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Roma e Milano troppo costose per trascorrere un weekend ma low cost per un cappuccino

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A Roma e Milano calano gli stipendi, per affittare una casa con due camere da letto non bastano 1.000 euro e un fine settimana romantico in un hotel a 5 stelle è riservato ai ricchi. In compenso però, un cappuccino al bar è tra i più economici al mondo. A dirlo è ‘Mapping the world’s prices’ di Deutsche Bank, che analizza prezzi e qualità della vita in 56 grandi città del mondo rilevanti per il mercato finanziario. Milano e Roma sono al 35/o e 40/ posto della classifica dominata da Zurigo, Wellington e Copenhagen. Nel 2019 in Europa i prezzi sono generalmente cresciuti e l’Italia non fa eccezione (+1,24%). Il rapporto riscontra pero’ un generale decremento del valore reale degli stipendi netti mensili in Europa, con Roma e Milano (-13% e -10%) che pero’ fanno peggio di Oslo e Parigi (-11%), Amsterdam, Vienna e Madrid (-9%) e Francoforte (-7%). Negli Usa invece i salari crescono, soprattutto a San Francisco che grazie a un balzo del +31% si porta al vertice della classifica con stipendi netti medi di 6,526 dollari capaci di far impallidire la pur facoltosa Zurigo (5,896 dollari). Guardando agli affitti, l’Italia e’ a meta’ classifica per costo mensile. A Milano un appartamento con due camere da letto prevede un esborso medio di 1,395 dollari (1.247 euro, 25/o posto della classifica), a Roma di 1,157 dollari (1.034 euro, 29/o posto).

Rispetto all’anno precedente crolla il reddito che resta in tasca dopo aver pagato l’affitto: -17% a Milano, -15% a Roma. Essere la culla della moda mondiale non offre vantaggi sulle spese per l’abbigliamento, tra le piu’ care tra i Paesi esaminati per il rapporto. Tanto per fare un esempio, un paio di scarpe sportive di marca costa in media 110,3 dollari a Milano (8/a nella classifica mondiale) e 101,3 dollari a Roma (18/a). Per non parlare dei vizi: cinque birre e due pacchetti di sigarette a settimana costano cari nelle due citta’, rispettivamente a 22/0 e 26/o posto mondiale per questo tipo di spesa. Non basta, se Milano e Roma sono costose per viverci, sono costosissime per fare i turisti. Per lo meno a livelli ‘top’. La ‘capitale economica’ e’ in assoluto la destinazione piu’ costosa al mondo per un weekend ‘romantico’, con una notte per due in un albergo a 5 stelle con vista che costa in media 961 dollari, seguita a ruota da Roma (6/o posto con una media di 609 dollari). Turisti e cittadini possono pero’ consolarsi al bar. Roma e’ terz’ultima al mondo per il prezzo di un cappuccino (al massimo di 1,9 dollari). Milano e’ ultima, con un costo medio di 1,7 dollari. Per non parlare della qualita’ della bevanda. Il rapporto ovvimente non la giudica, ma che quelli italiani siano tra i miglior cappuccini del mondo ca va sans dire.

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Il NYT cambia rotta, il food critic non è più anonimo

Tejal Rao e Ligaya Mishan, nuove firme del gusto, svelano l’identità ai lettori: “Più trasparenza e contatto con il pubblico”.

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Il New York Times cambia registro e abbandona definitivamente l’anonimato per i suoi critici gastronomici. Addio a travestimenti, voci alterate, profili sfocati: da oggi i lettori sapranno esattamente chi si cela dietro le recensioni dei ristoranti più acclamati (e temuti) d’America. Il quotidiano newyorkese ha presentato le sue nuove firme del gusto: Tejal Rao e Ligaya Mishan, che raccolgono il testimone lasciato da Pete Wells, critico di punta per oltre un decennio.

Fine di un’epoca: l’anonimato non serve più

“Internet ha reso l’anonimato praticamente impossibile”, spiega il Times in un video che ufficializza la svolta. Anche Pete Wells, che ha lasciato l’incarico lo scorso luglio, ha confermato che i ristoranti riescono quasi sempre a individuare un critico anche se camuffato. La mossa, quindi, va incontro a una realtà già consolidata, ma apre anche una nuova fase: i critici diventeranno volti pubblici, compariranno in video, e si metteranno in gioco anche con la loro personalità e stile.

Amo l’idea di non dover giocare con l’anonimato”, ha dichiarato Tejal Rao. Pur utilizzando pseudonimi per prenotare, non cercherà più di nascondersi una volta seduta al tavolo.

Due critici per coprire tutta l’America

Con milioni di abbonati distribuiti in tutti gli Stati Uniti, la redazione ha deciso di raddoppiare la posizione per coprire in modo capillare la scena gastronomica da New York a Los Angeles, passando per Chicago, Filadelfia, San Francisco e Austin. Un approccio nazionale per una cucina sempre più globale e diffusa.

Il pubblico vuole sapere chi c’è dietro le recensioni

Il pubblico vuole associare un volto a un’opinione, capire chi è la persona che consiglia un piatto, quali sono i suoi gusti”, spiega la direzione del quotidiano. Con video e interventi personali, Rao e Mishan porteranno una maggiore trasparenza e un tono più diretto nel dialogo con i lettori.

Un lavoro da sogno, ma non per la salute

Il cambiamento arriva dopo un anno di vuoto alla guida della sezione food, seguito all’addio di Pete Wells, che aveva lasciato per motivi di salute. “Ne va della mia salute”, aveva detto, raccontando le conseguenze di dodici anni di pasti abbondanti e ritmi serrati. Prima di lui, Adam Platt (New York Magazine) aveva descritto il mestiere come “il meno sano del mondo”, citando effetti collaterali come gotta, colesterolo alto, diabete e ipertensione.

