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Cronache

Russiagate: 007 Italia, Mifsud non ha chiesto protezione

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Non c’è alcuna registrazione di Joseph Mifsud che le autorita’ italiane hanno fatto ascoltare agli inviati di Donald Trump. E il professore al centro del Russiagate non ha mai chiesto protezione all’Italia. Dagli apparati di intelligence italiani arrivano smentite alle ricostruzioni giunte dall’altra parte dell’Atlantico. Tutto cio’, in attesa della versione ufficiale dei fatti che il premier Giuseppe Conte e i vertici dei servizi forniranno al Copasir, tornato oggi nella completezza del suo organico dopo un vuoto di alcune settimane determinato dall’uscita del presidente Lorenzo Guerini, diventato ministro della Difesa. Mifsud, che ha avuto un incarico – poi revocato – da docente alla Link Campus University di Roma ed ha fatto perdere le tracce nel 2017, e’ il personaggio chiave: fu lui, stando al rapporto del procuratore speciale Robert Mueller, a promettere a George Papadopoulos – allora consigliere del candidato presidenziale Donald Trump – di poter fornire materiale compromettente di origine russa contro Hillary Clinton. E secondo il DailyBeast, registro’ una testimonianza in cui chiedeva protezione all’Italia, temendo per la sua incolumita’. Per il sito Usa – che cita un’anonima fonte del ministero della Giustizia italiano – gli inviati di Trump a Roma avrebbero ascoltato quel nastro e avuto da un’altra fonte del governo altre ‘prove’ sul professore. Una ricostruzione che pero’ i nostri 007 smentiscono. Nel corso dell’incontro del 27 settembre a Roma tra il ministro della Giustizia statunitense William Barr e il procuratore John Durham da un lato e i vertici dei servizi italiani dall’altro, infatti, nessuno dei presenti ha portato ne’ tantomeno ascoltato una registrazione di Mifsud. Sia Luciano Carta (Aise) che Mario Parente (Aisi), convocati per iscritto dal direttore del Dis, Gennaro Vecchione, che aveva incontrato Barr gia’ ad agosto, si sono presentati senza alcun dossier. Si e’ trattato di un semplice incontro di cortesia, ribadiscono fonti d’intelligence, nel corso del quale le nostre autorita’ di sicurezza non hanno fornito alcun elemento relativo al professore. Gli 007 avrebbero anche spiegato che l’uomo al centro del Russiagate non ha mai chiesto protezione all’Italia e che non sanno dove possa essere, pur ritenendo che si trovi all’estero. L’occasione e’ pero’ servita per sottolineare in maniera ‘ufficiale’ che, nel caso in cui le autorita’ americane avessero necessita’ di documentazione o altro, la strada piu’ idonea da seguire non e’ quella dei servizi ma dei canali ufficiali, attraverso una rogatoria. E l’affaire-Russiagate approdera’ a breve – probabilmente gia’ la prossima settimana – sul tavolo del Copasir. Proprio oggi, infatti, il Pd ha finalmente indicato il sostituto di Guerini in seno al Comitato. Si tratta del deputato Enrico Borghi. Tornato nell’effettivita’ di tutti i suoi componenti (5 deputati e 5 senatori) l’organismo parlamentare di controllo riprendera’ quindi l’attivita’ istituzionale dopo una pausa forzata. Il primo atto sara’ la convocazione di una seduta da parte del vicepresidente facente funzioni, Adolfo Urso (Fdi), per l’elezione del nuovo presidente, carica che spetta all’opposizione. La riunione, con ogni probabilita’, la settimana prossima. Rumors parlamentari dicono che le opposizioni (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia) avrebbero trovato un accordo per indicare un esponente del Carroccio alla guida del Comitato. Una volta eletto il presidente, si riunira’ l’ufficio di presidenza per stabilire il calendario dei lavori e le audizioni. E sul tavolo ci sara’ la richiesta di ascoltare il premier Conte – che ha mantenuto per se’ la delega all’intelligence – proprio sulla visita di Barr in Italia e sui suoi colloqui con i vertici dei servizi, che sarebbero stati autorizzati dal presidente del Consiglio senza informare il Copasir. La Lega e’ gia’ sul piede di guerra: il segretario Matteo Salvini attacca: “se il presidente del Consiglio usava e continua ad usare tuttora i servizi segreti come una sua dependance, come dei portatori di acqua e di bevande, spieghi al popolo italiano perche’ e per come”. Facile immaginare che in cima all’agenda del nuovo presidente del Comitato, tanto piu’ se sara’ un leghista, ci sara’ proprio la convocazione di Conte.

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Cronache

Liti e suore in fuga, il convento commissariato

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In fuga dal convento di clausura, per le “tensioni insopportabili” createsi nella comunità monastica e culminate con l’allontanamento della madre badessa. E’ la storia di cinque suore cistercensi del convento di San Giacomo di Veglia di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, che se ne sono andate sbattendo il portone per riparare in un altro luogo segreto, a causa delle vicissitudini che, a loro avviso, hanno minato il luogo di preghiera. Un monastero, per altro, ben conosciuto all’esterno: perchè le monache di San Giacomo di Veglia sono apprezzate produttrici di bottiglie di Prosecco Docg, fatto con le uve delle vigne del convento.

Tutto è uscito allo scoperto perché, per evitare si creassero allarmi sulla loro improvvisa ‘scomparsa’, le cinque si sono presentate alla caserma dei Carabinieri per avvisare della loro uscita e della necessità di “riparare in sicurezza” in un’altra località. Cosa che oggi ha trovato conferme in ambienti dell’Arma. Ma cosa è successo nel monastero? A parlare per ora, con il Gazzettino, è stata la più giovane delle monache, raccontando di “tensioni insopportabili”, e dell’arrivo di una Commissione ispettiva pontificia che ha portato all’allontanamento della badessa, madre Aline Pereira.

