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Ora Conte dice di essere “deluso” da Draghi e per restare al governo chiede…

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Alla vigilia delle amministrative e con le politiche del 2023 sullo sfondo, aumentano le tensioni all’interno della maggioranza. Chiusa la partita del fisco con il centrodestra, ora e’ il M5s ad alzare la posta e, dopo lo scontro in Cdm sul termovalorizzatore di Roma e il caso Superbonus, Giuseppe Conte pianta paletti ben precisi per continuare a sostenere l’esecutivo: “La transizione ecologica e’ nel nostro Dna, non possiamo venir meno ai nostri valori”, resteremo “al governo solo a queste condizioni”. Un aut aut, verbalizzato durante un’infuocata diretta Instagram durante la quale il leader del M5s si toglie almeno tre macigni dalle scarpe. L’ultimo e’ il passaggio in Aula del presidente del Consiglio richiesto dai 5 stelle sulle armi a Kiev: “Io mi sono meravigliato che non ci sia stata la possibilita’ del premier di passare in Parlamento prima di viaggi importanti come Washington”, scandisce. Il capo dei pentastellati tira in causa anche gli altri partiti che sostengono Draghi: “Sono rimasto sorpreso” dal fatto che “nessun’altra forza politica si sia associata” alla richiesta” di vedere il presidente del Consiglio in Aula. Poi tuona contro “l’escalation militare” e promette battaglia: “Anche se isolati in Parlamento”, non lo siamo nel mondo reale, “io raccolgo le voci dei cittadini”. Quasi un appello che Matteo Salvini sembra cogliere: “Altre armi all’Ucraina? No, porterebbero altri morti, altra guerra, altra fame. Si torni al dialogo, si lavori per la Pace”, scrive in un tweet ‘notturno’ il segretario della Lega. Ma l’ex premier non si ferma qui e prosegue: “Oggi l’accusa e’ che il M5s e Conte sarebbero anti-atlantisti. Mai e’ stata messa in discussione l’alleanza atlantica”, il tema e’ “la postura al suo interno, che qualifica l’Italia: va a rimorchio o e’ partner e puo’ dare un contributo?”. Il segretario di Piu’ Europa e sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova lo attacca a testa bassa: “Dobbiamo cercare un cessate il fuoco e una via negoziale che non siano una resa e un premio ai crimini di guerra. Per questo i distinguo e le polemiche di Conte nei confronti di Draghi sono irresponsabili”. Palazzo Chigi non commenta, ma in ambienti dell’esecutivo si fa presente che il governo, tramite il premier o i ministri competenti, dall’inizio della guerra ha riferito “costantemente” in Aula e nelle commissioni competenti, almeno 11 volte. E continuera’ a farlo anche al rientro dagli States, quando – per esempio – nell’agenda di Draghi c’e’ gia’ un question time il 19 maggio, cui seguiranno anche le comunicazioni in vista del Consiglio europeo di fine mese. Quanto al destino del Superbonus, Draghi ha espresso la sua posizione, ma la palla e’ in capo al Parlamento. L’affondo di Conte arriva alla vigilia del viaggio del premier negli Usa e dell’incontro con Joe Biden alla Casa Bianca. Ma soprattutto nella giornata in cui il segretario del Pd Enrico Letta poche ore prima scandiva: “La crisi di governo e’ fuori dai radar, e’ fuori dall’orizzonte, non esiste. Sarebbe una cosa assurda”. L’allontanamento crescente tra le posizioni dei giallorossi, con le amministrative alle porte, era gia’ emerso dopo l’approvazione della norma sul termovalorizzatore di Roma, con i 5s sulle barricate e il Pd a favore dell’impianto da realizzare per risolvere l’endemica crisi dei rifiuti della Capitale. “Non e’ possibile che ci venga richiesto di firmare una cambiarle in bianco”, tuona l’ex premier, secondo cui sul dl aiuti e sull’inceneritore “si e’ consumato un ricatto”. Incrociata a quella del governo c’e’, poi, la partita intestina del Movimento 5 stelle, tra l’ala governista e quella ortodossa. Il ministro degli Esteri, il pentastellato Luigi Di Maio, se da un lato – tramite il suo staff – smentisce che ci sia una divisione interna” al M5s auspicando “unita’ per rilanciare al meglio il nuovo corso del Movimento”, dall’altro difende l’approccio del governo. Che punta – afferma Di Maio – a “costruire una escalation diplomatica, non militare. E anche la visita negli Stati Uniti del premier nell’incontro con il presidente Biden e’ una visita che continua a lavorare nell’ottica della pace in Ucraina. Allo stesso tempo, come tutti siamo d’accordo – sostiene il titolare della Farnesina, esercitandosi anche in prima persona nella faticosa arte della diplomazia -, nell’ambito del principio di legittima difesa dobbiamo supportare l’Ucraina, ma non oltre. E questo deve essere sempre il nostro faro in qualsiasi decisione prenderemo”.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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