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Prigozhin tra i cadaveri dei soldati russi minaccia Mosca, dateci armi o scappiamo da Bakhmut / VIDEO

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Yevgeny Prigozhin cammina tra decine di cadaveri stesi a terra, nell’oscurità, imprecando e insultando il ministro della Difesa Serghei Shoigu. “Dove sono le munizioni?”, grida. Poi una lunga dichiarazione per annunciare che farà ritirare i suoi uomini il 10 maggio da Bakhmut. Infine un altro video per accusare i vertici militari di essere colpevoli per la morte e il ferimento di “decine di migliaia di ragazzi russi”. E’ un crescendo inarrestabile quello del capo della Wagner nelle ultime 24 ore.

Ma per gli ucraini è solo un tentativo di mettere le mani avanti e di autoassolversi in vista delle sconfitte che le forze russe subiranno nell’imminente controffensiva. Intanto però Ramzan Kadyrov si dice pronto a inviare le sue forze speciali Akhmat a sostituire i ‘musicisti’ della Wagner se Prigozhin darà corso ai propositi annunciati. “I nostri combattenti sono pronti ad occupare Bakhmut”, ha scritto il capo ceceno sul suo canale Telegram. Bersaglio degli attacchi di Prigozhin è, insieme a Shoigu, il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. “Io personalmente farò sì che siano puniti”, annuncia il fondatore della Wagner. L’accusa è sempre la stessa: la compagnia privata è stata lasciata senza munizioni dopo che per oltre un anno ha prestato soccorso all’esercito regolare, facendo rientrare suoi uomini dall’Africa su richiesta delle autorità.

“Pertanto dal 10 maggio lasciamo la città”, afferma Prigozhin, anche se mancherebbero “solo due chilometri” alla sua conquista totale. Se i wagneriani non se ne andranno anche prima, aggiunge, è solo per rispetto della festività del 9 maggio, quando la Russia celebra la vittoria sul nazismo. La data in cui Prigozhin dice che avrebbe potuto prendere il controllo dell’intera Bakhmut se solo avesse avuto il pieno sostegno di Mosca.

Kiev non crede alle sue parole: il fondatore della Wagner sta solo cercando di “dare la colpa a qualcuno perché si è reso conto di non poter più mantenere la parola data”, ha commentato il portavoce dell’intelligence ucraina. Ma ciò non toglie che esistano divisioni profonde tra lo stesso Prigozhin e le istituzioni militari di Mosca. Forse potrebbe essere una risposta alle sue accuse la visita che Shoigu ha fatto nel distretto militare Sud durante la quale, ha fatto sapere il ministero della Difesa, ha dato disposizioni perché venga garantita “la fornitura continua e regolare” di “tutte le armi e l’equipaggiamento militare necessari” alle truppe russe in Ucraina. Ma Prigozhin ha lamentato che il suo rappresentante presso lo Stato maggiore, il generale Troshev, non ha avuto “nessuna informazione” su nuove forniture alla Wagner.

Secondo il capo della compagnia privata, l’unico che ha garantito un regolare afflusso di munizioni, prelevandole da vecchi depositi in Estremo Oriente, è stato il generale Mikhail Misintsev, vice ministro della Difesa per sette mesi prima di essere rimosso alcuni giorni fa e ora diventato vice comandante della Wagner, secondo il blogger militare Alexander Simonov. Insieme alle lotte di potere negli ambienti militari, a caratterizzare questi giorni di vigilia della festa del 9 maggio sono i timori per possibili attacchi su Mosca, dopo i due droni esplosi sul Cremlino nelle prime ore di mercoledì, che secondo la versione delle autorità russe erano stati inviati da Kiev per uccidere Vladimir Putin. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha telefonato al suo omologo russo per esprimergli sostegno e solidarietà “di fronte all’attacco terroristico”.

Ma nuovi attacchi con droni – di cui Kiev non rivendica la paternità – sono segnalati in regioni vicine all’Ucraina. In particolare in quella di Krasnodar, dove un rogo si è sviluppato nella raffineria Ilsky. Secondo alcuni osservatori militari gli attacchi a raffinerie e depositi di combustibili avrebbero l’obiettivo di ostacolare le forniture di carburanti alle forze russe in vista della controffensiva ucraina. I timori per la controffensiva comunque non inducono Mosca ad indietreggiare dalle sue posizioni politiche di fronte ai Paesi Nato. Il conflitto non può finire con un compromesso che porti a un congelamento della linea del fronte, ha affermato dall’India il ministro degli Esteri Serghei Lavrov. La pace, ha aggiunto, non può essere raggiunta senza risolvere “il principale problema geopolitico, cioè il desiderio dell’Occidente di mantenere l’egemonia per imporre a tutti le sue volontà”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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Mosca: abbattuti 115 droni ucraini, un morto a Bryansk

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Mosca afferma che di aver abbattuto stanotte 115 droni ucraini sul territorio russo e che un civile è rimasto ucciso in uno degli attacchi effettuati dai velivoli senza pilota delle forze di Kiev, quello sulla città occidentale di Bryansk.

Secondo un comunicato del Ministero della Difesa di Mosca citato dall’agenzia di stampa russa Tass i droni ucraini sono stati intercettati sulle regioni di Bryansk (102), Kursk (due) e Belgorod (uno), sulla Crimea (nove) e sul Mar Nero (uno). Il governatore del Bryansk, Alexander Bogomaz, ha scritto su Telegram che “il regime di Kiev ha compiuto un altro atto terroristico questa notte” sul capoluogo di regione uccidendo “un civile” e ferendo “una donna”. L’attacco ha danneggiato anche alcune infrastrutture civili, ha aggiunto Bogomaz.

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