Proprio il forzato addio della superiora avrebbe generato una “forte pressione psicologica” nei confronti delle 5 consorelle, legate alla badessa. Pur nel riserbo dovuto alla vita conventuale, non risulterebbero però gravi ragioni sul piano penale o civile alla base del ‘divorzio’ del gruppo di suore da San Giacomo di Veglia. “Siamo dovute fuggire – ha raccontato la giovane monaca – perché il clima, da quando è arrivata la Commissione che ha allontanato suor Aline, è diventato insopportabile”. Alcune di loro risiedevano nel monastero da 25 anni. Avevano anche chiesto al loro Dicastero la dispensa dai voti e il permesso di rompere la clausura, ma hanno ottenuto un rifiuto.

“Hanno distrutto una situazione di pace che durava da mezzo secolo, ci siamo sentite soffocate” ha raccontato ancora la giovane monaca al Gazzettino. Ad ufficializzare il patatrac è stata la Diocesi di Vittorio Veneto che, pur non entrando nel merito della vicenda, ha reso nota la decisione del Dicastero per gli istituti di Vita consacrata e le società di vita apostolica: il monastero trevigiano è stato “commissariato” ed è stata nominata una Commissaria Pontificia (oltre a due consigliere), “che ha assunto tutte le competenze che la normativa dell’Istituto e quella universale della Chiesa attribuiscono alla Madre Abbadessa”. Le radici della storia parrebbero affondare in una querelle nata già nel gennaio 2023, quando dal convento partì una lettera di quattro monache indirizzata al Papa, con accuse nei confronti della madre badessa. Accuse che, due prime visite ispettive, aveva archiviato come “calunnie”.

(La foto non ha attinenza con l’articolo ed ha solo uno scopo illustrativo)

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Cronache

Incidente sul Faito, Thaeb Suliman è sveglio: unico sopravvissuto migliora, resta in prognosi riservata

Thaeb Suliman, 23 anni, unico sopravvissuto all’incidente sul Monte Faito, è sveglio e in miglioramento. Resta in prognosi riservata, ma si valuta il trasferimento in ortopedia.

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Thaeb Suliman, il giovane di 23 anni unico sopravvissuto al tragico incidente avvenuto sul Monte Faito lo scorso 17 aprile, “è sveglio e collaborante”. A comunicarlo sono fonti dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1, che seguono l’evoluzione clinica del paziente.

Le vittime dell’incidente e il quadro clinico

Nel drammatico schianto hanno perso la vita quattro persone. Suliman, unico superstite, è attualmente ricoverato presso l’Ospedale del Mare. Secondo quanto riferito, i suoi parametri respiratori sono stabili, e si registra un miglioramento generale delle sue condizioni. Tuttavia, la funzione renale è ancora compromessa: la diuresi è indotta e non sufficiente per interrompere la dialisi.

Possibile trasferimento in ortopedia

Il paziente è sottoposto a un continuo monitoraggio che nei prossimi giorni potrà consentire la sospensione della prognosi riservata e il trasferimento nel reparto di ortopedia. Una nota dell’ASL sottolinea la prudenza dei medici nel valutare l’evoluzione clinica, che resta complessa ma in miglioramento.

Il sostegno della famiglia

Thaeb Suliman riceve quotidianamente la visita del fratello, medico, ospite del Residence dell’Ospedale del Mare, a testimonianza di un importante supporto familiare in questa fase delicata del percorso di cura.

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Omicidio di Chiara Poggi, nuove testimonianze: “Potrebbero riscrivere la storia dello scontrino”

Il legale di Alberto Stasi, Antonio De Rensis, parla di una testimonianza che potrebbe cambiare la ricostruzione del delitto di Chiara Poggi. Interviene anche l’avvocato di Andrea Sempio.

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«Immagino che questa testimonianza già acquisita potrebbe riscrivere la storia dello scontrino della mattina del delitto, questa testimonianza potrebbe essere molto importante». Lo ha dichiarato Antonio De Rensis, avvocato di Alberto Stasi, in diretta a Ore 14, la trasmissione condotta da Milo Infante su Rai 2. Il legale è intervenuto commentando la notizia di una nuova persona ascoltata nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.

Il ruolo della madre di Andrea Sempio

Il riferimento è alla convocazione in caserma, avvenuta lunedì scorso, di Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio. Poco prima che avesse un malore, la donna sarebbe stata informata della presenza di un nuovo testimone. «Vedremo cosa succederà – ha aggiunto De Rensis –. Per ora siamo di fronte a dichiarazioni personali che non hanno alcun riscontro, che possono essere vere o no, e che ci hanno descritto una mattinata, quella del delitto. Ora andremo a vedere se è vero quello che ci hanno raccontato».

“Forse altri finiranno nella scena del delitto”

Secondo De Rensis, i carabinieri disporrebbero di elementi non ancora noti: «Ritengo che abbiano molto ma molto di più di quanto possiamo immaginare al momento. Noi non abbiamo interesse a spostare dalla scena Stasi, ma forse altri, quelli che fanno le indagini, aggiungeranno altre persone e forse dopo tutto sarà più chiaro anche per quel che riguarda Alberto».

La replica dell’avvocato di Andrea Sempio

Durante la stessa puntata è intervenuto anche Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio insieme all’avvocata Angela Taccia. Lovati ha preferito mantenere il massimo riserbo: «Non ho idea di cosa abbiano chiesto alla signora Ferrari, e neanche voglio saperlo. Le prossime mosse della difesa saranno di controbattere a tutte le richieste, non c’è più nessun tipo di collaborazione».

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