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Economia

Alitalia, sale la tensione con Atlantia e il matrimonio non decolla

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Si riapre la partita Alitalia. La cordata tra Atlantia, Fs, Delta e Mef sembrava ormai cosa fatta, ma le frizioni tra futuri azionisti, soprattutto al di qua e al di la’ dell’Atlantico, stanno portando ad un rimescolamento delle carte, rischioso per la sopravvivenza stessa della compagine. A gettare il sasso nello stagno e’ stata Atlantia che, in una lettera inviata al ministero dello Sviluppo economico, ha espresso tutte le sue perplessita’ sul piano di rilancio della compagnia attualmente in discussione, arrivando a prospettare anche un ritiro dalla cordata in assenza di un intervento del governo per riequilibrare i ruoli tra i protagonisti in campo, in pratica su Delta. Una mossa che il viceministro pentastellato, Stefano Buffagni, meno diplomatico del collega 5S titolare del Mise, Stefano Patuanelli, non ha affatto gradito. “Non sottostiamo ai ricatti di nessuno – ha puntualizzato – Credo che bisogna lavorare per far funzionare le cose”. Un lavoro a cui il governo per la sua parte non si sottrae, convocando un vertice a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte e i ministri interessati, compreso il leader 5S Luigi Di Maio. Finora, secondo quanto si apprende, Atlantia ha sempre partecipato ai tavoli di lavoro sul piano industriale per mettere a punto flotta, esuberi e rotte. Nonostante gli obiettivi di partenza non siano gli stessi di Delta, e nonostante il tira e molla sulla stessa quota della compagnia americano, indisponibile a salire dal 10% oltre il tetto del 12%, il confronto sembra essere andato sempre avanti nell’ambito di normali meccanismi di negoziazione. “L’operazione trasparenza”, come la definisce il gruppo, emersa nelle ultime ore appare dunque come un fulmine a ciel sereno, o quanto meno come un estremo tentativo di ottenere il massimo possibile entro la scadenza del 15 ottobre. Nel pomeriggio i commissari di Alitalia hanno incontrato i vertici di Fs e di Atlantia per fare il punto della situazione, rimandando ad una conference call successiva il contraddittorio con Delta. La controparte non sono pero’ solo gli americani. Sul piatto ci sarebbe infatti anche la revisione delle concessioni autostradali di cui si parla anche nella Nota al Def ma su cui il governo non ha ancora espresso una posizione chiara e definitiva. Da qui la presa di posizione di Buffagni, l’immediata reazione dell’esecutivo e la richiesta dei sindacati di scoprire le carte in un incontro con le parti sociali. Una nota di scetticismo arriva pero’ dal mondo dell’industria. Di fronte ai numeri dei passeggeri veicolati dalla compagnia, il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi: “Alitalia ha solo l’8% del mercato di chi viene e parte dall’Italia per l’estero e noi qui proprio non riusciamo a capire perche’, tutti i partiti da destra a sinistra vogliano ristatalizzarla”.

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Economia

Una montagna di tasse non riscosse, 1.275 miliardi

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Il 2025, l’anno che dovrebbe vedere il calo del carico fiscale sul ceto medio, arriva con una conferma: c’è una montagna di tasse non riscosse. Una montagna che supera i 1.200 miliardi. Questo anche se in parte si tratta di crediti inesigibili per l’erario. Ma il recupero del non pagato intanto procede bene, almeno per la parte che riguarda chi decide di rottamare le cartelle fiscali: negli 11 mesi del 2024 sono rientrati in cassa (senza more e multe) 4,6 miliardi. Resta l’obiettivo del governo ribadito sulle colonne del Corriere della Sera dal viceministro all’Economia Maurizio Leo: abbassare la pressione del fisco sul ceto medio allegerendo l’aliquota Irpef, quella del 35%. Plaudono FdI e FI. Ma il vero punto sono le risorse che, come sempre, sono risicatissime.

