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Cronache

Sequestrati 3,7 miliardi per frodi col bonus edilizia

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“Un’ampia casistica di illeciti” nel settore dei bonus in materia edilizia ed energetica per un sequestro di oltre 3,7 miliardi di crediti d’imposta inesistenti. Dal risultato del lavoro della Guardia di Finanza nell’ultimo biennio emergono i dati delle frodi su fatture gonfiate o facciate mai rifatte. E si tratta di cifre ancora parziali perché riguardano solo le indagini delle Fiamme Gialle, in prima linea per contrastare il fenomeno con il comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, che ha svelato le cifre in audizione alla Commissione Finanze della Camera. Le irregolarità sono varie: dall’assenza di lavori edilizi necessari a conferire il diritto ai vantaggi fiscali alla dichiarata esecuzione di ristrutturazioni su immobili non riconducibili ai beneficiari delle detrazioni. Oppure, ancora, tante cessioni ‘a catena’ dei crediti attraverso prestanome o imprese compiacenti. “Premesso che sono situazioni in continuo divenire, le frodi maggiori hanno riguardato il bonus facciata e l’ecobonus mentre la parte relativa alle due tipologie di superbonus si aggira intorno al 4-5%” degli illeciti in questo ambito, sostiene Zafarana, per il quale il problema delle frodi “non è determinato dal bonus di riferimento ma dalla cedibilità dei crediti fiscali”, inoltre “il 98% dei crediti fiscali fittizi sequestrati finora fanno riferimento ad attività riferite a prima dell’entrata in vigore del decreto antifrodi del 2021, riconducibili alla configurazione originaria della norma”. Per quanto riguarda in generale l’attività della Guardia di Finanza, “nel solo 2022 i reparti hanno eseguito circa un milione di interventi di polizia economico-finanziaria di varia natura.

Nello stesso periodo, sono state eseguite 66mila indagini concernenti reati economico-finanziari delegate dalle procure nazionali e dalla procura europea, concretizzatesi nell’arresto di quasi 1.400 persone e nel sequestro di disponibilità patrimoniali e finanziarie per 9,35 miliardi di euro. L’ammontare complessivo delle somme sequestrate dalla Guardia di finanza negli ultimi due anni risulta, pertanto, pari a oltre 7,5 miliardi”. Tra i fenomeni emergenti dove le Fiamme Gialle dovranno concentrarsi fin da subito c’è sicuramente il Metaverso, nel quale – aggiunge il generale Giuseppe Arbore – “si sta creando ricchezza, dove si vendono opere d’arte e gli avatar cominciano ad avere un loro valore. Per questo stiamo pensando ai nostri avatar della Gdf. Il Metaverso avrà bisogno di una Guardia di Finanza, diventerà un mondo parallelo e quindi dovremo trasferirci lì”. Sotto la lente c’è anche il legame tra bitcoin e mafie: “la criminalità sta facendo scambi in criptovaluta, abbiamo trovato anche monetizzazioni in cripto proprio nei profitti dei crediti ceduti all’estero. In un’operazione abbiamo trovato un crypto wallet dove confluivano i proventi di alcuni di quei crediti. C’è un profilo di riciclaggio – spiega ancora Arbore – ma bisogna anche considerare che la criptovaluta, anche se è una modalità alternativa, è anche e perfettamente tracciabile”.

Più ‘classico’ è l’ambito del riciclaggio: nel solo 2022 sono oltre 3.900 le indagini penali svolte su delega della magistratura nel settore che hanno consentito di denunciare oltre 3.500 soggetti, di cui 303 in stato di arresto. Inoltre, in tutto lo scorso anno i Finanzieri hanno segnalato all’autorità giudiziaria, per reati di mafia, 940 soggetti, di cui 443 tratti in arresto. Resta prioritario il contrasto all’evasione fiscale. Negli ultimi anni si è registrata una tendenziale riduzione del tax gap. Le più recenti stime sul mancato gettito annuale sono di 90 miliardi di euro mentre l’obiettivo è la diminuzione della ‘propensione all’evasione’ del 15% entro il 2024 e, come step intermedio, del 5% entro il 2023 rispetto al valore di riferimento del 2019. Riguardo al contrasto agli illeciti in materia di spesa pubblica, nel 2022 è stata accertata l’indebita percezione o richiesta di incentivi e contributi per quasi 685 milioni di euro.

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‘Ndrangheta e droga, sospeso finanziere

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C’é anche un appartenente alla Guardia di finanza tra le 142 persone indagate nell’inchiesta “Recovery”, su ‘ndrangheta e traffico di sostanze stupefacenti a Cosenza, condotta dalla Dda di Catanzaro. Il finanziere coinvolto é E. D.. A suo carico é stata applicata la misura interdittiva della sospensione dal servizio . La gran parte delle persone coinvolte nell’operazione scaturita dall’inchiesta sono state condotte in carcere. Per 20 sono stati disposti gli arresti domiciliari e per altre 12 l’obbligo di dimora e di firma.

Ovviamente la sospensione del finanziere non è una sentenza di condanna ma una misura cautelare che nulla toglie alla presunzione innocenza.

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Intrighi e accuse di corruzione a Genova, Spinelli dice: pagavo tutti i partiti, Toti mi ha preso in giro

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Gli interrogatori di garanzia di Roberto Spinelli e di suo padre Aldo hanno rivelato dettagli intriganti su una storia di presunta corruzione che intreccia politica, affari familiari e lotta per il potere nelle dinamiche portuali di Genova. Durante gli interrogatori, che hanno durato poco più di un’ora ciascuno, si è delineata una difesa incentrata sulla vulnerabilità personale di Aldo Spinelli, nonostante l’apparenza di un uomo in salute e determinato all’età di 84 anni.

