Gli scandali finanziari, o anche solo le operazioni “sospette” in questo campo, sono inconciliabili con la natura e la missione della Chiesa. E anche per questo la Santa Sede e’ pronta ad andare avanti sul piano delle riforme legislative e del potenziamento della cooperazione giudiziaria a livello internazionale. E’ stato molto chiaro e stringente papa Francesco nel suo intervento, gia’ di per se’ inusuale, all’inaugurazione del 91/o Anno giudiziario del Tribunale dello Stato vaticano, la prima alla presenza del nuovo presidente Giuseppe Pignatone. Parlando della legislazione vaticana, il Papa ha ricordato come essa abbia “subito, soprattutto nell’ultimo decennio, e in particolare nel settore penale, significative riforme rispetto al passato”, alla cui base “non vi e’ stata solo una naturale esigenza di ammodernamento, ma anche e soprattutto la necessita’ di rispettare impegni internazionali che la Santa Sede ha assunto anche per conto dello Stato Vaticano”. Impegni “riguardanti soprattutto la protezione della persona umana, minacciata nella sua stessa dignita’, e la tutela dei gruppi sociali, spesso vittime di nuove, odiose, forme di illegalita’”. La Santa Sede, ha ribadito Francesco, “ha avviato un processo di conformazione della propria legislazione alle norme del diritto internazionale e, sul piano operativo, si e’ impegnata in modo particolare a contrastare l’illegalita’ nel settore della finanza a livello internazionale”. A tal fine, “ha alimentato rapporti di cooperazione e condivisione di politiche ed iniziative di contrasto, creando presidi interni di sorveglianza e intervento capaci di effettuare severi ed efficaci controlli”. Tali azioni, ha proseguito, “hanno recentemente portato alla luce situazioni finanziarie sospette, che al di la’ della eventuale illiceita’, mal si conciliano con la natura e le finalita’ della Chiesa, e che hanno generato disorientamento e inquietudine nella comunita’ dei fedeli”. Francesco ha rimarcato che “si tratta di vicende all’attenzione della magistratura, e devono essere ancora chiarite nei profili di rilevanza penale. Su di esse percio’ non ci si puo’ pronunciare in questa fase”.
Pietrelcina 17 Marzo 2018. Un momento della visita del Santo Padre Francesco I nel luoghi cari a San Pio (Padre PIo) A momento fo 1 hour vist of Francis 1 at Pietrelcina, the land of San Pio (Father Pio) ph. Mario Laporta/KONTROLAB Pietrelcina, 17 marzo 2018, Papa Francesco visita il paese natale di San Pio (Padre Pio).
In ogni caso, “un dato positivo” e’ che “le prime segnalazioni sono partite da Autorita’ interne del Vaticano”. E questo dimostra “l’efficacia e l’efficienza delle azioni di contrasto”. In tale quadro, ha aggiunto, la Santa Sede “e’ fermamente intenzionata a proseguire nel cammino intrapreso, non solo sul piano delle riforme legislative, che hanno contribuito ad un sostanziale consolidamento del sistema, ma anche avviando nuove forme di cooperazione giudiziaria sia a livello di organi inquirenti che di organi investigativi, nelle forme previste dalle norme e dalla prassi internazionale”. Un dato confermato, nel suo indirizzo di saluto, dal promotore di giustizia Gian Piero Milano, secondo cui “le rogatorie ed altre forme di assistenza giudiziaria sono divenute pratiche correnti e spedite, ed il rifiuto o il differimento di assistenza puo’ considerarsi ormai una eccezione”. “Vi chiedo di perseguire, con sempre piu’ convinzione, la via della giustizia, come via che rende possibile un’autentica fraternita’ in cui tutti sono tutelati, specie i piu’ deboli e fragili”, ha detto ancora il Pontefice, invitando a “operare secondo criteri umani, prima ancora che giuridici”. Ma “la giustizia da sola non basta”, e “ha bisogno di essere accompagnata anche dalle altre virtu’, soprattutto quelle cardinali: la prudenza, la fortezza e la temperanza”. A queste “virtu'” ha aggiunto “il di piu’ della misericordia, insegnataci da Gesu'”. “Per favore” ha concluso, “non dimenticate che nel vostro impegno quotidiano vi trovate spesso di fronte a persone che hanno fame e sete di giustizia, persone sofferenti, talora in preda ad angosce e disperazione esistenziale”.
re ragazzi sono morti in un incidente stradale che si è verificato poco fa nel Brindisino lungo la provinciale che collega Torchiarolo a Lendinuso. Sul posto stanno operando i vigili del fuoco. A quanto si apprende l’auto, una Porsche, con a bordo i tre giovani si sarebbe ribaltata prendendo fuoco.
Le vittime sono un 22enne e due ragazze 21enni, tutti residenti a Torchiarolo. Una delle ragazze era originaria dell’Ucraina e viveva in provincia di Brindisi. Le indagini sono condotte dalla polizia locale. La strada al momento è stata chiusa al traffico e sul posto si sta recando il pubblico ministero di turno della procura di Brindisi.
Tornavano da Vicenza. Ci erano stati per iniziare a costruire la loro nuova vita: un lavoro da operatore socio sanitario grazie all’attestato che tra mille sacrifici era riuscito a prendere seguendo i corsi di un istituto di formazione a Cassino. Erano stati a scegliere la casa nella quale trasferirsi: giusto il tempo di far finire l’anno scolastico al loro bimbo che sta in Terza Elementare e poi un taglio netto con il passato, l’inizio di un sogno italiano che prende forma. Ma il sogno di una famiglia di origi nigeriane si è trasformato in un incubo. In una tragedia. È successo sull’autostrada A1, nel tratto tra Anagni e Ferentino, già in provincia di Frosinone, meno di cinquanta chilometri da casa: chilometro 615, direzione sud. Ore 15.30, cosa sia accaduto lo sta ancora ricostruendo la Polizia Stradale di Frosinone, forse uno pneumatico scoppiato.
