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Parigi evacua i francesi in Niger, da Roma volo speciale

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Resta alta la tensione in Niger dopo il colpo di Stato che la settimana scorsa ha deposto il presidente, democraticamente eletto e filo-occidentale, Mohamed Bazoum. La giunta militare di Abdourahamane Tchiani raccoglie il sostegno dei Paesi limitrofi guidati a loro volta da regimi golpisti filorussi, come il Mali e il Burkina Faso, mentre gli occidentali cominciano a lasciare il Paese. A cominciare dai francesi, la cui ambasciata è stata presa d’assalto domenica scorsa al grido di “Abbasso la Francia” e “Viva Putin”. Parigi ha infatti inviato i primi tre aerei da trasporto militari – non armati, si sottolinea – a Niamey per evacuare i propri concittadini “su base volontaria” e altri cittadini europei che ne facessero richiesta.

Lo stato maggiore dell’esercito francese precisa che l’operazione riguarda esclusivamente i civili (circa 600 in tutto, ma non è chiaro quanti di questi lasceranno il Paese), e che non è prevista al momento la partenza di militari d’oltralpe. Berlino ha invitato ufficialmente i tedeschi a lasciare il Niger e ad accettare la proposta francese imbarcandosi su uno di quei voli, mentre Madrid si prepara a riportare a casa oltre 70 spagnoli. L’Italia dal canto suo ha annunciato l’invio di un volo speciale per quegli italiani che desiderano rientrare. Non è previsto, a quanto si apprende, l’imbarco di connazionali su altri aerei europei. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha inoltre assicurato che “l’ambasciata a Niamey resterà aperta e operativa, anche per contribuire agli sforzi di mediazione un corso”. Il governo italiano non dispera infatti che in Niger – partner fondamentale anche nella gestione delle rotte migratorie – possa prevalere una soluzione politica che riporti Bazoum al suo posto.

“Non è ancora troppo tardi per tornare sulla strada della democrazia”, ha dichiarato anche la ministra tedesca Annalena Baerbock chiedendo la liberazione dei membri del governo e accogliendo “con favore gli sforzi dell’Unione Africana e dell’Ecowas per trovare una soluzione politica”. Sforzi minati però dalle giunte al potere a Ouagadougou e Bamako che nella notte hanno rilasciato un comunicato congiunto per avvertire la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale che “qualsiasi intervento militare in Niger sarà assimilato a una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali”. In sostanza, i due regimi golpisti – vicini alla Russia di Vladimir Putin e ai mercenari Wagner – minacciano un conflitto allargato a tutta la regione se l’Ecowas dovesse dare seguito all’ultimatum di 7 giorni, lanciato dal vertice di domenica scorsa ad Abuja, che non escludeva l’uso della forza. L’Unione europea ha deciso di “non commentare” le dichiarazioni dei due Paesi pur “condannando fermamente il colpo di Stato in Niger”. “L’unica interferenza di cui possiamo parlare oggi è quella dei regimi militari che rovesciano un presidente eletto e quella di una Russia imperialista che vuole usare questi regimi come pedine nella sua partita a scacchi mondiale”, ha però attaccato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, sul suo blog. Anche Kiev accusa il Cremlino di essere “dietro il colpo di Stato” allo scopo di “provocare instabilità e minare l’ordine di sicurezza globale”. Ma gli Stati Uniti non sono d’accordo: “Non abbiamo nessuna indicazione che la Russia sia responsabile del golpe in Niger né che lo abbia supportato in nessun modo”, ha dichiarato alla stampa il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby.

A Washington come a Bruxelles la situazione viene comunque seguita “minuto per minuto”. Charles Michel e lo stesso Borrell “parlano regolarmente con Bazoum”, assicurandosi che “è in buona salute” e chiedendone la liberazione. Ma la priorità resta la sicurezza dello staff e dei cittadini europei, fa sapere la portavoce dell’Ue per la politica estera, Nabila Massrali, pur escludendo al momento l’evacuazione formale del personale Ue da Niamey. Gli Usa hanno chiesto alle autorità nigerine di “favorire la partenza dei cittadini americani”, ma anche loro senza prevedere il dispiegamento di forze Usa per aiutare nelle operazioni.

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Rubio: serve svolta nei colloqui su Ucraina al più presto

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump deciderà quanto tempo gli Stati Uniti dedicheranno alla risoluzione del conflitto ucraino, quindi una svolta nei negoziati “è necessaria molto presto”. Lo ha affermato a Fox News il segretario di Stato americano Marco Rubio. Le posizioni di Russia e Ucraina “si sono già avvicinate, ma sono ancora lontane l’una dall’altra – ha ricordato – ed è necessaria una svolta molto presto. Allo stesso tempo, ha proseguito Rubio, è necessario accettare il fatto che “l’Ucraina non sarà in grado di riportare la Russia alle posizioni che occupava nel 2014”. La portavoce del Dipartimento di Stato americano, Tammy Bruce, ha dichiarato durante un briefing che gli Stati Uniti restano impegnati a lavorare per risolvere il conflitto, “ma non voleremo in giro per il mondo per mediare negli incontri che si stanno attualmente svolgendo tra le due parti. Ora – ha sottolineato – è il momento per le parti di presentare e sviluppare idee concrete su come porre fine a questo conflitto. Dipenderà da loro”.

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Onu prepara ampia riforma a causa dei vincoli di bilancio

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Le Nazioni Unite stanno valutando una radicale ristrutturazione con la fusione dei team chiave e la ridistribuzione delle risorse. Lo riporta la Reuters sul suo sito, citando un memorandum riservato preparato da un gruppo di lavoro del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres. Il documento propone di indirizzare le decine di agenzie in quattro direzioni principali: pace e sicurezza, questioni umanitarie, sviluppo sostenibile e diritti umani. Tra le misure specifiche figura la fusione delle agenzie operative del Programma Alimentare Mondiale (Wfp), dell’Unicef, dell’Oms e dell’Unhcr in un’unica agenzia umanitaria.

La riforma prevede inoltre la riduzione delle duplicazioni di funzioni e la razionalizzazione del personale, incluso il trasferimento di una parte del personale da Ginevra e New York a città con costi inferiori. L’iniziativa è legata alla crisi finanziaria dell’ONU. Le proposte definitive di ristrutturazione dovranno essere presentate entro il 16 maggio.

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Siria, Israele bombarda zona palazzo presidenziale Damasco

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L’esercito israeliano ha annunciato di aver bombardato la zona del palazzo presidenziale a Damasco, dopo aver minacciato il governo siriano di rappresaglie se non avesse protetto la minoranza drusa. “Gli aerei da guerra hanno colpito la zona intorno al palazzo”, ha scritto l’esercito israeliano su Telegram.

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