La vicenda giudiziaria ha preso una svolta significativa quando Aldo Spinelli ha accusato apertamente il governatore Giovanni Toti di averlo ingannato, affermando di essere stato “preso in giro” in relazione alla concessione demaniale del terminal Rinfuse, per il quale avrebbe pagato tangenti per ottenere favori. Questa concessione ha permesso alla sua azienda, Spinelli srl, di aumentare notevolmente il proprio valore di mercato.

Inoltre, Aldo ha messo in luce promesse non mantenute riguardanti la privatizzazione di un tratto di spiaggia a Varazze, una situazione complicata dalla direttiva europea Bolkestein sulla gestione delle coste, che ha impedito qualsiasi sviluppo immobiliare in quell’area. Questo ha sollevato questioni su come le politiche e le regolamentazioni possano influenzare significativamente gli investimenti e le decisioni aziendali.

I legami tra Aldo Spinelli e Paolo Signorini, ex presidente dell’Autorità portuale e unico detenuto in questa vicenda, emergono come particolarmente intensi. Spinelli sostiene di aver aiutato Signorini, considerato amico, in momenti di difficoltà economica, fino a pagare il catering per il matrimonio della figlia di Signorini, con un totale di regali e benefit promessi per quasi 400 mila euro.

Queste accuse si estendono oltre il contesto familiare, mostrando come Aldo Spinelli abbia cercato di mantenere un’influenza nel porto che ha plasmato gran parte della sua carriera e vita. L’imprenditore genovese afferma di aver finanziato legalmente diverse figure politiche, inclusa Emma Bonino, nonostante non la conoscesse personalmente, il che solleva domande sulla natura dei finanziamenti politici e delle relazioni imprenditoriali.

Roberto Spinelli, difeso anch’esso dall’avvocato Andrea Vernazza e coinvolto nelle vicende giudiziarie del padre, ha espresso rispetto e difesa nei confronti di Aldo, evidenziando come il padre sia stato “tirato per la giacchetta” da molti, inclusi Toti e Signorini, in un momento di particolare vulnerabilità emotiva dopo la morte della moglie.

Al termine dell’interrogatorio, Aldo Spinelli ha lasciato l’aula con un’energia inalterata, dichiarando di meritare la libertà e di non essere preoccupato per i futuri sviluppi dell’inchiesta. Questa affermazione sottolinea una fiducia forse incrollabile o una sfiducia nel sistema che lo ha visto protagonista per decenni.

Questo caso solleva questioni profonde sulla corruzione, la solitudine e la lotta per il potere in un contesto dove la legge e le relazioni personali si intrecciano in modi spesso indistinguibili, lasciando una scia di domande senza risposta sulla legalità e l’etica nelle più alte sfere del potere economico e politico italiano.

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Camorra e riciclaggio, sequestrata la pizzeria “dal Presidente” in via dei Tribunali a Napoli

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Anche la società che gestisce la notissima pizzeria del centro storico di Napoli “dal Presidente”, che si trova in via dei Tribunali, sarebbe riconducibile al clan Contini: è quanto emerge dalle indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli che hanno portato all’arresto di cinque persone (tre in carcere e due ai domiciliari). La Dda partenopea (pm Alessandra Converso e Daniela Varone) contesta il trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, aggravato dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare la camorra. La pizzeria è stata sequestrata dai finanzieri insieme con altri beni.

La pizzeria “Dal presidente”, chiamata così perché aperta dal pizzaiolo che preparò la pizza all’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, si trova in uno dei due decumani del capoluogo partenopeo, meta turistica tra le più frequentate in città. Il valore dei beni sequestrati oggi dai finanzieri ammonta a circa 3,5 milioni di euro. L’impresa di ristorazione sarebbe stata acquistata grazie all’apporto economico e alla “protezione” fornita da un esponente di spicco del clan, alla cui famiglia sarebbe stata destinata una parte dei relativi proventi anche dopo la sua detenzione conseguente a una condanna per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Le risultanze investigative e dei social network avrebbero permesso di stabilire che la società era gestita, di fatto, dal cognato del detenuto, anch’egli gravato da numerosi precedenti penali, il quale si sarebbe poi affrancato dalla joint venture criminale avviando una nuova attività nel campo della vendita di prodotti da forno. Le indagini, corroborate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avrebbero consentito di appurare anche la fittizia intestazione di un’impresa individuale operante nel settore dei servizi turistici, che il precedente titolare sarebbe stato costretto a dismettere con minacce, percosse e intimidazioni, e di sette immobili di pregio siti nel capoluogo partenopeo. Gli indagati avrebbero reimpiegato nelle società di ristorazione e panificazione e nell’acquisto di beni immobili ben 412.435 euro versati in contanti con reiterate operazioni sui conti societari e personali. Il denaro è stato sequestrato oggi insieme con le quote delle società, l’impresa individuale e gli immobili intestati a prestanome: il valore complessivo è stato stimato in oltre 3,5 milioni di euro.

Come sempre facciamo, ribadiamo che tutte le persone citate in questo articolo e a vario titolo indagate perchè coinvolte nell’inchiesta sono da considerare innocenti, come prevede la nostra Costituzione.

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