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Economia

Quarta falla nel Nord Stream, la Nato in allerta

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 Non si ferma l’emorragia di gas dal Nord Stream. A quarantott’ore dalle prime falle individuate nelle linee sottomarine nel Baltico della condotta che dalla Russia approda in Germania, le perdite accertate nel gasdotto sono salite a quattro. La Guardia costiera svedese ha individuato un secondo buco nelle tubature nella zona economica esclusiva di Stoccolma, stavolta probabilmente nel gasdotto numero 2 – quello mai entrato in funzione per l’escalation in Ucraina -, che si aggiunge ai due gia’ segnalati dalla Danimarca al largo dell’isola di Bornholm, anch’essi distribuiti su entrambe le condotte. L’emergenza ha intanto messo in allerta la Nato. “Il danneggiamento dei gasdotti”, ha dichiarato il Consiglio Atlantico in una nota sottoscritta anche da Svezia e Finlandia, alleati entranti, “desta profonda preoccupazione: tutte le informazioni attualmente disponibili indicano che si tratta del risultato di atti di sabotaggio deliberati, sconsiderati e irresponsabili”. La Nato si dice quindi pronta “a rispondere unita e con determinazione a qualsiasi attacco deliberato contro le infrastrutture critiche degli alleati”. Cresce anche l’allerta dell’Ue, che si prepara “a lavorare con gli Stati membri per condurre una serie di stress test sulle infrastrutture critiche dell’Unione europea, comprese quelle energetiche”. Secondo i media svedesi, i rischi legati al Nord Stream erano stati gia’ messi in evidenza nel 2007 da un rapporto redatto per conto del ministero della Difesa di Stoccolma dagli esperti della Swedish Defence Research Agency, ma l’allarme fu ignorato. Il dito dell’Occidente resta piu’ o meno esplicitamente puntato contro Mosca, che pero’ continua a respingere le accuse. In una telefonata con Recep Tayyip Erdogan, Vladimir Putin ha denunciato un “atto di terrorismo internazionale”. Le ricostruzioni sulla presenza di navi russe nella zona delle esplosioni sospette “sono notizie distorte, sono state viste molte piu’ truppe della Nato nell’area”, ha replicato Mosca, sottolineando che le esplosioni sono avvenute nella zona economica esclusiva della Danimarca e della Svezia, “Paesi allineati alla Nato che sono pieni di armi di fabbricazione statunitense e che sono completamente controllati dai servizi speciali statunitensi”. In attesa di possibili sviluppi sulle indagini, il Cremlino avverte che i danni al Nord Stream potrebbero essere irreparabili, come gia’ ipotizzato dai servizi tedeschi. “E’ una questione tecnica, non siamo in grado di rispondere”, ha spiegato il portavoce Dmitri Peskov. “Fino al completamento della valutazione dei danni, e’ impossibile prevedere i tempi di ripristino dell’infrastruttura di trasporto del gas”, ha avvisato da parte sua il consorzio di gestione del gasdotto, spiegando che “l’ingresso nell’area degli incidenti puo’ essere permesso solo dopo che la pressione nel gasdotto sara’ stabilizzata e la fuga di gas fermata”. Probabilmente quindi non prima di lunedi’. Intanto, l’Europa si sta gia’ preparando a un’interruzione delle forniture almeno per questo inverno. Secondo il cancelliere tedesco Olaf Scholz, “presto il gas non sara’ piu’ rifornito dalla Russia. La Germania e’ pero’ ben preparata al cambiamento della situazione”. Con il passare dei giorni, mentre cresce l’allarme per i danni ambientali visti i livelli insolitamente elevati di gas serra rilevati nell’aria dalle stazioni di ricerca svedesi, lo scontro si trasferisce anche sul terreno economico. “Gli analisti non si sono ancora impegnati a stimare i possibili costi di ripristino del gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico, ma la domanda principale e’ ‘chi paghera’ per questo?'”, si chiede l’agenzia statale russa Ria Novosti. Secondo fonti di mercato, i gasdotti erano assicurati da compagnie straniere, ma i termini delle garanzie non sono noti e si prospetta in ogni caso un lungo e complesso arbitrato internazionale.

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Economia

Mediobanca lancia offerta su Banca Generali: nasce un colosso del Wealth Management

Mediobanca offre la propria partecipazione in Generali per acquisire Banca Generali e rafforzarsi nel Wealth Management con 210 miliardi di attivi in gestione.

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Mediobanca ha ufficialmente lanciato un’offerta pubblica di scambio sul 100% di Banca Generali, proponendo al Leone di Trieste la propria partecipazione azionaria in cambio della controllata specializzata nel settore del risparmio gestito. L’operazione, annunciata attraverso una nota ufficiale, comporta per Mediobanca la cessione della sua quota in Generali e un simultaneo investimento in Banca Generali per un valore complessivo di 6,3 miliardi di euro.

Evoluzione del rapporto tra Mediobanca e Generali

Secondo quanto precisato da Piazzetta Cuccia, questa mossa rappresenta un cambiamento strategico nei rapporti tra Mediobanca e Generali: da un semplice legame finanziario si passa a una “forte partnership industriale”, segnando una nuova fase di collaborazione tra i due gruppi.

Obiettivo: la leadership nel Wealth Management

L’operazione permetterà a Mediobanca di rafforzare notevolmente la propria presenza nel settore del Wealth Management. Una volta completata l’aggregazione, il gruppo potrà contare su attivi in gestione pari a 210 miliardi di euro, ricavi per circa 2 miliardi e una capacità di crescita stimata in oltre 15 miliardi annui. Un passo decisivo che conferma la volontà di Mediobanca di posizionarsi come leader di mercato in un settore strategico e in forte espansione.

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Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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