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Politica

Recovery da 191 miliardi, il Governo Draghi ha 2 mesi per cambiare piano

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Tempi stretti, strutture da rafforzare e piano da rivedere, pur senza buttare la “grande mole di lavoro” fatto fin qui: al suo debutto in Parlamento il ministro dell’Economia, Daniele Franco spiega il metodo con cui il nuovo governo sta affrontando la stesura del Piano di ripresa e resilienza, chiarisce che bisogna correre e non c’e’ spazio per “battute d’arresto” e illustra la governance immaginata per il Recovery Plan italiano, che fara’ perno sul coordinamento del ministero dell’Economia ma avra’ diramazioni in tutti i ministeri. L’obiettivo e’ quello di arrivare pronti entro la fine aprile con un piano “ambizioso” ma “credibile e dettagliato”, che potra’ avere un impatto anche superiore al 3% del Pil se saranno realizzate le riforme, a partire da giustizia e P.a. Mentre la riforma del fisco, pur essendo tra le priorita’, non sara’ affrontata “nell’ambito” del Pnnr. L’Italia, avverte subito il nuovo titolare di via XX settembre, potra’ contare su un po’ meno risorse di quante ipotizzate finora, 191,5 miliardi di fondi Recovery invece di 196, con la revisione della quota di prestiti sulla base dei dati riferiti, come da regolamento europeo, al 2019. Una cifra che potrebbe peraltro essere ancora rivista quando nel 2022 si chiudera’ la valutazione sulla seconda tranche di finanziamenti, il 30% del totale, che sara’ calcolata sull’andamento del Pil del 2020 e 2021. I progetti andranno quindi “tarati sulle risorse effettivamente disponibili” e bisognera’ “riflettere” se rivedere la “distribuzione” tra progetti nuovi e gia’ a bilancio. Nessun accenno al programma Cashback, pur nel mirino di quasi tutte le forze politiche che, a eccezione del M5S, iniziano a chiedere di spostare le risorse verso le imprese o verso le famiglie piu’ in difficolta’. Il Recovery e’ la priorita’ “per il Mef, per il governo, per il Paese” esordisce Franco prima di essere interrotto, tra le proteste in particolare di Fdi, per difficolta’ di collegamento: nonostante i problemi tecnici, e le polemiche del weekend sulla consulenza di McKinsey, l’audizione scorre via lisca, con toni pacati e domande non troppo provocatorie. Certo, le richieste di spiegazione sulla chiamata della multinazionale arrivano ma senza accenti bellicosi. Non c’e’ “nessuna intromissione nelle scelte” assicura Franco, solo un “supporto tecnico-operativo”, nessuna struttura privata “ha accesso a informazioni privilegiate o riservate”. Mckinsey, insomma, dara’ una mano su “produzione di cronoprogrammi, aspetti metodologici nella redazione del piano, aspetti piu’ editoriali che di sostanza”, su cui invece si stanno esercitando fin dall’insediamento tutti i ministeri coinvolti a partire da quelli della Transizione, digitale ed ecologica, e dal ministero del Sud. Innovazione, ambiente e coesione restano infatti le linee guida del Piano che manterra’, spiega Franco, le 6 missioni individuate dal governo Conte: ora e’ in corso una valutazione “di quello che va conservato, perche’ fatto bene” e di quello che va invece “integrato e sviluppato”, a partire dal dettaglio delle riforme. Quelle prioritarie sono giustizia e Pubblica amministrazione, insieme a una azione di “semplificazione trasversale”, e vanno affrontate “con pragmatismo”, parola che Franco ripete piu’ volte, bilanciando l’obiettivo di “ridisegnare in modo organico la cornice regolamentare” con i “tempi molto molto serrati”, non solo per scrivere, ma anche per realizzare i progetti. Per questo va rafforzata subito la struttura che se ne dovra’ occupare, mettendo in piedi “in tempi rapidi” anche un sistema di reclutamento “di giovani nella Pa”. Franco non entra nei dettagli, rinviando alle audizioni dei singoli dicasteri, scelta che lascia un po’ delusi i parlamentari che si aspettavano maggiori integrazioni da parte del ministro. “Notizie nessuna”, commenta qualche senatore, che teme come i colleghi della Camera di non poter incidere in alcun modo e di ritrovarsi a dare, nelle prossime settimane, un parere su un testo superato. Non bastano, insomma, le rassicurazioni sul fatto che le risoluzioni, che dovrebbero essere votate alla fine di marzo, saranno tenute in grande considerazione per la revisione del piano. Assicurando un dialogo “durevole e intenso” con le Camere, Franco ammette pero’ che ad aprile ci sara’ “una fase molto rapida e concitata” e che ancora non si e’ deciso, quindi, se il testo finale passera’ di nuovo per un voto, come vorrebbero i partiti.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Economia

I sindacati in piazza, ‘basta morti sul lavoro’

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Oltre mezzo milione di incidenti sul lavoro e più di mille morti l’anno. Tre al giorno: tragedie in cantieri, fabbriche, campi, a cui bisogna mettere fine. Cgil, Cisl e Uil (foto Imagoeconomica in evidenza) scendono in piazza per il Primo maggio all’insegna della sicurezza sul lavoro, ricordando le tante vittime e dicendo basta. Al governo, che mette sul tavolo altri 650 milioni per la sicurezza, chiedono misure più incisive in vista dell’incontro dell’8 maggio a Palazzo Chigi.

