop. Lo rivela un’indagine realizzata da Fattorie Garofalo, primo produttore mondiale del celebre latticino, su un campione di 1.200 consumatori europei nei principali aeroporti e stazioni italiane.

Tra gli errori più comuni, tagliare la mozzarella a fette come fosse un formaggio qualsiasi, gesto che compromette l’equilibrio tra la sapidità della crosta esterna e la dolcezza del cuore. Altri sbagli diffusi? Consumare il prodotto appena tirato fuori dal frigorifero, senza lasciarlo tornare a temperatura ambiente, oppure immergerlo in acqua del rubinetto, alterandone salinità e struttura.

Anche negli abbinamenti si notano cadute di stile gastronomico: vini troppo tannici o pane troppo saporito, che sovrastano la delicatezza della mozzarella. C’è poi chi esagera con condimenti, erbe e spezie, snaturando la semplicità e purezza che rendono unica la Bufala Campana Dop.

Secondo Fattorie Garofalo, l’ideale sarebbe consumarla con le mani, e se proprio è necessario tagliarla, usare coltelli in ceramica a lama liscia per non strapparla e rispettarne la fibra naturale.

L’indagine, realizzata in vista della partecipazione alla fiera TuttoFood 2025 (in programma dal 5 all’8 maggio a Milano), ha anche stilato la classifica dei popoli europei più attenti al consumo corretto della mozzarella:

  1. Tedeschi – meticolosi e informati

  2. Spagnoli – attenti alla temperatura e sobri negli abbinamenti

  3. Francesi – abili nell’inserirla in piatti freddi e raffinati

  4. Italiani – penalizzati da superficialità e disattenzione

  5. Belgi – ancora inesperti ma in crescita

Un dato che fa riflettere: gli italiani, patria della mozzarella di bufala, non brillano nella corretta valorizzazione del proprio prodotto d’eccellenza, dando per scontato ciò che richiede invece attenzione e rispetto.

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La scelta di Becciu: io innocente ma non sarò in conclave

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Il cardinale Angelo Becciu il prossimo 7 maggio non entrerà in conclave. La sua comunicazione ufficiale, dopo le indiscrezioni della giornata di ieri, è arrivata questa mattina: “Avendo a cuore il bene della Chiesa, che ho servito e continuerò a servire con fedeltà e amore, nonché per contribuire alla comunione e alla serenità del conclave, ho deciso di obbedire come ho sempre fatto alla volontà di Papa Francesco di non entrare in conclave pur rimanendo convinto della mia innocenza”. Poche righe per ribadire la sua posizione, ovvero che è innocente, ma anche per fare quel passo indietro che non solo i suoi avversari, ma all’ultimo momento anche i cardinali a lui più vicini, gli avevano chiesto, per evitare voti e spaccature. Secondo quanto si apprende la decisione è rimasta aperta fino alla tarda serata di ieri. Poi il cardinale ha deciso di mettere lui stesso fine alla vicenda conclave.

Questo non chiude tuttavia lo strascico di polemiche e indiscrezioni che ha sempre accompagnato la vicenda giudiziaria del cardinale sardo. Il programma le Iene di Mediaset in scaletta ha un audio teso a dimostrare il “complotto”, come lo definisce il fratello Mario che rilancia sui suoi profili social l’annuncio della nuova puntata. Ed è questa solo la prima uscita, a poche ore dall’annuncio dello stesso cardinale sulla sua non partecipazione al conclave. Già il quotidiano Il Domani aveva pubblicato le chat, che erano state omissate dai magistrati vaticani, tra la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale di mons. Alberto Perlasca, Genoveffa Ciferri, nelle quali Chaouqui anticipava i dettagli dell’inchiesta e degli interrogatori.

Era metà aprile e Becciu commentava: “Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine”. Questa sera a Le Iene anche audio inediti sempre nel filone, spinto dai legali del cardinale, che vuole dimostrare che il maxi-processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede era inquinato dall’inizio. Ma il Papa nei giorni del ricovero al Gemelli comunque aveva deciso che il cardinale Becciu non doveva entrare in conclave e aveva siglato con un ‘F’ la disposizione in tal senso, mostrata in questi giorni al cardinale da Pietro Parolin. Becciu per tutto il pomeriggio di ieri sarebbe stato chiuso con i suoi avvocati che, secondo quanto si apprende, ponevano dubbi sul fatto che quell’appunto del Papa bastasse sotto il profilo del diritto canonico a tenere Becciu fuori dall’elezione del nuovo Papa. Poi è prevalsa la decisione di farsi da parte, comunicata ufficialmente appunto stamattina, anche perché gli stessi cardinali più vicini lo avrebbero consigliato in questo senso

. Il voto rischiava di spaccare il collegio prima ancora di entrare nella Sistina per il conclave. Questa mattina, all’ingresso della congregazione generale, trapelava una certa insofferenza da parte dei cardinali per il perdurare di questa situazione. “Dovete chiedere a lui”, ha risposto il cardinale argentino Angel Sixto Rossi, ai giornalisti che chiedevano lumi sul caso, considerato che in quel momento non era arrivata ancora una nota ufficiale. “Di Becciu non possiamo parlare”, diceva il cardinale di Baghdad, Raphael Sako. Mentre il cardinale austriaco Cristoph Schoenborn dribblava i cronisti con una battuta: “Avete visto che bel tempo c’è oggi?”.

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