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Corona Virus

Sale la curva del contagio: +36% in 7 giorni. Ipotesi 4/a dose

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La curva dei contagi punta verso l’alto facendo registrare un +36% di casi in 7 giorni, e frena anche la discesa dei ricoveri in area medica (-3,5%) mentre rimane stabile quella di terapie intensive (-16,4%) e decessi (-18,7%). I dati del monitoraggio settimanale della Fondazione Gimbe, certificano che il virus ha decisamente rialzato la testa in Italia, cosi’ come in molti altri paesi. La Germania infatti ha registrato un dato record di casi con 294.931 nuove infezioni registrate in 24 ore. In Italia il ministero della Salute certifica oggi 79.895 nuovi contagi nelle ultime 24 ore contro i 72.568 di ieri con 128 morti (ieri erano state 137). Ed e’ in questo quadro che il ministro Speranza ha annunciato, nella conferenza stampa a palazzo Chigi sulla fine dello stato di emergenza ed il conseguente allentamente di alcune misure anti Covid, che si sta valutando una quarta dose per le persone in eta’ piu’ avanzata. I vaccini, infatti, restano l’arma piu’ potente per contrastare il virus, evitando – come ha spiegato il Presidente del Consiglio Draghi – 80 mila morti nel 2021 In Italia sono ormai 17 le province con un’incidenza pari a oltre 1.000 casi per 100.000 abitanti, un valore chiave per capire la velocita’ di circolazione del virus. Nella settimana 9-15 marzo, Gimbe registra dunque un incremento dei nuovi casi (+379.792) a fronte di un lieve aumento dei tamponi (+8,4%). Calano invece i ricoveri in terapia intensiva (-90), in area medica (-303) e i decessi (976 vs 1.201). E mentre il Consiglio dei ministri approva le norme per l’allentamento delle misure, i numeri del Covid segnano un quadro ancora pieno di ombre. Ormai, conferma Ema, e’ proprio la sotto variante di Omicron a spingere il contagio e la previsione e’ che in estate possa arrivare un vaccino ad hoc. L’agenzia europea del farmaco, frena invece sulla estensione dell’utilizzo della quarta dose per tutti. La forza della protezione vaccinale e’ confermata appunto anche dal dato che il presidente del Consiglio Mario Draghi riferisce: “Un dato importantissimo sulle vaccinazioni e’ che sono stati evitati quasi 80mila decessi in piu’ in italia nel solo 2021”. “In questo momento – ha spiegato il ministro per la Salute, Roberto Speranza – non ci sono evidenze scientifiche che portano a dirci che sia necessaria la quarta dose del vaccino per tutti. Nessun Paese a livello mondiale e europeo sta immaginando questa misura. Siamo partiti con i fragili e in queste ore stiamo valutando l’ipotesi di una quarta dose a fasce generazionali piu’ avanzate: questo richiedera’ un approfondimento ma e’ una cosa a cui ci stiamo preparando. Noi saremo pronti, le dosi sono gia’ a disposizione, ma dobbiamo aspettare che ci siano le basi dell’evidenza scientifica, che in questo momento ancora non c’e'”. Marco Cavaleri, capo della task force Ema sui vaccini, ha spiegato che “a fronte dell’aumento dei tassi di infezione la vaccinazione continua a offrire alta protezione contro il ricovero ospedaliero e i decessi da Covid”. “Non c’e’ – ha detto – alcuna indicazione di una evasione immunitaria dopo la vaccinazione significativamente diversa con la sub variante BA2 di Omicron”. Dall’Ema l’indicazione resta dunque quella di vaccinarsi e ricevere la dose booster.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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