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Esteri

‘Putin vuole dichiarare la vittoria il 24 febbraio’

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Una voce, proveniente dall’intelligence ucraina, viene ripresa dai media occidentali e smuove gli animi in vista del terzo anniversario, lunedì, dell’invasione russa dell’Ucraina. I servizi di Kiev, citati da Bild, assicurano che proprio il 24 febbraio Vladimir Putin annuncerà la vittoria. Un’affermazione in contrasto con i segnali che arrivano dal Cremlino, dove il portavoce Dmitry Peskov afferma che è “troppo presto per parlare di risultati” di quella che a Mosca è chiamata ‘l’operazione militare speciale’, e che quindi lunedì non è in programma alcun evento speciale. I servizi di intelligence militare ucraini sostengono che Putin potrebbe usare i recenti colloqui tra Stati Uniti e Russia a Riad per dichiararsi appunto vincitore, imponendo le sue condizioni di pace al mondo e cercando di dipingere i governi in Europa che sostengono Kiev come “nemici della pace”. Peskov, invece, annuncia che le ostilità continueranno perché “tutti gli obiettivi stabiliti dal capo dello Stato e supremo comandante in capo devono essere raggiunti”. Quali siano gli “obiettivi” stabiliti da Putin è risaputo: pieno controllo delle quattro regioni ucraine attualmente occupate solo in parte (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson) e rinuncia ufficiale di Kiev ad entrare nella Nato.

L’avanzata delle truppe russe nella regione di Donetsk continua, con il ministero della Difesa che ha annunciato la conquista di altri due villaggi: Nadezhdinka e Novosyolka. Ma appaiono ancora ben lontane dal realizzare manu militari le ambizioni del capo del Cremlino. Quanto alle trattative avviate tra Russia e Usa, non sembrano poter dar luogo per ora ad un esito talmente favorevole a Mosca. Le due parti sono diventate molto prudenti anche nel parlare di un possibile vertice fra Putin e Donald Trump. Una tale iniziativa “dipenderà dai progressi dell’accordo ucraino”, ha sottolineato il segretario di Stato americano Marco Rubio. Mentre il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov accusa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky di prendere ordini direttamente dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, che gli imporrebbe di non mostrare alcuna flessibilità in vista dei negoziati. Che a Mosca si prenda in considerazione una soluzione in tempi non troppo lunghi è tuttavia dimostrato dai commenti che circolano sul possibile ritorno di aziende occidentali che hanno lasciato il mercato russo dopo l’inizio del conflitto, nel 2022.

Oggi ne ha parlato lo stesso Putin, sottolineando che le aziende russe dovranno essere salvaguardate dalla concorrenza di quelle straniere che faranno ritorno. “Possiamo regolamentare opportunamente il rientro sul nostro mercato di chi vuole rientrare, creando e mantenendo vantaggi per i nostri stessi produttori”, ha detto il presidente, parlando in un forum sul futuro dell’industria chimica. In merito ai colloqui russo-americani, Lavrov ha lamentato che le leadership della Ue e della Nato “percepiscono come un tradimento degli interessi dell’Occidente” il fatto che “i rappresentanti delle due grandi potenze siedano a parlare”. Ma qualche nervosismo l’incontro di Riad potrebbe averlo provocato anche altrove. Per esempio a Pechino, secondo l’opinione di chi pensa che il rapido avvicinamento di Washington a Mosca punti ad incrinare l’alleanza russo-cinese in vista della sfida strategica del XXI secolo tra Usa e Cina. “Non sappiamo – ha commentato il presidente bielorusso Alexander Lukashenko – che cosa vogliano gli Stati Uniti. Non sappiamo cosa chiederanno ai russi in cambio della fine della guerra e così via. Credo che cercheranno di mettere i russi contro i cinesi, e i russi non possono permettere questo”. Forse è per cercare di fugare i sospetti che Putin si prefigge di avere “presto” un colloquio telefonico con il presidente cinese Xi Jinping per informarlo dei risultati dell’incontro di Riad, secondo quanto annunciato dal portavoce Peskov. Mentre ufficialmente il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, si è rallegrato per tali colloqui affermando che si sta aprendo una “finestra per la pace” nella crisi ucraina.

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Esteri

Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Esteri

Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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