Collegati con noi

Cronache

Pedofilia, Papa Francesco: troppi scandali, minata la credibilità della Chiesa, serve la conversione

Pubblicato

del

I “molteplici scandali” di pedofilia che hanno scosso negli ultimi tempi la Chiesa americana hanno intaccato “nel piu’ profondo la sua credibilita’”. E per affrontare tale “crisi”, ma soprattutto mettere in atto una efficace “lotta contro la cultura dell’abuso”, quello che occorre e’ una vera e propria “conversione della nostra mente (metanoia), del nostro modo di pregare, di gestire il potere e il denaro, di vivere l’autorita’ e anche di come ci relazioniamo tra noi e il mondo”. E’ quanto afferma papa Francesco nella lunga lettera, datata 1 gennaio, inviata ai vescovi degli Stati Uniti riuniti dal 2 all’8 gennaio nel seminario di Mundelein, presso Chicago, negli esercizi spirituali da lui stesso promossi e guidati dal predicatore pontificio padre Raniero Cantalamessa. Un’occasione cui il Papa – lo dice nella missiva – avrebbe voluto partecipare personalmente per “un paio di giorni”, come disse al presidente della Conferenza episcopale card. Daniel DiNardo e agli altri presuli Usa ricevuti in Vaticano lo scorso 13 settembre. Ma “nonostante gli sforzi compiuti, per problemi di logistica, non potro’ accompagnarvi personalmente”, e “questa lettera vuole supplire, in qualche modo, al viaggio mancato”. Secondo Francesco, “la credibilita’ della Chiesa si e’ vista fortemente messa in discussione e debilitata da questi peccati e crimini, ma specialmente dalla volonta’ di volerli dissimulare e nascondere”, il che ha amplificato la “sensazione di insicurezza, di sfiducia e di mancanza di protezione nei fedeli”. L'”atteggiamento di occultamento”, infatti, “lungi dall’aiutare a risolvere i conflitti”, ha permesso loro “di perpetuarsi e di ferire piu’ profondamente la trama di rapporti che oggi siamo chiamati a curare e ricomporre”. Il Papa richiama la “ferita profonda nel cuore del popolo fedele”, la “perplessita’, sconcerto e confusione” che lo hanno riempito: e questo, lamenta, “serve anche molte volte come scusa per screditare continuamente e mettere in dubbio la vita donata di tanti cristiani”. Anzi, “ogni volta che parla del Vangelo disturba o diventa una testimonianza scomoda, non sono poche le voci che intendono farla tacere segnalando il peccato e le incongruenze dei membri della Chiesa e ancor piu’ dei loro pastori”. Con conseguente “divisione e dispersione” anche nella “comunione episcopale”. Ed e’ qui che “la lotta contro la cultura dell’abuso”, cosi’ la chiama Bergoglio, “la ferita nella credibilita’, come pure lo sconcerto, la confusione e il discredito nella missione esigono da noi un atteggiamento nuovo e deciso”. La soluzione non sono “decreti volontaristici”, “nuove commissioni” o migliori “organigrammi”, cose “necessarie ma insufficienti”, che rischiamo di “ridurre tutto a problemi organizzativi”. Piu’ che “una nuova organizzazione”, serve un’autentica “conversione”, senza di cui tutto cio’ che si fara’ rischia di tingersi “di autoreferenzialita’, autopreservazione e autodifesa e, pertanto, condannato a cadere come ‘un sacco vuoto'”. Francesco invita a liberarsi da “un atteggiamento sulla difensiva”, ad abbandonare “il discredito e la delegittimazione, la vittimizzazione e il rimprovero nel modo di relazionarsi”. Serve invece “accettazione orante e vergognosa dei nostri limiti e peccati e stimolando il dialogo, il confronto e il discernimento, tutto cio’ ci disporra’ a trovare cammini evangelici che suscitino e promuovano la riconciliazione e la credibilita’ che il nostro popolo e la missione esigono da noi”. “La credibilita’ nasce dalla fiducia, e la fiducia nasce dal servizio sincero e quotidiano, umile e gratuito verso tutti, ma specialmente verso i prediletti del Signore”, aggiunge. E se “la chiamata alla santita’ ci protegge dal cadere in false opposizioni o riduzionismi e dal tacere dinanzi a un ambiente propenso all’odio e all’emarginazione, alla disunione e alla violenza tra fratelli”, e’ vero pure che “la credibilita’ si gioca anche nella misura in cui aiutiamo, insieme ad altri attori, a intrecciare un tessuto sociale e culturale che non solo si sta sfaldando, ma che alberga e rende possibili nuovi odi”. Input preziosi per i vescovi Usa, che saranno materia anche del summit mondiale sugli abusi convocato dal Papa in Vaticano in febbraio.

