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Onu, ora indagine sulle violazioni di guerra

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Nella guerra tra Israele e Hamas a Gaza c’è già uno sconfitto: il diritto internazionale. E l’Onu, tra veti incrociati e accuse reciproche tra i membri, cerca di ricordarne a tutti l’esistenza. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk ha così chiesto un’inchiesta internazionale, denunciando le violazioni di un conflitto asimmetrico nel quale ci sono pochi morti tra i militari e troppi tra i civili. “Accuse estremamente gravi di violazioni multiple e profonde del diritto internazionale umanitario, chiunque le abbia commesse, richiedono indagini rigorose e piena responsabilità”, ha dichiarato Turk a Ginevra, nel corso di un briefing sulla situazione agli Stati membri, sottolineando che che “è necessaria un’indagine internazionale” e dicendosi preoccupato per “l’intensificazione della violenza e la grave discriminazione contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme est”. Per Turk “è evidente che da entrambe le parti alcuni vedono l’uccisione di civili come un danno collaterale accettabile o come un’arma di guerra deliberata e utile.

Questo è un disastro umanitario e un attacco ai diritti umani”. Parole nel vuoto. L’ambasciatrice israeliana alle Nazioni Unite a Ginevra Meirav Eilon Shahar ha chiuso ogni porta. Il diritto internazionale, ha scandito, non è “un patto suicida” che consente alle “organizzazioni terroristiche” di “beneficiare di un costante sostegno internazionale”. Immediata e durissima la risposta dell’ambasciatore palestinese Ibrahim Khraishi. “Dovreste svegliarvi in questa stanza. Questo è un massacro, un genocidio, e lo vediamo in tv. Non può continuare”. I civili, a Gaza, non hanno scampo. Dopo l’esodo dal nord l’esercito israeliano ha lanciato volantini su Khan Younis, nel sud della Striscia, ordinando loro di spostarsi nella parte occidentale della città per la loro sicurezza. Ma, ha commentato l’Alto commissario, “siamo stati assolutamente chiari sul fatto che al momento non consideriamo sicura alcuna parte di Gaza”.

E infatti l’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, ha reso noto che un altro suo operatore é stato ucciso nell’area di Gaza City. Con lui salgono a 103 i dipendenti dell’Agenzia uccisi nel conflitto, il numero più alto di operatori umanitari delle Nazioni Unite uccisi in un conflitto nella storia dell’organizzazione. Tanto che il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha denunciato “un tentativo deliberato di strangolare il nostro intervento e paralizzare le operazioni dell’Unrwa”. E alla morte sotto le bombe rischia di aggiungersi la morte per fame. “Con l’inverno che si avvicina velocemente, i rifugi insicuri e sovraffollati e la mancanza di acqua pulita, i civili si trovano ad affrontare l’immediata possibilità di morire di fame”, ha avvertito la direttrice esecutiva del Programma alimentare mondiale dll’Onu, Cindy McCain. A livello di buone intenzioni un piccolo passo avanti l’aveva fatto ieri il Consiglio di Sicurezza, adottando una bozza di risoluzione che chiede “pause umanitarie urgenti e prolungate e corridoi in tutta Gaza per un certo numero di giorni per consentire l’accesso agli aiuti ai civili” e il rilascio degli ostaggi. Immediata la bocciatura da parte di Israele che ha ribadito la sua linea: finché gli ostaggi non vengono rilasciati non se ne parla.

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Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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