 

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Parmigiano Reggiano da record: aperta la forma più stagionata di sempre, 27 anni e 3 mesi

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A Villa Minozzo, nel Reggiano, è stata aperta la forma di Parmigiano Reggiano più antica mai tagliata e ancora perfettamente edibile. La stagionatura record è di 27 anni e 3 mesi: un evento eccezionale che celebra l’eccellenza del made in Italy agroalimentare.

La forma, prodotta nel febbraio 1998 da Romano Camorani, casaro della Nazionale del Parmigiano Reggiano, fu realizzata nella latteria Santa Lucia di Poviglio, quando ancora esisteva la lira, Marco Pantani vinceva il Giro d’Italia e Oscar Luigi Scalfaro era presidente della Repubblica.

Una forma diventata un gioiello da 20.000 euro

Il prezioso Parmigiano è stato aperto nei giorni scorsi all’Acetaia Razzoli, alla presenza di familiari, amici, istituzioni locali e del presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli, che ha sottolineato l’importanza storica e simbolica del momento:

“È la forma di Parmigiano Reggiano più vecchia mai aperta: dimostra quanto questo prodotto, fatto solo con latte, caglio e territorio, possa conservare qualità straordinarie senza conservanti”.

Il suo valore stimato supera i 20.000 euro, ma l’impatto culturale e identitario è inestimabile.

Il prossimo traguardo: battere il Cheddar da 28 anni

L’Italia ora punta al primato mondiale detenuto da un Cheddar americano da 28 anni, tagliato nel 2012 in Wisconsin. Per batterlo, la Nazionale del Parmigiano Reggiano ha già pronta una forma con 30 anni di stagionatura, custodita in un magazzino segreto.

È una vera sfida all’ultimo cristallo di calcio lattico, ma anche un tributo al tempo, al territorio e al sapere artigiano che rendono unico il Parmigiano Reggiano nel mondo.

(Immagine realizzata con sistemi di intelligenza artificiale)

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Tucci: ecco l’Italia vera, non solo pasta, sole e pizza

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L’Italia “non è solo sole, pasta e pizza, è molto più complessa. È stata influenzata da innumerevoli culture nel corso dei millenni, e queste influenze permangono ancora oggi”. È quanto vuole mostrare Stanley Tucci con il suo nuovo viaggio nel nostro Paese (a due anni dal successo di Searching for Italy, vincitore di tre Emmy) sul filo guida delle diverse cucine regionali e di tante storie e incontri. Un’esplorazione culinaria, ma anche personale e sociale di Lombardia, Toscana, Trentino Alto Adige, Abruzzo e Lazio, nelle cinque puntate (una per regione) di Tucci in Italy, la nuova docuserie al via su National Geographic dal 19 maggio. “L’Italia è bellissima, ma non volevo romanticizzarla, quello è già stato fatto fino alla nausea – aggiunge l’interprete di Conclave nell’incontro virtuale con i giornalisti internazionali -. Io voglio mostrarne la verità, quanti più aspetti possibili di ogni regione.

Alcuni di quelli raccontati nel programma sono politici, altri riguardano il territorio, il modo in cui le persone vivono la loro vita, ma tutti hanno in comune il prisma del cibo”. Tucci, classe 1960, figlio di due genitori di origini calabresi (i nonni paterni venivano da Marzi e Serra San Bruno, mentre la madre Joan da Cittanova) va oltre il semplice viaggio gastronomico, unendo ai piatti il racconto di luoghi e persone. Così, ad esempio, in Lombardia, classici come risotto alla milanese e polenta si intrecciano agli assaggi nella test kitchen di Autogrill o all’incontro con una famiglia Lgbt composta da due papà con un bimbo nato dalla Gpa. In Toscana, tra lampredotto e lardo di Colonnata, incontra i butteri e partecipa alla cena di una contrada dopo il Palio di Siena. In Trentino, Tucci pranza con la comunità etiope e poi con una famiglia ladina.

In Abruzzo prova, tra le varie specialità, i confetti di Sulmona e gli arrosticini, viaggiando dai trabocchi (palafitte sulla costa, usate come macchine per pescare) a un paese con 15 abitanti. Nel Lazio ha tra le tappe un locale della capitale a Tor Pignattara con un maestro della pizza egiziano; approfondisce la cultura della trattoria e prova sul lago di Bolsena la ‘colazione dei pescatori’, la sbroscia (zuppa di pesce locale). Alcune delle regioni “le avevo già raccontate in Searching for Italy, in altre, come Abruzzo e Trentino, sognavo da tempo di andare… A guidarmi ogni volta sono le storie… abbiamo già girato altre cinque puntate in altrettante regioni, che andranno in onda l’anno prossimo”, annuncia. Il diario di viaggio di Tucci resta anche ancorato anche all’attualità, ad esempio “parlando delle nuove influenze, che arrivano dai migranti. Eppure nel clima politico odierno gli immigrati vengono denigrati, a torto, perché hanno così tanto da offrire a una cultura. Nessuno lo sa meglio degli italiani, che arrivarono a milioni in America, subendo anche loro pregiudizi simili. Credo che sia qualcosa che gli italo americani come gli italiani dovrebbero ricordare”.

Più “esploro il cibo, più lo capisco, e allo stesso modo, più esploro la cucina italiana, più capisco l’Italia”, dice. Tucci è dubbioso sulla possibilità di allargare la mappa di viaggio del programma, andando anche in altri Paesi: “Ci ho pensato, ma non so se sarò io a farlo. Penso sarebbe più interessante avere qualcuno come me, amante del cibo, che la gente conosce attraverso film, televisione o altro, per raccontare un Paese con cui sente un profondo legame, forte come quello che io sento per l’Italia”.

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