Collegati con noi

Politica

Pressing Salvini, su manovra-migranti scontro con Conte

Pubblicato

del

Manovra, Autonomie, migranti: le tensioni M5S-Lega prima dell’arrivo del fatidico 20 luglio – data oltre la quale si chiude al finestra elettorale di settembre – si orientano su questa triplice direttiva. E in tutti e tre i punti e’ Matteo Salvini a mettere in campo un costante pressing sia sull’alleato Luigi Di Maio, sia sul premier Giuseppe Conte. Sulla manovra, in particolare, lo scontro tra il leader della Lega e il premier e’ aspro. Salvini annuncia un incontro per lunedi’ prossimo con i principali operatori economici del Paese, facendo pensare a un suo nuovo tentativo di blitz sulla Flat tax. La reazione di Conte non si fa attendere. “La manovra si fa nelle sedi istituzionali con il premier e tutti i ministri”, avvertono da Palazzo Chigi mentre fonti di maggioranza spiegano come Conte si sia fatto sentire direttamente con il vicepremier. Ponendo un tema, gia’ altre volte caro al premier: quello di evitare “sgrammaticature istituzionali”. “Sono il vicepremier, faro’ l’incontro”, afferma Salvini parlando poi in una trasmissione televisiva. Non sono solo i conti a surriscaldare il gia’ bollente luglio giallo-verde. Sui migranti, dopo giorni di botta e risposta tra Salvini e il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, Conte decide di prendere il pallino del gioco e convoca, per mercoledi’, tutti i ministri competenti a Palazzo Chigi. “E’ urgente coordinare le iniziative dei ministri competenti per evitare sovrapposizioni o malintesi che danneggerebbero l’azione del governo”, scrive il premier in una lettera inviata ai ministri. Del resto, sul tema migranti, il pressing di Salvini e’ altissimo e, non a caso, gia’ in serata il M5S prova ad accelerare sui tempo presentando ufficialmente un suo emendamento per la confisca delle navi al loro primo ingresso – e non piu’ in caso di reiterazione – prevedendo l’uso delle navi sequestrate da parte della Polizia e delle Capitanerie di porto. Domani, pero’, si rischia che il termine per gli emendamenti, previsto per le 15, slitta: in ballo c’e’ il nodo delle sanzioni alle navi che soccorrono, che la Lega vuole inasprire ma sul quale c’e’ piu’ di una contrarieta’ nel M5S. A Palazzo Chigi, nel pomeriggio, va in scena l’ennesima riunione-fiume sulle Autonomie. La novita’ e’ che, rispetto a qualche settimana fa, M5S e Lega sul tema hanno cominciato davvero a dialogare. Ma i tempi restano lunghi, i nodi sono diversi e la possibilita’ che la riforma sia emendabile in Parlamento ormai viene presa in considerazione anche dalla Lega. Alla riunione, nella quale non vengono toccati i temi finanziari (con Giovanni Tria impegnato all’Eurogruppo) e’ il nodo-scuola ad emergere. La possibilita’ delle assunzioni dirette dei docenti e di fare concorsi regionali trova un muro, oltre che nei sindacati, anche nel M5S, secondo cui cosi’ di creano “scuole di sera A, B e C”. E il sottosegretario Salvatore Giuliano ricorda ai leghisti come la norma sia incostituzionale: gia’ nel 2013, infatti, la Consulta boccio’ la proposta contenuta in una legge regionale lombarda. Piu’ vicina, invece, l’intesa sulle concessioni di Autostrade e Ferrovie. Le grandi reti di trasporto, spiegano dal Mit, dovrebbero restare nazionali cosi’ come la proprieta’ degli asset. E dal Movimento insistono su un punto: i livelli essenziali di prestazione vanno garantiti a tutti, cosi’ come va messo in campo il Fondo di Perequazione. Giovedi’, alle 8:30, Conte, Lega e M5S si rivedranno. Ma l’impressione e’ che neanche questa possa essere la riunione definitiva. “Ci sono passi avanti, si procede a oltranza”, assicura il ministro per gli Affari Regionali. “Si deve fare ma si deve fare bene”, frena Di Maio mentre sulla Lega e’ costante il pressing dei governatori del Nord e anche di una parte di FI. Giovedi’ se ne riparlera’, prima di un Cdm dove Salvini potrebbe chiedere di formalizzare la nomina del ministro degli Affari Ue. E poi c’e’ la Flat tax, che il Vicepremier promette agli italiani (al 15%, per il ceto medio) con tanto di contratto in tv “alla Berlusconi” e sulla quale il leader leghista difficilmente ammettera’ deroghe. Ma le difficolta’ non mancheranno. “Sono sempre stato convinto che l’imposizione fiscale vada riequilibrata riducendo la fiscalita’ diretta a favore delle imposte indirette”, spiega Tria da Bruxelles, accennando ad un tema non nuovo dalle parti del governo: per fare la flat tax che ha in mente la Lega si rischia di aumentare l’Iva.

Advertisement

In Evidenza

Svolta sulle Autostrade, allo Stato parte dei pedaggi

Pubblicato

del

Una parte dei pedaggi autostradali andrà nelle casse dello Stato anziché in quelle delle società concessionarie. E’ con questa novità che si sblocca la partita delle concessioni, che aveva tenuto il stallo per qualche giorno il disegno di legge annuale sulla concorrenza. Il provvedimento, che spazia dalla proroga dei dehors alle sanzioni per taxi e Ncc abusivi, incassa così il via libera del consiglio dei ministri.

Che suggella anche un nuovo tassello della delega fiscale. Ottiene infatti il via libera definitivo l’undicesimo decreto attuativo, che contiene nuove scadenze per le dichiarazioni e qualche nuovo aggiustamento al concordato preventivo, il meccanismo con cui il governo conta di incassare risorse da usare per la manovra. In particolare, slitta dal 30 settembre al 31 ottobre la scadenza per l’invio delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’Irap. Viene inoltre ampliato da 30 a 60 giorni il termine per il pagamento degli avvisi bonari ricevuti a seguito del controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni.

Per favorire l’adesione al concordato, invece, arriva la flat tax incrementale sul maggior reddito concordato, con aliquote variabili dal 10 al 15% in base al punteggio Isa (che indica l’affidabilità fiscale). Vengono anche rivisti gli acconti, con una minore maggiorazione. Approvato anche il “superamento definitivo del redditometro”, annuncia il vicepremier Matteo Salvini, intestando alla Lega questa “grande vittoria”, che dà lo “stop al Grande Fratello fiscale”. Un risultato su cui cui rivendica il proprio merito anche Fi.

“Viene introdotta una nuova misura, che stanerà i grandi evasori”, spiega da FdI il capogruppo alla Camera Tommaso Foti ricordando l’impegno del partito di Giorgia Meloni per un “fisco amico”. Il viceministro dell’Economia, esponente di FdI e ‘regista’ della delega, Maurizio Leo, che un paio di mesi fa aveva firmato un decreto che lo reintroduceva, poi sospeso, non ne fa menzione nel suo commento: illustra le altre misure e parla di “passo significativo verso una maggiore efficienza e semplificazione del sistema fiscale”.

Nel ddl concorrenza, che è uno dei 69 obiettivi per ottenere la settima rata del Pnrr, la principale novità è la riforma delle concessioni autostradali: arriva – per quelle in scadenza dal 2025 – un nuovo modello tariffario, già sperimentato in 4 concessioni (Ativa, Satap A21, Salt e A10 Fiori), che distingue la tariffa in 3 componenti, di cui due di competenza del concessionario e una, il cosiddetto extragettito, destinata al concedente e i cui proventi saranno utilizzati per realizzare gli investimenti, senza incrementare i pedaggi.

Il nuovo modello prevede anche che le future concessioni non supereranno i 15 anni. “L’obiettivo è realizzare opere pubbliche e tenere sotto controllo i pedaggi”, spiega Salvini, che in cdm porta anche una delibera che dà mandato all’avvocatura per depositare il ricorso contro i divieti unilaterali di Vienna al Brennero. Tante le altre misure del ddl concorrenza, dalla portabilità delle scatole nere alle start up innovative, dalle sanzioni per fronteggiare l’abusivismo nel settore dei taxi e Ncc alle misure per contrastare la cosiddetta ‘shrinkflation’, la pratica che consiste nel ridurre la quantità di prodotto, mantenendo inalterato il confezionamento. Ci sono anche la portabilità delle scatole nere e la proroga (per un anno, in attesa delle norme di riordino del settore) dei dehors, che incassa il plauso delle sigle di categoria ma su cui i consumatori minacciano ricorsi. “Con il ddl – commenta il ministro delle Imprese Adolfo Urso – compiamo un altro significativo passo nella giusta direzione, a supporto delle imprese e a tutela dei consumatori”.

Continua a leggere

Politica

Tensione su Autonomia, in Cdm confronto Tajani-Calderoli

Pubblicato

del

Sull’Autonomia differenziata resta alta la tensione nel governo. Ed è emerso anche nel Consiglio dei ministri in cui Roberto Calderoli ha tenuto un’informativa sull’attuazione della riforma, annunciando che già quattro Regioni si sono fatte avanti, Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia. “Vigilare affinché sia applicata bene”, è l’imperativo espresso poco prima della riunione da Antonio Tajani, che ha spiegato di “comprendere le preoccupazioni in alcune regioni del Sud”, e che dopo l’intervento del collega a Palazzo Chigi gli ha chiesto di avere tutta la documentazione necessaria: “Dobbiamo verificare che ogni singolo passo sia condotto tenendo conto delle esigenze di tutte le regioni”, il senso dell’intervento del vicepremier e leader di Forza Italia, che da ministro degli Esteri ha sottolineato come sul commercio estero “c’è una competenza unitaria nazionale: non si può pensare che le Regioni sostituiscano lo Stato.

Serve una politica nazionale, l’export costituisce il 40% del Pil”. Il confronto, raccontano più fonti di governo, si è consumato in toni tranquilli, ma sullo sfondo è in corso un braccio di ferro strategico soprattutto fra Lega e Forza Italia, con Giorgia Meloni che in Consiglio dei ministri avrebbe chiesto precisazioni sui tempi delle procedure di negoziato con le regioni. Un tema che è stato aggiornato alla prossima riunione, attesa per il 7 agosto. Intanto c’è anche la Liguria fra le quattro Regioni che hanno già chiesto al governo l’avvio di un negoziato.

A quanto si apprende, lo ha fatto una decina di giorni fa con un atto della giunta guidata dal governatore ad interim Alessandro Piana, in carica da quasi tre mesi al posto di Giovanni Toti, che si è dimesso nelle ultime ore: punta a riavviare il percorso che si intendeva aprire con una risoluzione regionale del 2017 e una delibera del 2019. Anche Veneto, Piemonte e Lombardia, come ha spiegato Calderoli, si sono formalmente fatte avanti, e ora sarà il governo a dettare la strada alla luce della legge appena varata, quella osteggiata dalle opposizioni e su cui hanno espresso riserve anche Forza Italia e i suoi governatori del Sud. Uno dei vicesegretari di FI, il presidente della Calabria Roberto Occhiuto, ha ribadito li suoi distinguo e la richiesta di una moratoria per “fermare le intese con le Regioni prima della definizione dei Lep su tutte le materie”.

“Per la determinazione dei Lep si procederà con i vari passaggi dell’iter procedurale di attuazione disciplinato dalla legge”, ha chiarito Calderoli in Cdm, ricordando che la legge distingue fra le 23 competenze le 14 per cui serve la definizione preventiva dei livelli essenziali delle prestazioni, e le altre 9 che teoricamente le Regioni possono già rivendicare. Quando arriveranno le richieste formali su queste 9, Calderoli le comunicherà al ministero dell’Economia e agli altri competenti, che avranno 60 giorni per indicare i costi e le procedure necessarie.

Trascorsi quei due mesi, si potrà avviare il negoziato. Uno scenario su cui incombe il referendum abrogativo, che ha coalizzato le opposizioni. Sono facilitate dalla nuova piattaforma, appena attivata dal governo, che in “poche ore” ha consentito di raccogliere “quasi trentamila firme digitali, gratuite e certificate”, ha spiegato il segretario di +Europa Riccardo Magi. Il referendum potrebbe svolgersi fra aprile e giugno 2025. “Questa è una legge che spacca in due il Paese e fa male anche al Nord – ha sottolineato la segretaria Pd Elly Schlein – perché è assurdo immaginare di potere avere venti politiche energetiche diverse quando ne servirebbe una comune, europea, per riuscire ad abbassare le bollette sia alle imprese che alla famiglie”.