L’esecutivo aveva tentato con il concordato preventivo biennale per gli autonomi (che il prossimo 16 gennaio dovranno andare comunque in cassa a versare gli acconti). Ma la misura ha raccolto meno (rpt: meno) di quanto ipotizzato: 1,7 miliardi contro 2,5. C’è quindi da recuperare risorse e la Lega già da mesi punta sulla quinta edizione della rottamazione che continua intanto a dare buoni risultati. Se ne potrebbe parlare durante l’esame del Milleproroghe.

Ma il rischio è che la misura, se ripresentata dalla Lega via emendamento, possa essere espunta per estraneità alla materia del provvedimeto. Si tratterebbe infatti di una riapertura dei termini, non di una proroga. Ma il confine tra le due fattispecie è abbastanza labile. Ci sarebbe spazio per un tentativo. “Sul piano della riduzione della pressione fiscale, c’è ancora da fare, partendo dai redditi medi che necessitano di un’attenzione specifica. Lo faremo, come sempre, con scelte responsabili e sostenibili finanziariamente”, dichiara Leo.

Il viceministro spiega la filosofia della sua riforma: “al cuore c’è l’idea che il fisco debba abbandonare, ove possibile, il ruolo di ‘controllore sospettoso’ per diventare un ‘partner affidabile'”. E sul non riscosso: “è stata istituita una commissione tecnica, incaricata di analizzare il ‘magazzino della riscossione’, ossia l’insieme dei crediti fiscali non riscossi, con l’obiettivo di proporre soluzioni che evitino l’ulteriore accumulo e il relativo smaltimento di questi crediti che, al 31 dicembre 2024, ammontano a 1.275 miliardi di euro”. Intanto “nel 2024 lo Stato è riuscito a recuperare 32,79 miliardi di euro, una cifra in netto aumento rispetto al 2023 (31 miliardi)”.

Intanto, secondo la relazione finale dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nei primi 11 mesi dello scorso anno la rottamazione ha permesso di incassare 4,6 miliardi. 31,6 miliardi in cassa negli ultimi 8 anni. Anche per questo il cantiere delle rottamazioni è destinato a riaprirsi soprattutto dopo la richiesta già formalizzata dalla Lega in sede di manovra. L’emendamento relativo fu ritirato e non era visto di buon occhio da Leo che però, in quei giorni, era alle prese con il risultato non esaltante del concordato biennale per gli autonomi.

Proprio questo risultato aveva spinto la Lega a puntare su una nuova riapertura della rottamazione. La quinta versione del provvedimento. E ora non è escluso che la proposta della Lega possa appunto tornare sotto forma di emendamento al decreto Milleproroghe. E’ già partito intanto l’aumento delle rate per pagare i debiti: pochi giorni fa l’agenzia della Riscossione ha annunciato la novità voluta da Leo che prevede il pagamento delle cartelle a rate fino a 7 anni (84 rate) con una semplice richiesta online. Lo scadenzario fiscale chiama nel frattempo in cassa le partite Iva con redditi fino 170mila euro che, sempre grazie ad un emendamento della Lega, hanno potuto contare su qualche mese in più per pagare Irpef, Ires e Irap. Entro giovedì prossimo, 16 gennaio, sono circa 300mila quelle chiamate in cassa e si potranno pagare in unica soluzione il 16 oppure in cinque rate di pari importo, da gennaio a maggio 2025.

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Economia

La rottamazione rende: 4,6 miliardi in 11 mesi

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La rottamazione delle cartelle fiscali, cioè la possibilità di chiudere i debiti con il fisco senza pagare multe o mora, piace agli italiani che ricorrono sempre di più a questa misura. Secondo la relazione finale dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini (foto Imagoeconomica in evidenza), ad esempio nei primi 11 mesi dello scorso anno ha permesso di incassare 4,6 miliardi. 31,6 miliardi in cassa negli ultimi 8 anni. Anche per questo il cantiere delle rottamazioni è destinato a riaprirsi soprattutto dopo la richiesta già formalizzata dalla Lega in sede di manovra. L’emendamento relativo fu ritirato e non era visto di buon occhio dal viceministro all’Economia, Maurizio Leo, che però in quei giorni era alle prese con il risultato non esaltante del concordato biennale per gli autonomi. A questa partita era legato il taglio dell’aliquota Irpef del 35% per il ceto medio.

Proprio questo risultato (1,7 miliardi in cassa sui 2,5 ipotizzati) aveva spinto la Lega a puntare su una nuova riapertura della rottamazione. La quinta versione del provvedimento. E ora non è escluso che la proposta della Lega possa tornare sotto forma di emendamento al decreto Milleproroghe. Sarebbe al momento l’unico ‘treno’ normativo ma il rischio è che la materia possa essere espunta perchè non conforme al contenuto del decreto base. E’ già partito intanto l’aumento delle rate per pagare i debiti: pochi giorni fa l’agenzia della Riscossione ha annunciato la novità voluta da Leo che prevede il pagamento delle cartelle a rate fino a 7 anni (84 rate) con una semplice richiesta online. Lo scadenzario fiscale chiama intanto in cassa le partite Iva con redditi fino 170mila euro che, sempre grazie ad un emendamento della Lega, hanno potuto contare su qualche mese in più per pagare Irpef, Ires e Irap. Entro giovedì prossimo, 16 gennaio, sono circa 300mila quelle chiamate in cassa e potranno pagare in unica soluzione il 16 oppure in cinque rate di pari importo, da gennaio a maggio 2025.

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Economia

Banche e risiko, su Unicredit-Bpm il nodo golden power

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L’operazione di Unicredit per conquistare Banco Bpm si complica ancora di più. Dopo le barricate alzate dalla banca guidata da Giuseppe Castagna, con esposti alla Consob e all’Antitrust, l’offerta pubblica di scambio volontaria di Unicredit da 10,1 miliardi dovrà fare i conti anche con il nodo golden power. L’obiettivo, secondo le indiscrezioni che circolano in ambienti finanziari, sarebbe quello di proteggere le filiali e i posti di lavoro del personale di Banco Bpm.

Per Unicredit il tema golden power non è certo una sorpresa. Nelle ore successive all’annuncio dell’offerta, da alcuni esponenti del governo era già stata evocata la necessità di approfondire i termini dell’operazione. E questo anche per tutelare i risparmi degli italiani, considerato anche che Banco Bpm ha lanciato un’opa su Anima, che è il primo gruppo indipendente di gestione del risparmio in Italia. Unicredit ha quindi provveduto il 13 dicembre scorso alla pre-notifica a Palazzo Chigi. Ci sono stati poi incontri tra rappresentanti di Unicredit con il gruppo di coordinamento che si occupa di valutare le applicazioni di golden power.

Dopo una prima valutazione, secondo quanto riporta La Stampa, sarebbe emersa la volontà di proseguire con gli approfondimenti. A Unicredit ora tocca inviare la notifica formale per avviare il procedimento, con il parere del governo che arriverà entro 45 giorni. Ma non è tutto. In casa Banco Bpm, infatti, si stanno valutando altre mosse difensive. Nelle scorse settimane, infatti, la banca ha presentato un esposto alla Consob in cui contesta l’offerta di Unicredit e chiede all’authority di valutare se sia stata correttamente lanciata e se ci siano i presupposti perché la stessa sia procedibile o debba essere fermata. C’è stato poi anche un esposto all’Antitrust nel quale si denuncia che l’offerta rappresenta una ‘killer acquisition’, cioè un’operazione finalizzata ad eliminare un concorrente scomodo e ad ingessarne l’operatività in una fase di forte dinamismo con l’opa su Anima e dall’acquisto del 5% di Mps.

In un quadro già molto complesso, Mps potrebbe essere invitata a una fusione difensiva da parte da Banco Bpm, con l’obiettivo di creare quel grande terzo polo bancario auspicato dal governo. Terzo polo che vede come protagonisti di primo piano un nocciolo duro tutto italiano rappresentato dall’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e da Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio. Complessivamente, mettendo insieme la quota riferibile a Delfin (9,78%), Caltagirone (poco più del 5%), Banco Bpm (5%) e Anima (4%), porta il nocciolo di azionisti italiani ad avere almeno il 24% di Siena. Questi numeri consentono a Caltagirone e Delfin di essere ago della bilancia per le scelte future.

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