L’ingresso dei militari israeliani nella Striscia di Gaza non sarà probabilmente risolutivo per la liberazione degli ostaggi né per l’eliminazione di Hamas. Tanto più che in una guerra casa per casa l’esercito perderebbe i vantaggi dovuti alla tecnologia. L’obiettivo potrebbe essere dunque più ambizioso: guadagnare al controllo israeliano l’unica porzione di territorio ancora completamente sotto controllo palestinese, sgombrandone parte della popolazione verso l’Egitto. Ma si tratterebbe di un “esodo biblico” verso Sud e la ferita così aperta sarebbe poi difficile da gestire. L’analisi è del generale paracadutista Marco Bertolini, che in passato ha guidato il Comando operativo di vertice interforze ed è stato il comandante delle Forze speciali Interforze. Gli ostaggi rivestono naturalmente un’importanza centrale nel conflitto.
“E non possono essere liberati – ha precisato il generale – con un’operazione militare visto che presumibilmente saranno detenuti in differenti località, cosa che impedisce un blitz come quello dell’aeroporto di Entebbe (Uganda) del 3-4 luglio 1976. Le persone sequestrate saranno disseminate su tutto il territorio, dentro palazzi, case, nei tunnel e per quanto sia possibile per gli israeliani ottenere informazioni sui luoghi di detenzione è impensabile conoscerli tutti ed un eventuale blitz dovrebbe essere svolto in contemporanea per avere successo. Troppe quindi le forze necessarie”. Anche l’eliminazione di Hamas sembra un target poco realistico, secondo Bertolini. “La Striscia – ha ricordato – è un’area estremamente popolata ed è difficile distinguere i civili dai militanti di Hamas. Ci vorrebbero bombardamenti intensivi come quelli cui stiamo assistendo, seguiti da un’operazione convenzionale con carri e fanteria ma in questo caso è difficile distinguere i ‘cattivi’ preservando i ‘buoni’. Le vittime civili, come sta accadendo, potrebbero provocare forti mal di pancia nelle opinioni pubbliche occidentali ed in quelle arabe. Israele deve quindi stare attenta”. Un obiettivo più coerente, ha proseguito Bertolini, “potrebbe essere quello di spingere parte della popolazione verso Sud attraverso il valico di Rafah per arrivare ad una situazione più facile da controllare, di fatto sottraendo la Striscia alla “sovranità” palestinese. Sarebbe un esodo biblico (ci sono due milioni di persone in quell’area) che trova però un limite nella volontà dell’Egitto di ricevere una quantità enorme di rifugiati”.
Un obiettivo intermedio, ha continuato, “potrebbe essere quello di occupare la parte settentrionale della Striscia che non è deserto ma un’area densamente popolata già colpita dai bombardamenti. In questo caso ci potrebbe essere una recrudescenza delle ostilità con al centro la sorte dei civili che può essere sfruttata da Hamas e ad Israele non farebbe comodo”. Ed il rastrellamento sistematico di un’area urbana come quella di Gaza “è un’azione lenta ed onerosa dal punto di vista delle perdite di chi attacca”, ha sottolineato il generale. “Se Israele ha la superiorità dal cielo, con l’esercito e con le tecnologie – ha aggiunto – in una battaglia casa per casa, tunnel per tunnel, questi vantaggi si perdono”. Qualunque siano i piani israeliani, un “condizionamento imprescindibile” sono gli oltre 200 ostaggi nelle mani di Hamas. “Potrebbe decidere – è un ipotesi – di rilasciare quelli con passaporto russo dopo i recenti contatti con Mosca che, impegnata con l’Ucraina, è poco propensa ad aprire un altro fronte. In ogni caso sono un’arma importante e cercherà di centellinarne il rilascio per impedire azioni risolutive da parte israeliana”. Le conseguenze del 7 ottobre, a parere dell’ufficiale, “non saranno di breve durata. Serve tempo ed occorre tenere a mente il consiglio del presidente Usa Joe Biden: non ripetere gli errori americani dopo l’11 settembre con reazioni come quelle che hanno portato all’attuale situazione in Iraq e in Siria. Se da parte israeliana c’è la necessità di una risposta dura dopo il colpo subito, senza la via negoziale e la soluzione dei due Stati non sarà una vittoria neanche la decapitazione dell’Idra Hamas: altre formazioni analoghe ne prenderanno il posto e la questione palestinese rimarrà una bandiera da sventolare per tutto il mondo arabo. E non solo”.