Sta di fatto che la loro Ford Fiesta grigia viene tamponata con violenza da un suv Volvo di colore blu scuro. Un impatto che costa la vita a Inya Christopher Nwachi, 40 anni, ed al figlio Inya Christopher Junior, di appena 8 anni. Gravi anche la moglie, 40 anni, e l’altra bambina, 5 anni, che viaggiavano in auto. La donna è stata trasferita in elicottero al San Camillo di Roma: la sua prognosi è riservata. L’eliambulanza con la bambina invece è atterrata al Bambin Gesù: anche la bimba è in condizioni critiche. Il bilancio dell’incidente avrebbe potuto essere ancora più grave se non fosse stato per il conducente di un autoarticolato della società Iannotta che arrivava alle spalle delle due vetture: appena assistito all’incidente ha rallentato e si è messo di traverso, occupando le tre corsie di marcia facendo da scudo ed impedendo ad altri mezzi di finire addosso a quelli incidentati.
I primi a prestare i soccorso sono stati alcuni automobilisti, dopo pochi minuti è arrivato il personale sanitario del 118 con la Polizia Stradale di Frosinone ed i Vigili del Fuoco. Per prestare i soccorsi è stato necessario chiudere un tratto di autostrada: si sono creati fino a 6 chilometri di coda verso Sud e 2 verso Nord. Ora la circolazione è ripresa regolarmente. La famiglia, immigrata anni fa dalla Nigeria, si era costruita una vita nel sud della provincia di Frosinone: Inya Christopher Nwachi lavorava in una pizzeria di Cervaro e nel tempo libero studiava per prendere l’attestato da Oss. Ci era riuscito. Ed aveva trovato lavoro a Vicenza: avrebbe preso servizio all’inizio del prossimo giugno. “È una tragedia che colpisce la nostra comunità – dice il sindaco di Cervaro, Ennio Marrocco – era una famiglia che si era fatta ben volere, ben inserita, bravissime persone. Come Comune di Cervaro saremo al fianco della signora e della bambina”. Che ora, dal sogno si ritrovano a vivere un incubo.
Si svolgerà il 19 giugno al Tribunale per i minorenni di Bologna, con rito abbreviato, il processo per il 15enne accusato dell’omicidio di Aurora Tila, la ragazza di 13 anni, morta dopo essere precipitata dal terrazzo sopra casa a Piacenza, il 25 ottobre. Ne dà notizia il quotidiano Libertà. Il processo era stato inizialmente fissato per il 9 luglio, con rito ordinario. L’avvocato difensore del ragazzo ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. Oltre agli atti raccolti dalla procura saranno presi in esame in aula i risultati delle perizie dei consulenti di parte. Aurora Tila, studentessa dell’Istituto Colombini, morì la mattina del 25 ottobre precipitando da un terrazzo al settimo piano del palazzo dove viveva con la madre e cadendo poi su un balcone tre piani più in basso. Con lei, sul terrazzo, c’era l’ex fidanzatino, di due anni più grande: le telecamere del condominio hanno ripreso il loro incontro nell’atrio, prima di salire in casa.
È stato lui a dare l’allarme e qualche giorno dopo è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Lui ha sempre negato queste accuse, sostenendo una versione diversa dei fatti rispetto alla ricostruzione della Procura. Il processo si svolgerà secondo il rito abbreviato (ovvero sulla base degli atti raccolti dalla procura, con il beneficio di uno sconto di un terzo della pena) ma “condizionato”, ovvero con l’ascolto in aula dei periti, e quindi con il confronto fra le due perizie, dagli esiti divergenti, che potrebbero rappresentare il cuore del processo. I medici legali di parte della difesa, infatti, contestano radicalmente le conclusioni alle quali era arrivata la perizia disposta dalla procura dei minorenni, che sostanzialmente attribuiscono al 15enne la volontà di far cadere Aurora dal terrazzo, da un’altezza di nove metri.
Una ricostruzione che la difesa ha sempre negato. Il punto cruciale su cui ci sarà battaglia sarà la dinamica della caduta, che secondo la perizia del consulente della procura, è incompatibile con un suicidio. Conclusioni, che come riferisce il quotidiano piacentino, secondo il medico legale Mario Tavani (che insieme al collega Attilio Maisto ha curato la perizia per la difesa) “risultano indubbiamente criticabili”, mentre “quelle sulla ricostruzione dinamica della precipitazione del corpo per alcuni versi inaccettabili”. Saranno prese in esame anche alcune testimonianze oculari: il racconto di alcune persone che hanno riferito di aver visto i due giovani litigare sul terrazzo sono state infatti cruciali per le indagini.
E’ stata una di queste testimonianze, in particolare, secondo cui il ragazzo avrebbe spinto Aurora oltre il parapetto e l’avrebbe colpita sulle mani per farla cadere, a risultare cruciale nella decisione di arrestare il 15enne. Un dettaglio, quello dei colpi sulle mani, che sarà messo a confronto con gli esiti delle perizie: quella dell’accusa ritiene le ferite che Aurora aveva sulle dita compatibili con i colpi ricevuti per farla cadere, mentre secondo la perizia della difesa sono state procurate dall’impatto a terra.