Advertisement

Cronache

In carcere tesoriere Messina Denaro, avvocato e massone

Pubblicato

del

Matteo Messina Denaro e la sua amante, Laura Bonafede, lo chiamavano Solimano, come Solimano il Magnifico, il sultano che ha guidato l’impero ottomano per quattro decenni. E, almeno nell’ultimo periodo, non gli risparmiavano critiche rimproverandogli di essere venuto meno ai patti. “Ci ha distrutto”, scriveva la Bonafede in un pizzino fatto avere al boss. Eppure, Antonio Messina, 79 anni, avvocato, massone in sonno con una sfilza di precedenti, per un ventennio aveva fatto affari con tutta la mafia trapanese e sovvenzionato la lussuosa latitanza del padrino di Castelvetrano coltivando le relazioni pericolose che oggi gli sono costate l’arresto per associazione mafiosa.

Già condannato per narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, subornazione di teste e per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell’esattore mafioso Nino Salvo, Messina sarebbe stato formalmente affiliato a Cosa nostra, come da lui stesso ammesso in un’intercettazione, su proposta del boss Leoluca Bagarella e avrebbe frequentato e fatto affari con gli esponenti mafiosi più importanti del trapanese dell’ultimo ventennio come Domenico Scimonelli, Giovanni Vassallo, Franco Luppino, Jonn Calogero Luppino. Legami tutti finalizzati ad acquisire attività economiche da utilizzare anche per garantire a Matteo Messina Denaro il denaro necessario alla sua clandestinità.

“Personaggio assolutamente versatile e poliedrico, uno dei maggiori protagonisti (in negativo) di questo processo. Da un lato svolge l’attività professionale di avvocato, patrocinando mafiosi e delinquenti comuni (tra i quali proprio quel Rosario Spatola che poi diverrà il suo principale accusatore); dall’altro risulta attivo in vari campi del crimine e coltiva rapporti con esponenti di primo piano della delinquenza organizzata”, scrisse di lui già anni fa, la corte d’assise di Trapani. Ma a un certo punto l’idillio con Messina Denaro era venuto meno. “Che Solimano tenesse tanto al denaro l’ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto. Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto”, scriveva la Bonafede in un pizzino trovato dopo l’arresto del padrino. Ed è stata proprio la donna a svelare agli investigatori, nel corso di singolari dichiarazioni spontanee rese al suo processo, che dietro al nomignolo si celasse l’avvocato.

Dal tenore del biglietto “si comprendeva che, evidentemente, – scrivono i pm nella richiesta di arresto di Messina – entrambi avevano già in passato ricevuto denaro da Solimano, ma l’avidità, l’ingordigia del Messina e il suo mancato rispetto di precedenti accordi o prassi (da leggersi univocamente nei termini di un precedente sovvenzionamento della latitanza di Matteo Messina Denaro e della famiglia di Campobello di Mazara) si erano verificati anche in passato. Dalle indagini che hanno portato al suo arresto è emerso che Messina aveva cercato di mettere le mani anche su un bene confiscato alla mafia e che avrebbe avuto un ruolo primario nella gestione della “cassa” della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, alimentata anche dai proventi di una delle aziende gestite da Cosa nostra: l’oleificio “Fontane d’Oro s.a.s.” del boss Franco Luppino.

Continua a leggere

Cronache

Mozzarella di bufala, quanti errori nel consumo: italiani solo quarti tra i più attenti in Europa

Pubblicato

del

Si avvicina la bella stagione, e con essa anche le gite fuori porta del Primo Maggio, spesso celebrate con un picnic all’aria aperta. Ma c’è un dato sorprendente che riguarda uno dei simboli della gastronomia italiana: il 68% dei consumatori commette errori nel consumare la Mozzarella di Bufala Campana Dop. Lo rivela un’indagine realizzata da Fattorie Garofalo, primo produttore mondiale del celebre latticino, su un campione di 1.200 consumatori europei nei principali aeroporti e stazioni italiane.

Tra gli errori più comuni, tagliare la mozzarella a fette come fosse un formaggio qualsiasi, gesto che compromette l’equilibrio tra la sapidità della crosta esterna e la dolcezza del cuore. Altri sbagli diffusi? Consumare il prodotto appena tirato fuori dal frigorifero, senza lasciarlo tornare a temperatura ambiente, oppure immergerlo in acqua del rubinetto, alterandone salinità e struttura.

Anche negli abbinamenti si notano cadute di stile gastronomico: vini troppo tannici o pane troppo saporito, che sovrastano la delicatezza della mozzarella. C’è poi chi esagera con condimenti, erbe e spezie, snaturando la semplicità e purezza che rendono unica la Bufala Campana Dop.

