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Cronache

Pedofilia: Cei non esclude indagine abusi anche in Italia

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Sull’onda dello scossone imposto dal rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco dal 1945 al 2019, che ha coinvolto per presunti “comportamenti erronei” in quattro casi di preti pedofili perfino il Papa emerito Joseph Ratzinger, l’episcopato italiano per la prima volta non esclude alla radice la possibilita’ di un’inchiesta analoga anche in Italia. “Non ci interessa tanto la quantita’ ma ci interessa puntare alla qualita’: anche se si dovessero pubblicare dei dati si vuole che siano attendibili, e’ un lavoro che coinvolge tutto il territorio italiano”, risponde il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, alla domanda dei giornalisti se la Cei abbia preso in considerazione l’eventualita’ di muoversi sul modello di altre conferenze episcopali o diocesi europee che hanno incaricato commissioni indipendenti di svolgere indagini sul fenomeno. “La questione naturalmente e’ oggetto anche di una riflessione, di un dialogo, non so pero’ se si possa parlare di modelli. Bisogna anche qui avere un’attenzione alla comunita’ in cui si vive, quindi non si puo’ generalizzare dicendo esiste un modello – prosegue Russo -. Noi dobbiamo, e il lavoro che stiamo facendo lo testimonia, avere un’attenzione, una cura al ‘noi’, ed e’ un ‘noi’ che in Italia si configura in una rete ecclesiale che e’ costituita da 227 diocesi. E quindi anche un eventuale lavoro che i vescovi dovessero decidere di affrontare rispetto a una indagine sugli abusi deve tener conto di questo”. “Da questo punto di vista – aggiunge -, mi sembra molto importante il lavoro di approfondimento che si sta facendo diocesi per diocesi”. Cioe’, spiega il segretario della Cei, “quello di attenzione alle persone e di vicinanza alle vittime, e quindi questa attenzione che si e’ spostata sulle vittime. C’e’ un lavoro anche di formazione che si sta facendo con tanti momenti di incontro ma anche con documenti che si stanno producendo, e che ci sono richiesti anche da altre Conferenze episcopali proprio per la profondita’ anche di questo lavoro”. “Questo – ribadisce Russo – non esclude che i vescovi possano anche decidere di realizzare un’indagine: vedremo nel caso e come questa si andra’ a realizzare”. Parole diverse da quelle del cardinale presidente Gualtiero Bassetti, che solo l’ottobre scorso aveva liquidato una petizione online per un’inchiesta anche in Italia affermando che “e’ pericoloso affrontare la piaga della pedofilia in base a statistiche”, “la conoscenza del fenomeno, a mio avviso, va fatta scientificamente, non per indagini”. In ogni caso, anche il Comunicato finale del Consiglio Cei oggi dice che “la ricerca della giustizia nella verita’ non accetta giudizi sommari, ma si favorisce sostenendo quel cambiamento autentico promosso dalla rete dei Servizi diocesani per la Tutela dei Minori e dai Centri di ascolto, che vanno sempre piu’ crescendo”. Intanto, la bufera sollevata dal rapporto di Monaco ha trovato eco oggi in una conferenza stampa dell’arcidiocesi, in cui il cardinale arcivescovo Reinhard Marx, accusato dal dossier di “comportamenti erronei” in due casi, ha affermato di essere “pronto ad assumersi la responsabilita’”. Aggiungendo pero’: “sono ancora pronto a svolgere il mio servizio se questo e’ utile ai prossimi passi per una elaborazione affidabile, una piu’ forte dedizione alle vittime degli abusi e per una riforma della Chiesa”. Il rapporto rappresenta “una profonda cesura per l’arcidiocesi di Monaco e una cesura anche al di la’ di questa”, ha detto, rilevando che “la Chiesa era diventata un luogo di sciagura, un luogo di paura e non di consolazione”: chi nega che vi sia bisogno di una riforma strutturale “non ha capito la portata della sfida”. “La mia colpa piu’ grande e’ stata quella di aver trascurato le vittime degli abusi, questo e’ imperdonabile”, ha ammesso il card. Marx, tra i piu’ stretti collaboratori di papa Francesco. “Avrei dovuto impegnarmi di piu'”, ha dichiarato, riconoscendo una “responsabilita’ morale”. Il cardinale ha chiesto quindi “scusa” alle vittime. Marx, che l’anno scorso aveva presentato le dimissioni, respinte dal Papa, ha ribadito: “Non mi incollo all’incarico”. Infine rispondendo a una domanda sulla dichiarazione del Papa emerito Joseph Ratzinger smentita dal rapporto di Monaco e che Benedetto ha poi corretto, “io accetto che lui interpreti i fatti diversamente su questo punto, che se ne dispiaccia, e penso che lui si esprimera’ di nuovo su tutta la questione – ha commentato Marx -. Questa sarebbe una cosa positiva e io la vedrei positivamente”.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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