Servono risposte ‘adeguate’ o sarà mobilitazione, avverte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. In attesa del confronto, la premier Giorgia Meloni rivendica l’azione dell’esecutivo in questi due anni e mezzo: oltre un milione di posti di lavoro in più e il numero degli occupati al massimo storico, più di 24 milioni e 300mila. Un impegno che, assicura, continua anche sul fronte della sicurezza. Ma sulle sue parole si riaccende lo scontro con la segretaria del Pd, Elly Schlein: ‘Continua a mentire sui numeri’, attacca la segretaria dem, rilanciando la necessità di una legge sul salario minimo. Nelle piazze riecheggiano anche i referendum dell’8 e 9 giugno. Schlein al corteo a Roma sfila accanto a Landini, che rilancia l’invito ad andare a votare, e conferma che il Pd sostiene tutti i 5 sì al referendum.

VIA SPARANO PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVORATORI CGIL CISL E UIL UNITI PER UN LAVORO SICURO BANDIERE CGIL UIL CISL (foto Imagoeconomica)

Mentre il leader M5s, Giuseppe Conte, su Fb scrive che il movimento ‘dirà 4 sì’ ai quesiti sul lavoro (resta fuori quello sulla cittadinanza che non aveva firmato). Il tema unitario resta quello della sicurezza e del contrasto agli incidenti sul lavoro. ‘Questa vergogna deve finire’, dice la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, dal palco a Casteldaccia (Palermo), dove il 6 maggio dell’anno scorso cinque operai persero la vita, guardando alla convocazione dell’8 maggio per costruire una strategia nazionale e ‘un’alleanza’.

Da Montemurlo (Prato), il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ricorda invece Luana D’Orazio, morta lì quattro anni fa in una ditta tessile. E da lì torna a chiedere di istituire il reato di omicidio sul lavoro e una procura speciale. Alla giovane nel pomeriggio viene intitolata una strada, su iniziativa del comune. E alla mamma, Emma Marrazzo, arriva l’abbraccio anche della ministra del Lavoro, Marina Calderone, presente alla cerimonia: ‘Quello che le è accaduto è il peggior incubo’, le dice assicurando l’impegno a fare di più. Nel pomeriggio il concertone del Primo maggio a Roma – aperto da Leo Gassmann sulle note di ‘Bella Ciao’ – omaggia Papa Francesco: ‘La sicurezza sul lavoro è come l’aria che respiriamo, ci accorgiamo della sua importanza quando viene tragicamente a mancare ed è sempre troppo tardi’, le parole di Bergoglio che riecheggiano in una piazza San Giovanni stracolma.

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Politica

Mattarella: Resistenza non è feticcio ma responsabilità

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Le associazioni combattentistiche “sono l’anima perenne della memoria”: la loro opera è “preziosa” perchè voi trasmettete “il senso di quello che è avvenuto, la custodia della memoria senza farne un feticcio consegnato al solo ricordo, ma facendola vivere come consapevolezza civile, come educazione alla responsabilità. Un ponte ideale tra generazioni nell’attualità dei valori”. Sergio Mattarella chiude le celebrazioni per il 25 aprile con un ennesimo appello a non dimenticare quanto accaduto con la Resistenza e la Liberazione ma soprattutto con un invito a far si che questa data non diventi uno sterile appuntamento ma una spinta ad agire nel nome di quei valori. Ricevendo al Quirinale le associazioni combattentistiche e d’arma, il cui incontro era programmato per il 23 aprile, il presidente della Repubblica è tornato a sottolineare l’importanza della festa della Liberazione.

Infatti per il capo dello Stato il 25 aprile deve essere “un’eredità vissuta nel presente e trasformata in impegno per riflettere sull’attualità di quei valori, a cominciare dal rifiuto dell’indifferenza”. Ma non solo perchè, ha ricordato ancora Mattarella, la Liberazione sprigionò “energia morale” e fu “il frutto di un moto individuale delle coscienze che divenne espressione della dignità del nostro paese, del nostro popolo che non si lasciò sopraffare dalla barbarie”. La rievocazione del presidente con le associazioni combattenti è quindi giocata tutta sul valore degli ideali che portarono al 25 aprile, sulla necessità di non perdere la spinta propulsiva che generò. Infatti ha spiegato come “minacce in forme diverse che pretendono di porre in discussione i valori di democrazia, libertà e pace che furono alla base della Resistenza sono sempre presenti. Conflitti armati sempre più frequenti vicini ai confini dell’Europa.

Tensioni nei rapporti internazionali che con oblio della memoria rischiano di provocare crisi globali dalle conseguenze catastrofiche. Ecco perché – ha ripetuto – il 25 aprile non è mera occasione di formale omaggio”. Non poteva infine mancare un raccordo tra gli ideali di quei tempi e le prime visionarie idee sulla necessità di arrivare ad un Europa unita, unico vero baluardo contro i nazionalismi aggressivi di quell’epoca: “rendiamo onore ai protagonisti della Liberazione e della Resistenza che ci hanno condotto nella nuova Italia, libera, democratica e promotrice di quella che oggi è l’Unione europea, un’Italia protagonista della cooperazione internazionale”, ha concluso il presidente.

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