Secondo Fattorie Garofalo, l’ideale sarebbe consumarla con le mani, e se proprio è necessario tagliarla, usare coltelli in ceramica a lama liscia per non strapparla e rispettarne la fibra naturale.

L’indagine, realizzata in vista della partecipazione alla fiera TuttoFood 2025 (in programma dal 5 all’8 maggio a Milano), ha anche stilato la classifica dei popoli europei più attenti al consumo corretto della mozzarella:

  1. Tedeschi – meticolosi e informati

  2. Spagnoli – attenti alla temperatura e sobri negli abbinamenti

  3. Francesi – abili nell’inserirla in piatti freddi e raffinati

  4. Italiani – penalizzati da superficialità e disattenzione

  5. Belgi – ancora inesperti ma in crescita

Un dato che fa riflettere: gli italiani, patria della mozzarella di bufala, non brillano nella corretta valorizzazione del proprio prodotto d’eccellenza, dando per scontato ciò che richiede invece attenzione e rispetto.

Continua a leggere

Cronache

La scelta di Becciu: io innocente ma non sarò in conclave

Pubblicato

del

Il cardinale Angelo Becciu il prossimo 7 maggio non entrerà in conclave. La sua comunicazione ufficiale, dopo le indiscrezioni della giornata di ieri, è arrivata questa mattina: “Avendo a cuore il bene della Chiesa, che ho servito e continuerò a servire con fedeltà e amore, nonché per contribuire alla comunione e alla serenità del conclave, ho deciso di obbedire come ho sempre fatto alla volontà di Papa Francesco di non entrare in conclave pur rimanendo convinto della mia innocenza”. Poche righe per ribadire la sua posizione, ovvero che è innocente, ma anche per fare quel passo indietro che non solo i suoi avversari, ma all’ultimo momento anche i cardinali a lui più vicini, gli avevano chiesto, per evitare voti e spaccature. Secondo quanto si apprende la decisione è rimasta aperta fino alla tarda serata di ieri. Poi il cardinale ha deciso di mettere lui stesso fine alla vicenda conclave.

Questo non chiude tuttavia lo strascico di polemiche e indiscrezioni che ha sempre accompagnato la vicenda giudiziaria del cardinale sardo. Il programma le Iene di Mediaset in scaletta ha un audio teso a dimostrare il “complotto”, come lo definisce il fratello Mario che rilancia sui suoi profili social l’annuncio della nuova puntata. Ed è questa solo la prima uscita, a poche ore dall’annuncio dello stesso cardinale sulla sua non partecipazione al conclave. Già il quotidiano Il Domani aveva pubblicato le chat, che erano state omissate dai magistrati vaticani, tra la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale di mons. Alberto Perlasca, Genoveffa Ciferri, nelle quali Chaouqui anticipava i dettagli dell’inchiesta e degli interrogatori.

Era metà aprile e Becciu commentava: “Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine”. Questa sera a Le Iene anche audio inediti sempre nel filone, spinto dai legali del cardinale, che vuole dimostrare che il maxi-processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede era inquinato dall’inizio. Ma il Papa nei giorni del ricovero al Gemelli comunque aveva deciso che il cardinale Becciu non doveva entrare in conclave e aveva siglato con un ‘F’ la disposizione in tal senso, mostrata in questi giorni al cardinale da Pietro Parolin. Becciu per tutto il pomeriggio di ieri sarebbe stato chiuso con i suoi avvocati che, secondo quanto si apprende, ponevano dubbi sul fatto che quell’appunto del Papa bastasse sotto il profilo del diritto canonico a tenere Becciu fuori dall’elezione del nuovo Papa. Poi è prevalsa la decisione di farsi da parte, comunicata ufficialmente appunto stamattina, anche perché gli stessi cardinali più vicini lo avrebbero consigliato in questo senso

. Il voto rischiava di spaccare il collegio prima ancora di entrare nella Sistina per il conclave. Questa mattina, all’ingresso della congregazione generale, trapelava una certa insofferenza da parte dei cardinali per il perdurare di questa situazione. “Dovete chiedere a lui”, ha risposto il cardinale argentino Angel Sixto Rossi, ai giornalisti che chiedevano lumi sul caso, considerato che in quel momento non era arrivata ancora una nota ufficiale. “Di Becciu non possiamo parlare”, diceva il cardinale di Baghdad, Raphael Sako. Mentre il cardinale austriaco Cristoph Schoenborn dribblava i cronisti con una battuta: “Avete visto che bel tempo c’è oggi?”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto