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Economia

Orlando accelera su Cig universale e iter semplice

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Andrea Orlando ha impresso le sue cifre avviando il cantiere sulla riforma degli ammortizzatori con le parti sociali. Punta nel metodo sulla rapidita’ del confronto e nel merito accoglie l’obiettivo di varare un “sistema universalistico” per l’ampliamento della protezione sociale, in “forte interazione” con il potenziamento delle politiche attive del lavoro, ed affiancato da “significative azioni di politica industriale”, verticali e selettive, con l’iniezione di risorse pubbliche. E incassa consenso. Il nuovo ministro del Lavoro sembra aver spiazzato sindacati e associazioni di imprese che, dopo aver inquadrato come meramente tecnica la riunione del tavolo, ed ancora lontana dai nodi cruciali, in molti casi si sono presentati non con i leader ma con seconde linee o anche solo funzionari. Dall’altro lato del tavolo non e’ invece mancata la presenza del ministro che ha dato un forte valore anche politico all’incontro impostando il confronto e confermando una ‘road map’ dal ritmo serrato, in quattro step, con il secondo appuntamento gia’ preannunciato per la prossima settimana. Al primo giro il tema e’ stato quello delle semplificazioni per l’attivazione della Cig: se c’e’ accordo possono essere messe in campo “gia nelle prossime settimane senza attendere la conclusione della discussione” complessiva sulle riforme, ha accelerato Orlando. Cosi’, le prime mosse per cancellare lungaggini e ritardi nei pagamenti che hanno pesato sulla cassa Covid potrebbero arrivare a stretto giro, anche gia’ con il prossimo Dl Ristori. Il prossimo incontro sara’ focalizzato sul perimetro degli strumenti degli ammortizzatori sociali. Poi, e non sara’ facile da sciogliere, si affrontera’ il nodo della ripartizione dei costi. Ed una quarta ed ultima tappa dell’istruttoria sara’ sulle modalita’ di gestione degli strumenti nel frattempo individuati. “Questa e’ la road map. Io mi auguro proceda nel modo piu’ rapido possibile”, ha detto alle parti sociali il ministro. Sul fronte politico, quasi in contemporanea con l’avvio del tavolo, l’ex ministro Nunzia Catalfo rivendica l’impostazione della riforma e l’obiettivo di un “universalismo differenziato”; sul Blog delle Stelle scrive: l’impegno per un allargamento della protezione non va disperso “ma razionalizzato e messo a sistema, completando la riforma degli ammortizzatori sociali il cui impianto, con l’aiuto della commissione di esperti da me nominata, ho predisposto durante il mio mandato da ministro”. Chiuso l’incontro, nei commenti delle parti sociali il passato sembra archiviato e viene notato un cambio di passo. Per la Cgil e’ “positivo l’avvio del confronto”: nell’impostazione data dal ministro il sindacato coglie “una road map importante, che e’ necessario far partire il prima possibile perche’, nelle more della definizione di misure ancora emergenziali come la prosecuzione della cassa Covid e del blocco dei licenziamenti, e’ fondamentale rivedere l’intero sistema delle protezioni sociali per rispondere ai rinnovati bisogni dei cittadini”. “Abbiamo apprezzato oggi il metodo di confronto ed il cronoprogramma avviato dal ministro”, commenta la Cisl, che “condivide, come rivendicato da molto tempo, la necessita’ di migliorare il sistema degli ammortizzatori sociali in senso universalistico”. La Uil condivide l’impostazione di Andrea Orlando “sia nel metodo che nel merito”: “proseguiremo a dare il nostro contributo al confronto”, garantisce, avvertendo che “rimangono sullo sfondo temi di grande rilevanza sociale che vanno affrontati al piu’ presto”.

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Economia

Trump: non rimuoverò Powell prima della scadenza

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Donald Trump ha dichiarato in un’intervista a Nbc che non rimuoverà Jerome Powell (foto in evidenza Imagoeconomica) dalla carica di presidente della Fed prima della scadenza del suo mandato, prevista per maggio 2026, definendo il banchiere centrale una persona “completamente rigida” e ripetendo gli appelli alla Fed ad abbassare i tassi di interesse.

rump ha affermato che Powell non è un suo fan, ma si aspetta che la Fed abbassi i tassi di interesse a un certo punto. “Beh, dovrebbe abbassarli. E a un certo punto lo farà. Preferirebbe di no perché non è un mio fan”, ha detto, sostenendo di non piacere a Powell perché lo ritiene una persona totalmente rigida e incapace. Alla domanda se avrebbe rimosso Powell prima della fine del suo mandato come presidente nel 2026, Trump ha rilasciato la sua smentita più decisa, dicendo: “No, no, no… perché dovrei farlo? Potrò sostituire quella persona tra poco tempo”.

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Economia

Sncf sfida Trenitalia e Italo: “Porteremo 10 milioni di nuovi passeggeri sull’alta velocità italiana”

La francese Sncf vuole entrare nel mercato AV italiano con 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Investimento da 800 milioni e 300 assunzioni.

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L’operatore francese chiede spazio per 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Ma le trattative con Rfi sono complicate: “Binari saturi, serve razionalizzare”

Milano–Roma–Napoli, ma anche Torino–Venezia: sono queste le direttrici su cui Sncf, il colosso ferroviario francese, punta per rompere il duopolio Trenitalia-Italo nell’alta velocità italiana. Dopo i primi contatti nel 2022, il debutto dei treni francesi è atteso per l’estate del 2027, ma le difficoltà non mancano.

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Caroline Chabrol (le foto sono di Imagoeconomica), direttrice generale di Sncf Voyages Italia, racconta le ambizioni del gruppo: “Non vogliamo sottrarre clienti alle aziende esistenti. Il nostro obiettivo è intercettare milioni di italiani che oggi non viaggiano in treno”.

Da Milano a Parigi: +10% di passeggeri, nonostante la frana

Sncf è già presente in Italia con il collegamento Milano–Torino–Parigi, interrotto a lungo per una frana e recentemente ripristinato. “Nonostante il viaggio sia passato da 7 a 9 ore, la domanda è rimasta alta. Le prenotazioni estive 2025 sono aumentate del 10%”, spiega Chabrol.

Con tre frequenze giornaliere, si stimano circa 700mila passeggeri all’anno. Proprio questi volumi hanno spinto la società a investire sull’alta velocità nazionale: “Abbiamo ordinato 15 nuovi TGV M a due piani adattati alle infrastrutture italiane”.

CAROLINE CHABROL DIRETTRICE SNCF VOYAGES ITALIA

Trattative difficili con Rfi: “Ci avevano dato due viaggi, poi solo uno”

Sncf ha chiesto 13 frequenze giornaliere a Rfi: 9 tra Torino–Milano–Roma–Napoli, 4 tra Torino e Venezia. Ma, secondo la dirigente, “le trattative sono state frustranti: all’inizio ci avevano dato due viaggi a direttrice, poi sono scesi a uno. Non è sostenibile”.

Sullo sfondo c’è anche un’indagine dell’Antitrust italiano, che sospetta un possibile “abuso di posizione dominante” da parte di Rfi nell’ostacolare l’ingresso di Sncf. La società che gestisce i binari respinge ogni addebito.

Un piano industriale da 800 milioni e 300 nuove assunzioni

Sncf stima 10 milioni di passeggeri all’anno, con una potenziale sottrazione del 30% agli operatori attuali, ma la strategia resta quella di “aumentare lo switch modale”, spingendo chi oggi viaggia in auto, aereo o autobus a passare al treno.

Ogni treno in doppia composizione potrà trasportare 1.300 passeggeri, con tariffe non ancora definite, anche se si smentisce l’intenzione di diventare una low cost: “Guardiamo anche al segmento corporate”, precisa Chabrol.

Il piano prevede 800 milioni di investimento e 300 assunzioni in Italia, tra macchinisti, capitreno, manutentori e addetti operativi.

“Binari saturi, il modello multi-frequenza non regge più”

La sfida non sarà solo con Trenitalia e Italo, ma anche con la capacità della rete ferroviaria. “I binari sono saturi, e questo sta causando ritardi. Il modello di alta frequenza non è più sostenibile. Serve una razionalizzazione dell’offerta”, dice Chabrol.

Sncf pagherà circa 50 milioni di euro l’anno a Rfi per l’uso dell’infrastruttura, ma chiede in cambio condizioni eque per garantire concorrenza. “Portiamo valore a tutto il sistema, anche all’Italia”, conclude.

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Economia

L’Italia perderà quasi 3 milioni di lavoratori in dieci anni: l’allarme della Cgia

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Entro il 2035 l’Italia potrebbe contare su quasi 3 milioni di persone in età lavorativa in meno. È quanto emerge dalle proiezioni della Cgia, secondo cui la fascia tra i 15 e i 64 anni passerà dagli attuali 37,3 milioni a 34,4 milioni, con un calo del 7,8%. Alla base di questo declino, il progressivo invecchiamento della popolazione che investirà l’intero territorio nazionale.

Conseguenze economiche e sociali preoccupanti

Il calo demografico avrà effetti profondi sul sistema produttivo: le imprese faticheranno a trovare forza lavoro giovane e qualificata. Neanche il ricorso alla manodopera straniera potrà colmare del tutto il vuoto occupazionale. Le conseguenze più gravi potrebbero riguardare il rallentamento del PIL, l’aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza, con ripercussioni inevitabili sui conti pubblici.

Il Sud meno esposto, ma solo in parte

Paradossalmente, il Mezzogiorno potrebbe reggere meglio l’urto nel breve periodo. I tassi elevati di disoccupazione e inattività consentono margini di recupero, specie nei comparti dell’agroalimentare e del turismo. Tuttavia, anche il Sud dovrà affrontare il declino, con la Sardegna in testa (-15,1%), seguita da Basilicata (-14,8%), Puglia (-12,7%), Calabria (-12,1%) e Molise (-11,9%).

Le imprese più piccole a rischio sopravvivenza

Le aziende di piccole dimensioni saranno le più esposte, potenzialmente costrette a ridurre gli organici per l’impossibilità di assumere nuovo personale. Le grandi e medie imprese, invece, potranno attrarre lavoratori con salari più alti, orari flessibili, benefit e piani di welfare. Il divario tra imprese si farà quindi ancora più profondo.

I settori più colpiti

Secondo la Cgia, i settori che risentiranno maggiormente della crisi saranno immobiliare, trasporti, moda e ricettività. Poche le eccezioni: tra queste, il settore bancario, che potrebbe beneficiare di alcuni effetti positivi legati all’automazione e alla digitalizzazione.

Le province più a rischio

A livello provinciale, il calo maggiore è previsto a Nuoro (-17,9%), Sud Sardegna (-17,7%), Caltanissetta (-17,6%), Enna (-17,5%) e Potenza (-17,3%). In termini assoluti, la perdita più pesante sarà quella della provincia di Napoli, con 236.677 persone in meno. Le province meno colpite saranno Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).

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