Continua a leggere

Politica

Rebus regionali per centrodestra: in Liguria si cerca un ‘civico’ per sostituire Toti

Pubblicato

del

Nessuno vuole restare con il cerino in mano nel centrodestra. Dopo le dimissioni di Giovanni Toti, la maggioranza di governo si appresta ad aprire il tavolo per scegliere il candidato alla sua successione da presentare alle Regionali in Liguria, ma in questo momento fra i partiti si nota una certa ritrosia a farsi avanti: è evidente il timore di pagare fra tre mesi alle urne lo scotto dell’indagine sul governatore uscente. Paure moltiplicate dallo scenario di un election day autunnale, con anche al voto Emilia Romagna e Umbria, altre due competizioni in cui i sondaggi interni non regalano ottimismo. “È l’avvocato di Toti che decide se e quando ci sarà il voto anticipato…”, si ragionava nel centrodestra da qualche settimana. E forse c’era chi sperava in un prolungarsi dell’attesa, proprio per evitare il rischio di uno “0-3”. Le elezioni nelle tre regioni, non ancora fissate, probabilmente cadranno mentre a Roma la maggioranza sarà impegnata nella manovra di bilancio, una delle più delicate degli ultimi anni.

E il percorso di avvicinamento si sta rivelando tutt’altro che sereno. Le tensioni fra gli alleati si estendono dall’Autonomia differenziata alle nomine Rai, e in questo clima Giorgia Meloni (attesa da un periodo di relax in Puglia a cavallo di Ferragosto) deve portare a termine il negoziato estivo con Ursula von der Leyen sul commissario europeo da inviare a Bruxelles. Con in vista un probabile ritocco alla squadra di governo se quella poltrona toccherà al ministro Raffaele Fitto. In Liguria a breve dovrebbe aprirsi il tavolo del centrodestra con i coordinatori regionali, per individuare una proposta di candidato da sottoporre poi ai leader. Matteo Salvini avrebbe provato a sollecitare uno dei suoi fedelissimi, il viceministro Edoardo Rixi, che però non avrebbe intenzione di correre.

Fratelli d’Italia sta sondando l’ipotesi di un civico, una figura esterna ai partiti, proveniente dal mondo dell’impresa, dell’università o della società civile. Viene considerata la soluzione più opportuna in questa situazione. Una strada già percorsa in Emilia Romagna, dove nei giorni scorsi FdI, Lega, Forza Italia, Noi moderati e Udc hanno trovato l’intesa sull’appoggio alla candidatura di Elena Ugolini, vicina al mondo di Comunione e Liberazione. Il pessimismo in vista del probabile election day è legato anche ai risultati registrati alle Europee. In Liguria il centrodestra si è fermato al 44% (con FdI trainante a oltre il 26% e la Lega sotto il 9%), mentre ha superato il 51% il fronte (all’epoca disunito) del centrosinistra. E peggio è andata in Emilia Romagna, con la maggioranza di governo appena sopra il 40%. In Umbria cerca la conferma la governatrice della Lega Donatella Tesei, ma il suo partito a giugno è andato decisamente male (sotto il 7%) e solo l’exploit di FdI (oltre il 32%) ha permesso di superare di un punto e mezzo l’insieme dei partiti di centrosinistra.

Una triplice sconfitta sarebbe difficile da gestire, e non a caso già nella coalizione di governo si possono sentire distinguo sulla portata del risultato nelle tre diverse regioni. Le preoccupazioni fra le forze di maggioranza si estendono poi alle Regionali del 2025. I risultati delle Europee (sotto il 40%) producono pessimismo sulla Toscana, dove tra l’altro il partito della premier deve fronteggiare anche il malcontento della categoria dei balneari. Il Veneto invece è un rebus tutto da risolvere, legato anche al destino di Luca Zaia, per cui molti parlano di una corsa a sindaco di Venezia. Dopo il 37,5% raccolto alle Europee, FdI reclama la scelta del candidato governatore (Luca De Carlo è una delle opzioni), e già è facile prevedere un braccio di ferro fra Meloni e Salvini.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto