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Corona Virus

Scaricati più di un milione di Green pass in 24 ore

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Oltre un milione di Green pass scaricati in 24 ore, una cifra finora mai raggiunta. E il nuovo record di tamponi, 662mila, con le farmacie che lavorano a pieno ritmo: in un giorno sono stati effettuati oltre 500mila test rapidi. Sono gli effetti dell’obbligo di certificato per l’accesso ai luoghi di lavoro scattato venerdi’ scorso. Eppure, la campagna vaccinale vaccinale non si ferma, visto che per la prima volta le terze dosi (49.660) sono state piu’ delle prime vaccinazioni (44.376), con 89.078 italiani che ieri si sono completamente vaccinati. Secondo l’ultimo report della struttura commissariale ci sono ancora 1,3 milioni di 50-59enni e 810mila 60-69enni senza alcuna copertura. Gli irriducibili sembrano insistere. Visto l’aumento del ricorso ai certificati di malattia negli ultimi giorni, c’e’ il sospetto che qualcuno faccia il furbo. L’Inps continua a monitorare: oggi sono stati 83.078 i certificati presentati, a fronte dei 74.724 arrivati martedi’ scorso, prima cioe’ dell’entrata in vigore della nuova stretta, con un incremento del 11% da una settimana all’altra. Ma la maggior parte corre in farmacia a fare il tampone. Il bollettino del ministero della Sanita’ registra un nuovo record, con 662mila test nelle ultime 24 ore, di cui 548mila rapidi. A fronte di una spinta dal punto di vista delle diagnosi, i numeri dei contagi invece sono stabili: 2.676 nuovi casi registrati nelle ultime 24 ore, con un tasso di positivita’ particolarmente basso, allo 0,4%. Aumenta rispetto ai giorni passati il numero delle vittime, 70, un risalita che preoccupa, anche se 18 dei decessi comunicati dalle Regioni si riferiscono a periodi precedenti. Calano le terapie intensive (-3) e i ricoveri nei reparti. Secondo il monitoraggio dell’Agenas (l’Agenzia per i servizi sanitari regionali), e’ stabile al 4% a livello nazionale l’occupazione dei posti letti sia nelle terapie intensive che in area non critica, tra i parametri per il passaggio di colore dei territori (la soglia per il giallo e’ del 10% per le terapia intensive e del 15% per i reparti). Un evidente effetto dell’efficacia dei vaccini, confermato anche da una ricerca condotta sui sanitari della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia. Dei 3.720 operatori sanitari vaccinati solo 33 hanno contratto l’infezione, vale a dire meno dell’1%; 17 erano sintomatici e presentavano sintomi lievi come rinite, tosse e artralgie. Nessuno ha avuto la polmonite o ha necessitato di ricovero ospedaliero. Un altro dato interessante riguarda la trasmissibilita’ del virus: dei 33 operatori del San Matteo che si sono infettati, solo 2 di loro hanno trasmesso l’infezione ai familiari. Della stabilizzazione del Covid prende atto la raccomandazione dell’Ecdc (il centro europeo per il controllo delle malattie) di concentrare i controlli sui casi sintomatici, passando dalla sorveglianza di emergenza a sistemi di monitoraggio sostenibili e integrati, e associandola a quella sui casi di influenza. Allo stesso tesso tempo ricorda l’importanza del sequenziamento, fondamentale per verificare e arginare per tempo la minaccia di eventuali nuove varianti. Intanto le proteste vanno avanti anche se non si segnalano particolari problemi per l’operativita’ di uffici, aziende e infrastrutture. E visto che l’obbligo vale anche all’interno delle istituzioni, le proteste si sono trasferite anche nei Palazzi. All’assemblea siciliana due deputati regionali, Angela Foti e Sergio Tancredi, in mattinata sono stati respinti all’ingresso per essersi rifiutati di mostrare il certificato, pur avendolo. “Ho fatto il tampone – ha spiegato in seguito Foti – e l’ho fatto per sgomberare il campo da eventuali illazioni perche’ serve per poter lavorare. La nostra e’ una battaglia di principio”. Una scena che si ripetuta anche a Roma, dove la senatrice no-pass Laura Granato e’ stata sanzionata.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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